Crolla il prezzo del petrolio: i noli marittimi potrebbero salire
Contributo a cura di Ennio Palmesino * * Broker marittimo La rapida discesa del barile, che in queste ore ha toccato i 32 dollari/barile per il WTI e i 35 per il Brent, ricorda molto la discesa che avevamo visto fra la metà del 2014 e la fine del 2015, finché, a gennaio 2016, […]
Contributo a cura di Ennio Palmesino *
* Broker marittimo
La rapida discesa del barile, che in queste ore ha toccato i 32 dollari/barile per il WTI e i 35 per il Brent, ricorda molto la discesa che avevamo visto fra la metà del 2014 e la fine del 2015, finché, a gennaio 2016, il WTI non era sceso a 27 dollari al barile (una perdita del 70% rispetto a metà 2014).
La causa era stata l’eccessiva produzione globale di petrolio, e la discesa aveva portato molti tipi di greggio al di sotto del break-even, inducendo quindi molti investitori a ridurre o rimandare nuovi progetti di esplorazione e ricerca.
Mentre una riduzione drastica del prezzo del barile danneggia l’industria petrolifera, accade il contrario per le altre industrie, che sono affamate di energia, e quando l’energia comincia a costare meno, in genere l’attività economica viene rilanciata. Aumentando la domanda di energia, si rilanciano i traffici marittimi, e infatti i noli tankers da metà 2014 fino a tutto il 2015 sono saliti fino a livelli molto remunerativi per gli armatori. Noli che hanno permesso alla categoria di riscattare la lunga crisi durata dal 2009 al 2014.
Poi nel 2016, per porre un freno al crollo, i paesi OPEC hanno fatto un accordo anche con qualche produttore non OPEC (come la Russia), per autolimitare la produzione, e il barile è ritornato a 60-70 dollari, indebolendo la domanda di energia e di conseguenza i trasporti e i noli.
Anche nella situazione attuale si può parlare di eccesso di offerta di olio sul mercato, a fronte di una domanda leggermente diminuita, anche a causa del coronavirus. Questo nonostante il quadro generale vedesse invece i consumi globali di petrolio in continuo, costante aumento, avendo per la prima volta superato la soglia dei 100 milioni di barili al giorno a fine 2018, e puntando ai 110 milioni, che secondo la B.P. dovremmo toccare nel 2030.
Quindi le previsioni a breve sui traffici marittimi dovrebbero contemplare un aumento di domanda di trasporto, non solo per i consumi, che sono incoraggiati dai prezzi bassi, ma anche per l’aumento delle scorte, che molti paesi provvederanno a fare, approfittando del prezzo, e di conseguenza si può immaginare un aumento dei noli.
C’è però una componente puramente finanziaria, che è molto più difficile da capire e quindi da prevedere. Per esempio, c’era stata un’altra brusca diminuzione del prezzo del barile in novembre 2018 (di circa il 30% rispetto a novembre 2017), che gli esperti hanno però addebitato alla speculazione e non ai fondamentali del mercato.
Goldman Sachs aveva verificato come ci fossero sul mercato un gran numero di opzioni “put” (che danno il diritto di vendere a un determinato prezzo). In molti casi quel prezzo era a livello dei 55 dollari, un livello al di sotto del quale molti produttori cominciano a perdere soldi e quindi un livello al quale scattano le operazioni di hedging. Quando le quotazioni sono scese sotto a quel livello, sono partite le vendite in automatico, dettate dai computer, iniziando un circolo vizioso. Infatti le banche, a loro volta, hanno cominciato a vendere i futures per riequilibrare la loro esposizione, aumentando i ribassi sul pronto. A dimostrazione che le operazioni di hedging in automatico spesso prevalgono sul sentimento degli operatori.
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