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Registro internazionale delle navi: le condizioni poste dall’Europa e i 7 mesi concessi all’Italia
Come ufficialmente comunicato da Bruxelles lo scorso 11 giugno, la Commissione Europea ha approvato fino al 31 dicembre 2023 la proroga del regime italiano a favore del Registro Internazionale delle navi ma ha assoggettato questo via libera ad alcune precise prescrizioni e a una scadenza temporale ben definita. Una comunicazione di Confitarma ai propri associati […]
Come ufficialmente comunicato da Bruxelles lo scorso 11 giugno, la Commissione Europea ha approvato fino al 31 dicembre 2023 la proroga del regime italiano a favore del Registro Internazionale delle navi ma ha assoggettato questo via libera ad alcune precise prescrizioni e a una scadenza temporale ben definita.
Una comunicazione di Confitarma ai propri associati rivela alcuni dettagli interessanti su questa partita che si intreccia con altre questioni e che si protrae ormai da diversi anni. Il primo aspetto sorprendente è che “la vicenda in sede comunitaria ha preso avvio dopo che, in occasione della notifica da parte delle autorità italiane della normativa prevista dal D.Lgs n. 221 del 2016 (c.d. legge europea 2015-2016), la DG Competition ha rilevato la mancata notifica nel 2014 del regime della L.30/98 (10 anni dopo la precedente del 2004)”. Insomma gli organi competenti del nostro paese nel 2014 si erano dimenticati di chiedere il rinnovo decennale del Registro Internazionale che nel frattempo era rimasto valido e vigente.
Dal 2016 l’Italia aveva avviato l’iter per aprire il suo Registro Internazionale, seppure limitatamente ai soli profili della Tonnage Tax, alle altre bandiere comunitarie ricevendo nel 2018 il benestare da parte della Commissione. Ad oggi, però, l’articolo 10 della Legge 167/2017 attraverso la quale si è proceduto all’estensione dei benefici fiscali e contributivi riservati solo alle navi battenti il tricolore anche ad altre bandiere comunitarie, “è tuttora inefficace a causa della mancata emanazione del Decreto ministeriale attuativo (Mit di concerto Mef) previsto dal 3° comma dello stesso articolo” ricorda Confitarma.
Non a caso ora la Commissione Europea ha concesso la proroga del registro Intrnazionale “previa la corretta attuazione di una serie di impegni da parte delle autorità italiane”. Il regime consistente in misure di agevolazione fiscale per le società di navigazione nonché in esenzioni e riduzioni riguardanti i costi del lavoro per i marittimi dovrà essere “in linea con gli orientamenti marittimi e con la prassi decisionale della Commissione”.
In pratica, spiega Confitarma, la compatibilità del quadro di aiuti della L.30/98 (quella istitutiva del registro) agli orientamenti comunitari in materia è condizionata all’introduzione nell’ordinamento interno di una serie di aggiustamenti di carattere normativo al fine di adeguare tale quadro a quella che risulta essere la più recente prassi interpretativa elaborata dalla Commissione, che consiste in una serie di requisiti messi a punto nella prospettiva di “garantire che le attività marittime ammissibili siano in linea con gli obiettivi generali degli orientamenti marittimi e rispondano alle condizioni di compatibilità fissate negli stessi”.
Le modifiche imposte al quadro giuridico interno (rispetto alle quali le autorità italiane hanno già comunicato la propria adesione) dovranno essere approvate entro sette mesi dalla data della Decisione (comunicata l’11 giugno).
I profili su cui si è concentrata l’attenzione della Commissione europea sono diversi e riguardano in primi l’ambito di applicazione dei benefici (imprese ammissibili, navi ammissibili, ammissibilità dei rimorchiatori e delle draghe, le entrate ammissibili distinte tra principali (risultanti dalle attività di trasporto marittimo) ed entrate non principali (accessorie), costi del lavoro per i marittimi, marittimi ammissibili (anche su rimorchiatori e draghe). Altri ambiti sui quali l’Europa vuole vederci chiaro sono le misure di separazione (adozione di sistemi di contabilità separata), noleggio a tempo e a viaggio delle navi, locazione a scafo nudo, requisiti connessi al legame di bandiera e limiti legati all’obbligo di battere bandiera nazionale, percentuale minima di navi battenti bandiera dell’Ue per l’adesione al regime. Altri ambiti ancora riguardano il cumulo degli aiuti, il trattamento fiscale preferenziale delle plusvalenze e dei dividendi relativi alla partecipazione in società di navigazione e di intermediari marittimi e i debiti fiscali in essere al momento dell’adesione al regime.
A proposito dell’impegno assunto dalle autorità italiane di equiparare il trattamento delle navi battenti altre bandiere comunitarie a quelle del Registro Internazionale anche sotto il profilo dell’esenzione dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali relativi ai marittimi imbarcati, Confitarma spiega quanto segue: “La questione ha formato oggetto di un rilevante confronto con i servizi della Commissione, nel corso del quale le autorità italiane hanno sottolineato che l’esonero dal versamento dei contributi presupponga inevitabilmente l’obbligo del versamento degli stessi in Italia. A tal fine è stato richiamato il Regolamento UE 883/2004 (relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale) che, come regola generale, fa coincidere il presupposto di assoggettamento con la legislazione dello Stato di cui la nave batte la bandiera (cd “legge della bandiera”). Unica eccezione che lo stesso Regolamento pone alla regola generale è il caso in cui sussista la coincidenza in uno Stato membro della sede dell’impresa con la residenza dei marittimi. Solo in tale ipotesi – precisa ancora la Confederazione italiana degli armatori – pur essendo la nave di bandiera UE, l’impresa con sede in Italia (‘che versa la retribuzione’ e come tale ‘è considerata datore di lavoro’) a tutti gli effetti è soggetto passivo dell’obbligazione contributiva nello Stato italiano e pertanto potrà usufruire degli stessi vantaggi di cui gode l’armatore con navi iscritte nel Registro Internazionale”.
Su questo punto le autorità italiane sembrano intenzionate a far coincidere il concetto di “sede dell’impresa” con quello di “stabile organizzazione” (non tramite un raccomandatario marittimo). “Tale orientamento interpretativo troverebbe conforto anche alla luce del Reg. CE 987/2009 (art. 14 comma 5bis), come modificato dal Reg. UE 465/2012, che, nello stabilire le modalità di applicazione del Reg. CE 883/2004, contiene la definizione di ‘sede legale’ o ‘domicilio dell’attività’ quale ‘luogo in cui sono adottate le decisioni essenziali dell’impresa e in cui si svolgono le funzioni della sua amministrazione centrale’.”