Nuova diga di Genova, indotto occupazionale atteso e dibattito pubblico auspicato
Contributo a cura di Riccardo Degl’Innocenti * * esperto di lavoro portuale Nella Guerra del Peloponneso Tucidide scrive una frase entrata nel corredo della retorica: “Gli uomini sono la città, non le mura né le navi vuote di uomini”. Me ne servo per provocare l’attenzione sulla nuova diga del porto di Genova e per […]
Contributo a cura di Riccardo Degl’Innocenti *
* esperto di lavoro portuale
Nella Guerra del Peloponneso Tucidide scrive una frase entrata nel corredo della retorica: “Gli uomini sono la città, non le mura né le navi vuote di uomini”. Me ne servo per provocare l’attenzione sulla nuova diga del porto di Genova e per reclamare l’urgenza, di fronte alla retorica sulla incontestabilità delle grandi infrastrutture e sulla munificenza delle imprese, che nella progettazione si tenga conto dei cittadini. L’occasione c’è. Infatti, nel Codice degli appalti è stato introdotto il “Dibattito pubblico”, quale strumento per la partecipazione dei cittadini al confronto sull’opportunità e le soluzioni progettuali delle principali opere. Per cui tra qualche mese si avvierà ufficialmente il Dibattito sulla diga. Un evento straordinario per promuovere una conoscenza collettiva del porto e della sua sostenibilità, un’occasione irripetibile di apprendimento civile e di socializzazione
politica, perché investirà di petto il rapporto tra il porto e la città.
Stando al Presidente del porto Signorini, di qui a pochi anni grazie alla diga (che però sarà pronta tra 15) Genova raddoppierà i contenitori e diventerà il primo porto del Mediterraneo: un casello tra mare e terra, attraversato da milioni di container inoltrati just in time da e per il Nord. Che cosa resterà in città in termini di ricchezza e di occupazione? Quanto andrà a vantaggio dei capitali, per lo più stranieri, e quanto dei salari dei lavoratori? Quanto della cittadinanza che subisce le esternalità negative ambientali? Un gateway portuale è più di un casello: ci sono i servizi alla nave e alla merce, che portano ricchezza e lavoro dentro e fuori del porto. Ma essi non crescono come i traffici. L’evoluzione dei porti mostra che l’occupazione diretta diminuisce a causa di gigantismo, automazione e digitalizzazione, oltre che della costante ricerca di produttività e di riduzione dei costi del lavoro da parte delle imprese. Questo Signorini lo sa, ma omette di pubblicare il Piano dell’organico che rivelerebbe lo stallo decennale dell’occupazione portuale.
Intanto, per la diga si è invocato il Commissario straordinario. Al lordo o netto della burocrazia, una diga in mare in 15 anni, come del resto un ponte su un torrente in 2 anni, è oggi un’opera ordinaria. Invece, ciò che non è ordinario è progettare come da tanti miliardi pubblici possa nascere nuova e migliore occupazione, per chi non ce l’ha e per i giovani che devono andarla a cercare altrove. Non servono per questo ingegneri né commissari, occorre una politica e una società partecipativa con idee e volontà di bilanciare gli interessi dei capitali con quelli del lavoro. Vedremo se al Dibattito Pubblico parteciperanno i cittadini capaci di raccogliere questa sfida. Sarebbe un ottimo inizio e si vedrebbe l’utilità anche per gli “uomini”, non solo per “le mura e navi”.
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