Autoproduzione e pochi aiuti: sale la rabbia dei portuali contro la De Micheli
La pazienza dei portuali italiani sembra essersi esaurita. L’associazione di categoria Ancip (Associazione Nazionale Compagnie Imprese Portuali) ha spedito una dura missiva diretta alla ministra dei trasporti, Paola De Micheli, piena di critiche, insoddisfazione e con un lungo elenco di richieste. Il tutto accompagnato dalla richiesta di un incontro “urgentissimo”. L’elenco delle critiche parte dal […]
La pazienza dei portuali italiani sembra essersi esaurita. L’associazione di categoria Ancip (Associazione Nazionale Compagnie Imprese Portuali) ha spedito una dura missiva diretta alla ministra dei trasporti, Paola De Micheli, piena di critiche, insoddisfazione e con un lungo elenco di richieste. Il tutto accompagnato dalla richiesta di un incontro “urgentissimo”.
L’elenco delle critiche parte dal Decreto Rilancio dove, “stando anche all’ultimo testo circolante, non s’intravvedono misure volte a risolvere i problemi dei lavoratori dei porti”. Ancip aggiunge: “È del tutto evidente come il dettato normativo del DL Rilancio (nel testo ultimo conosciuto del 11 maggio) così strutturato, non arrechi alcun aiuto alle imprese autorizzate ai sensi dell’art. 17 legge n. 84/94. Non è accettabile che il principio dell’autonomia amministrativa e contabile delle Autorità di Sistema Portuale venga derogato solo per i vettori marittimi, leggasi armatori per lo più battenti bandiere extracomunitarie, a cui sono concessi gli azzeramenti della tassa di ancoraggio, mentre questa deroga non venga minimamente contemplata per gli aiuti alle imprese art. 17 che de facto svolgono un ruolo di servizio d’interesse economico generale a beneficio dell’efficienza e dell’operatività dei porti italiani, quindi dell’interesse generale della nazione intera”. I portuali parlano anche in difesa degli ormeggiatori “che svolgono servizi pubblici di interesse generale, lavoratori anch’essi che non hanno stipendi né ristoro dei servizi effettuati”.
L’associazione delle compagnie portuali rincara la dose nei confronti degli armatori: “È da rimarcare come l’impianto della legge assegni contributi agli armatori (che già godono di notevoli benefici regionali e nazionali) in maniera ridondante e, comunque, a carico dello Stato, consentendo nei fatti politiche di monopolio e di dumping, mentre i contributi eventualmente previsti per le società di lavoro portuale sono a carico delle casse delle Autorità di Sistema Portuale, in qualche caso non in grado di far fronte alle spese e che anzi sono già state private con il DL 18/2020 di 13 milioni di euro e che ora perderebbero altri 18 milioni di euro”.
Ancip nella missiva destinata alla De Micheli solleva anche il delicato tema dell’autoproduzione: “Giova inoltre ricordare – si legge – che non è stata prevista nessuna indicazione o norma per arginare e impedire le attività di autoproduzione da parte degli armatori, la cui autorizzazione è spesso ottenuta in spregio alla normativa vigente e comunque, a loro volta, causa di crisi e deficit per le imprese e i lavoratori del porto benché la scrivente, al pari delle organizzazioni sindacali le ha trasmesso un preciso articolato di proposta di modifica dell’art.16. Che fine ha fatto?”.
Secondo i lavoratori portuali, “qualora non venisse recepita all’interno dell’impianto della legge la circostanza in forza della quale i contributi previsti devono andare innanzitutto a sanare i bilanci delle società art. 17 legge 84/1994, non sarà possibile evitare che le sofferenze dovute all’attuale periodo di emergenza diventino un baratro dal quale le società citate non riusciranno a uscire nemmeno negli anni a venire. Una volta chiarito, quindi, che lo scopo principale delle somme già previste (fino a un massimo di 2 milioni di euro per ognuno degli anni 2020 – 2021) consiste nel loro utilizzo allo scopo di ripianare i bilanci sulla base delle previsioni dell’art. 17, comma 15 bis, legge 84/1994, vanno superate le resistenze burocratiche e vanno tutelati e incoraggiati i Presidenti delle Adsp (seguendo gli esempi di Palermo, Trieste e Venezia), che devono poter effettuare con serenità gli interventi che sono ‘dovuti’ e non discrezionali”.
Ancip prosegue affermando che occorre inoltre prorogare “di almeno 5 anni le autorizzazioni ex art. 17”, comprese quelle attualmente in regime di proroga, “al fine di concedere a tutte le imprese interessate un congruo periodo per recuperare efficienza, produttività e redditività eventualmente perse a causa dell’emergenza sanitaria”.
Tornando poi sul tema dell’autoproduzione l’associazione presieduta da Luca Grilli sottolinea che “sarà necessario intervenire normativamente al fine di rendere chiara ed esaustiva la previsione dell’art. 16, comma 4, legge 84/94, ivi compreso l’ambito regolamentare inerente i relativi profili autorizzatori, e ciò al fine di impedire ogni sorta di abuso dello strumento dell’autoproduzione delle operazioni e servizi portuali da parte dei vettori marittimi in mancanza degli elementi tassativamente previsti dalla legge”. In pratica i portuali vorrebbero che fosse stabilito con una norma ad hoc il divieto di svolgere attività di autoproduzione nel carico e scarico dei traghetti nei porti italiani.
Nel lungo elenco di richieste alla ministra, Ancip inserisce anche l’espressa esclusione delle attività proprie dei soggetti ex art. 16 e 17 legge 84/1994 dall’ambito di intervento dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti.
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