Container vuoti introvabili: ecco spiegate le ragioni per cui i vettori marittimi c’entrano poco
Contributo a cura di Francesco Costa * * management consulting logistica e servizi portuali Tra i vari effetti della pandemia di coronavirus sull’economia globale c’è da notare la grande difficoltà con cui le compagnie di navigazione riescono a soddisfare la domanda di trasporto. Nella primavera del 2020, a causa del blocco delle attività produttive […]
Contributo a cura di Francesco Costa *
* management consulting logistica e servizi portuali
Tra i vari effetti della pandemia di coronavirus sull’economia globale c’è da notare la grande difficoltà con cui le compagnie di navigazione riescono a soddisfare la domanda di trasporto. Nella primavera del 2020, a causa del blocco delle attività produttive in Cina e le inevitabili ripercussioni sui mercati globali, in cui tutti si lamentavano di dover viaggiare con fattori di carico a dir poco sconfortanti, si è rapidamente passati alla situazione in cui non si riesce a fare fronte alla domanda. Ovviamente questo ha prodotto un aumento dei noli a livelli mai visti, tanto che da diverse parti si sono sollevati sospetti che gli armatori stiano mettendo in campo politiche commerciali per recuperare quanto perso nei mesi precedenti. Questi sospetti sono ulteriormente alimentati dalla spiegazione data dai vettori marittimi a questa situazione: mancano container per riuscire a stare dietro a tutte le richieste.
Non voglio schierarmi in difesa degli armatori, ma questa situazione merita alcune riflessioni sull’economia dei trasporti marittimi e della logistica in generale. Sicuramente a favore delle compagnie di navigazione c’è da dire che uno dei fattori critici per non trovarsi con i bilanci in rosso è proprio quello di gestire correttamente la flotta di container vuoti, non solo per fare fruttare l’ingente capitale investito ma, soprattutto, per evitare di pagare movimenti improduttivi di container, o portare via spazio a carico pagante. La logistica dei vuoti si basa sulla predizione di movimenti futuri, e quindi non si può fare altro che affidarsi ai dati storici di traffico, di stagionalità, e di spazi liberi disponibili per poter ottimizzare costi e garantire il servizio. Le compagnie di navigazione, inoltre, modulano la loro offerta commerciale in modo tale da incentivare lo sviluppo di traffici di ritorno, in modo da viaggiare il più possibile in entrambe le direzioni con container pieni, altrimenti tutto il carico sbilanciato deve poter sostenere i costi del riposizionamento dei contenitori vuoti in eccesso.
A causa della pandemia, però, si sono alterati in modo significativo tutti gli schemi di traffico. Con l’aumento enorme della domanda di alcuni prodotti e il crollo di altri, infatti, diventa impossibile applicare gli algoritmi abituali e fare arrivare i vuoti dove servono. In aggiunta a questi spostamenti dei mercati, bisogna anche tenere conto di blocchi e riprese a singhiozzo di attività economiche in funzione dei vari lock-down applicati in tutte le nazioni più colpite. È vero che le compagnie incassano noli mai visti, ma se non ci fosse una difficoltà oggettiva, non tarderebbe ad esserci qualcuno che se ne approfitta, facendo arrivare vuoti dove servono.
In quasi 30 anni di lavoro nella logistica, ho già visto diverse volte fenomeni come questo, anche se su scala minore, dove variazioni improvvise di flussi e/o condizioni economiche creano scompensi enormi nel mercato. Per esempio, con la crisi economica del 2008, sono crollate le vendite di auto di grossa cilindrata nei paesi dell’Europa orientale, in particolare in Polonia e Repubblica Ceca. Molte industrie automobilistiche avevano realizzato in quei paesi diversi stabilimenti dove producevano soprattutto utilitarie, o vetture a basso valore aggiunto, sfruttando sia la manodopera a costo inferiore, sia il fatto che il trasporto di tale produzione verso occidente era molto economico, perché gli autotrasportatori potevano offrire la tratta a tariffe marginali, in quanto il viaggio verso est era ben remunerato dai modelli di alta gamma importati a est. Con il crollo delle vendite in Polonia e Repubblica Ceca, però, quelle tariffe sono diventate insostenibili, perché viaggiando vuoti verso est, le tariffe non coprivano neppure il costo del carburante, pertanto i trasportatori hanno dovuto intavolare difficili trattative con le aziende manifatturiere, che, da parte loro, facevano fatica a digerire di dover pagare tariffe di trasporto più che raddoppiate.
