Petrolio, Corinavirus e Suez: una minaccia per i terminal container italiani
Contributo a cura di avv. Davide Santini * * già segretario generale dell’Autorità portuale di La Spezia È notizia di queste ore che la CMA-CGM abbia deciso di scegliere per la Alexander Von Humboldt, una full container da 16.000 Teu di capacità, la rotta di circumnavigazione dell’Africa in considerazione della diminuzione del costo del […]
Contributo a cura di avv. Davide Santini *
* già segretario generale dell’Autorità portuale di La Spezia
È notizia di queste ore che la CMA-CGM abbia deciso di scegliere per la Alexander Von Humboldt, una full container da 16.000 Teu di capacità, la rotta di circumnavigazione dell’Africa in considerazione della diminuzione del costo del petrolio, e dunque del bunker, che la rende vantaggiosa rispetto al passaggio attraverso il Canale di Suez, sotto il profilo del minor costo tra il bunker in eccesso e i diritti di passaggio da corrispondere all’autorità del Canale.
La nave si trova alle 9.30 di oggi al largo della Sierra Leone, il dado è dunque tratto. Il Canale di Suez torna a essere un fattore decisivo e determinante per i riflessi sulla filiera dei trasporti.
Immaginiamo per un attimo che il prezzo del petrolio si stabilizzi verso valori bassi, questo renderebbe antieconomico il passaggio nel Mediterraneo delle grandi unità con una riduzione del traffico che dalla porta sud dell’Europa, il sistema dei porti italiano in particolare, alimenta il continente.
Riflessi negativi sull’operatività dei porti a partire da Gioia Tauro e su per gli archi tirrenico e adriatico, Genova risulterebbe penalizzata a maggior ragione dall’inversione dei flussi sul corridoio europeo Genova-Rotterdam, così come Trieste in Adriatico, le prospettive di Taranto subirebbero un drastico ridimensionamento, che subiranno comunque perché le previsioni di 4.000.000 di Teu/anno, ovvero il 40% del traffico italiano stabilizzato da anni, paiono almeno inverosimili per usare un eufemismo.
Nel frattempo i porti del Northern Range, caratterizzati da una visione e capacità commerciale superiori, oltre che maggiori risorse sia in termini economici che territoriali, trarrebbero immediato vantaggio acquisendo maggior traffico da distribuire via terra nell’area ricca dell’Europa, quella che al termine della crisi Covid-19 avrà le risorse per accelerare il recupero.
La riduzione del prezzo del petrolio, che inizialmente dipendeva da politiche commerciali, potrebbe subire ulteriori cali per la crisi sanitaria e la conseguente riduzione dei consumi oltreché della saturazione dei depositi ormai generalizzata.
Un quadro preoccupante sotto diversi aspetti e affrontato in maniera assai stringata in una mattina soleggiata di aprile, utile tuttavia a sottolineare come variabili indipendenti e imprevedibili possano causare stravolgimenti in sistemi che si ritengono consolidati, modificando radicalmente le redditività e le strategie di investimento infrastrutturale.
Una visione alta e ampia, in grado di predisporre strategie elastiche e adattabili alle variazioni improvvise, che oggi manca del tutto anche nei suoi elementi fondamentali diventa sempre più determinante per sviluppare la competitività del sistema Italia.
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