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L’Antritrust boccia la legge sull’autoproduzione: norma da riscrivere
Dopo il parere negativo espresso dalla Ragioneria generale dello Stato a inizio luglio, il cosiddetto ‘emendamento Gariglio’ inserito nel decreto Rilancio che vieta l’autoproduzione dei servizi portuali a bordo delle navi laddove esistano compagnie portuali e agenzie ex art.17 titolate e attrezzate a proporli ha subito un’altra bocciatura. Questa volta il parere negativo è arrivato […]
Dopo il parere negativo espresso dalla Ragioneria generale dello Stato a inizio luglio, il cosiddetto ‘emendamento Gariglio’ inserito nel decreto Rilancio che vieta l’autoproduzione dei servizi portuali a bordo delle navi laddove esistano compagnie portuali e agenzie ex art.17 titolate e attrezzate a proporli ha subito un’altra bocciatura. Questa volta il parere negativo è arrivato dall’Autorità Antitrust che, evidentemente informata sulla materia dalle associazioni degli armatori (Confitarma, Assarmatori e Federagenti), sembra averne accolto integralmente le tesi e ha inviato una segnalazione al Parlamento e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (“ai sensi dell’art.21 della legge 10 ottobre 1990 n.287”) segnalando “talune criticità concorrenziali” derivanti dall’approvazione della norma in questione. Non solo: chiede in pratica o l’abrogazione o la riscrittura della legge.
Più precisamente nella segnalazione si legge che, “ad avviso dell’Autorità, la modifica legislativa in esame, precludendo di fatto lo svolgimento in regime di autoproduzione delle operazioni e dei servizi portuali, riporta, sotto tale specifico aspetto, la normativa in materia portuale a una fase antecedente all’adozione della legge n.84/1994, con la quale è stata liberalizzata l’attività in questione”.
L’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato aggiunge che la modifica normativa inserita nel decreto Rilancio, “oltre a porsi in contrasto con i principi comunitari in materia di libera prestazione dei servizi, […] è suscettibile di violare la normativa a tutela della concorrenza in un duplice modo: i) da un lato, si pone in diretto contrasto con i principi di cui all’art.9 della legge n.287/90, che espressamente prevede la possibilità per le imprese di ricorrere all’autoproduzione, ove tale attività non contrasti con esigenze di ordine pubblico, sicurezza pubblica e difesa nazionale; ii) dall’altro, ricrea nei singoli scali portuali posizioni dominanti, difficilmente scalfibili dalla concorrenza potenziale e, pertanto, suscettibili di indurre l’operatore dominante a sfruttare abusivamente il proprio potere di mercato”.
Nella sua segnalazione l’Antitrust ancora aggiunge che la legge sull’autoproduzione, così come è stata emendata la scorsa estate, “per un verso altera la concorrenza tra porti italiani e porti di altri stati membri, discriminando i primi one non è più possibile svolgere in autoproduzione le attività portuali e, per altro verso, si pone in aperto contrasto con la finalità della normativa di rilancio del settore portuale. I porti italiani, infatti, potrebbero essere penalizzati – scrive l’authority – dalla scelta dei vettori marittimi di non farvi scalo, non potendo ivi svolgere le operazioni portuali in autoproduzione, con conseguente riduzione a cascata dei relativi indotti”.
La segnalazione si conclude con l’invito al legislatore a “rivedere, se non abrogare, la norma in questione, onde evitare l’esclusione di dinamiche competitive e di mercato nell’esercizio delle attività portuali, che appare suscettibile di penalizzare, anziché rilanciare, il comparto portuale in Italia”.