Ricordo che in quel periodo si sono verificati anche atti di sabotaggio, non si è capito se nei confronti delle industrie, o per regolamenti di conti tra autotrasportatori, ma a volte ci arrivavano in piazzale auto danneggiate da proiettili. Tutto ciò mi dà da pensare sulla effettiva applicabilità delle teorie economiche basate sull’incrocio della domanda e dell’offerta al settore della logistica.
Infatti, quando si parla di industrie di servizi e di logistica in particolare, lo stesso prodotto (cioè il trasporto di merci da un punto a un altro), viene scambiato in due mercati differenti: il primo è quello dei prezzi “spot”, cioè rappresentato da tutti quelli che, in un dato momento, hanno merci da trasportare e da quelli che, contemporaneamente, hanno capacità di trasporto disponibile; il secondo, invece, è quello dei prezzi “a contratto” cioè determinato da tutti quelli che sanno che nel futuro avranno bisogno di trasportare qualcosa e vogliono garantirsi di poterlo fare nei tempi e nei modi che gli servono e da quelli che investono per avere capacità di trasporto adeguata a soddisfare tali esigenze. Però sia il container “spot”, sia il container “a contratto” viaggiano a bordo della stessa nave, quindi è evidente che i prezzi determinati nei due mercati si influenzino reciprocamente. Tutto ciò, unito sia al fatto che, come per tutti i servizi, non si può tenere a magazzino capacità inutilizzata per fare fronte a richieste successive e che la logistica richiede investimenti molto rilevanti con tempi di realizzazione abbastanza lunghi, fa sì che la logistica sia un sistema in equilibrio instabile (come tenere una palla in equilibrio su un dito). Direi, piuttosto, che non si raggiunga mai un equilibrio, ma condizioni temporanee di stazionarietà.
Pertanto, la risposta a variazioni di domanda e offerta in regime di concorrenza è possibile solo su tempi molto limitati, un po’ come un flusso costante acqua da una brocca in un recipiente, per un po’ di tempo sembra che tutto sia in equilibrio, ma, come finisce l’acqua nella brocca, o come si riempie il recipiente dove si versa l’acqua, il sistema si blocca. A seconda delle condizioni di mercato, alcuni operatori economici possono essere tentati di approvvigionarsi di servizi logistici sfruttando prezzi “spot” particolarmente favorevoli, ma se la domanda aumenta improvvisamente, potrebbero trovarsi a pagare prezzi molto salati, che potrebbero anche rendere il trasporto delle loro merci antieconomico. Allo stesso modo, compagnie di navigazione potrebbero offrire sul mercato contratti che tengono conto di fattori di riempimento su entrambe le tratte, ma che, sul medio lungo termine, potrebbero risultare insostenibili.
Quando si verificano questi squilibri, pur di non riconoscere alla controparte contrattuale la possibilità di rivedere le condizioni di servizio in modo tale da ritrovare un modus vivendi sostenibile per entrambi, si finisce per ricorrere ad altre soluzioni estemporanee che finiscono per costare molto di più che il compromesso stesso, sovente facendo la fortuna di soggetti che si inseriscono nel mercato solo finché c’e una forte convenienza.
Da questo punto di vista, le autorità che controllano la concorrenza dei mercati, sono assolutamente assenti, in quanto incapaci di entrare nel merito delle questioni operative e quindi porsi come garanti per entrambe le parti in un processo che porti a una soluzione equa. Chiaro che con la pandemia si è finiti in una situazione assolutamente imprevedibile e di una dimensione tale che lascia poco margine di azione, ma se non si capisce a fondo cosa stia succedendo, si rischia di peggiorare la situazione, sia come perdite economiche, sia come tempi necessari per ripristinare la normalità.
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