Amco e risparmio privato: da qui passano i capitali per il futuro dello shipping italiano
“Il settore dell’armamento italiano deve saper coniugare due facce della stessa medaglia: Registro Internazionale e finanza. I progetti ‘banco-centrici’ ormai non hanno più senso. I have a dream: un’associazione unica dell’armamento e del cluster marittimo in Italia con al proprio interno anche i fondi d’investimento”. Questo pensiero è stato espresso da Nicola Coccia, ex presidente […]
“Il settore dell’armamento italiano deve saper coniugare due facce della stessa medaglia: Registro Internazionale e finanza. I progetti ‘banco-centrici’ ormai non hanno più senso. I have a dream: un’associazione unica dell’armamento e del cluster marittimo in Italia con al proprio interno anche i fondi d’investimento”. Questo pensiero è stato espresso da Nicola Coccia, ex presidente di Confitarma e titolare dell’omonimo studio fiscale, in occasione della presentazione online del libro ‘Mare traverso’ scritto a quattro mani con Bruno Dardani.
Commentando i capitoli del libro, Coccia ha ricordato che in Germania molte banche regionali con in pancia grandi quantità di crediti navali non-performing sono state cedute a istituti di credito nazionali e in qualche modo sono stati salvate diverse realtà armatoriali. “In Italia questo non è avvenuto” ha detto l’ex presidente di Confitarma, ricordando che una soluzione simile avrebbe potuto essere Sga, da un anno diventata Amco, società italiana controllata dal Ministero dell’economia che opera nella gestione e nel recupero di crediti deteriorati. La stessa che ha rilevato una parte dei crediti unlikely to pay della Ignazio Messina & C. nell’ambito della ristrutturazione che ha portato Msc a rilevare il 49% del gruppo armatoriale genovese.
Paradossalmente però, ora che i buoi sono scappati (cioè molte navi di armatori italiani sono passate nelle mani di alcuni fondi d’investimento), Amco ha iniziato a rilevare alcune esposizioni finanziarie anche di shipping company nazionali. Cio è avvenuto, secondo quanto spiegato da Coccia, con la scissione in favore di Amco di Mps, che a sua volta aveva ‘depurato’ dagli Npl la banca corporate Mps Capital Service.
Proprio Amco e il risparmio privato, oltre ovviamente al credito bancario e ai fondi d’investimento, sembrano essere in prospettiva gli approdi a cui gli armatori italiani dovranno guardare quando cercheranno liquidità per i loro investimenti.
Stefano Messina, presidente di Assarmatori, su questo tema ha detto: “E’ falso dire che oggi le banche non finanziano progetti d’investimento”. La verità è che “ora finanziano non più il singolo asset ma il più ampio progetto industriale del gruppo. Il decreto Liquidità quest’anno ha messo ad esempio a disposizione una serie di strumenti anche per l’armamento italiano”.
Ricordando infine che Amco ha già comprato due miliardi di crediti dalle banche italiane, Messina ha invitato a tenere sotto attenta osservazione il supporto che questa società garantirà ai progetti infrastrutturali, “tra cui rientra anche il trasporto marittimo”.
A proposito di finanza e shipping Fabrizio Vettosi, managing director di Vsl Club, ha spiegato che “l’Italia ha perso il vantaggio competitivo che aveva in materia di ship finance”, ma ha anche specificato che “è ancora possibile recuperare”. A questo proposito ha affermato: “Il nostro mondo è stato sempre autoreferenziale; in Italia lo shipping ha sempre avuto un forte problema comunicativo”. Su questo aspetto Messina è intervenuto per dire che “la nascita di Assarmatori ha contribuito a rivitalizzare l’attenzione sul nostro settore”, e Mario Mattioli, presidente di Confitarma, ha puntualizzato invece che “prima della scissione fra quelle che oggi sono le due associazioni di categoria è stata una scelta precisa quella di mantenere un basso profilo”. Il motivo era principalmente la preoccupazione che qualcuno potesse accendere un faro e mettere in discussione i benefici fiscali e contributivi garantiti alle società armatoriali italiane.
Oltre ad Amco, per Vettosi l’altra grande opportunità a cui guardare è “il risparmio privato italiano (125mila euro pro-capite) che dobbiamo essere in grado di attrarre. Ciò si può fare tramite Cdp, i private banking, i wealth management e i fondi d’investimento”.
Emblematico infine il commento di Gian Enzo Duci, vertice di Esa Group, sull’approccio delle banche italiane al mercato dello shipping e il relativo sfasamento temporale: “Creano i desk dedicati quando andrebbero smontati e li smontano quando invece andrebbero realizzati”.
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