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Roberto Ferrari: “Ecco come sarà il futuro dei terminal Psa Genova Prà e Psa Sech insieme”
Roberto Ferrari, managing director di Psa Genoa Investments, è colui che guida il principale terminal container italiano per volumi di traffico, Psa Genova Prà, così come l’altro terminal Psa Sech dello stesso scalo. A pochi mesi dalla fusione (molto discussa) fra le due società oggi controllate da Psa e partecipate da Gruppo Investimenti Portuali, si concede […]
Roberto Ferrari, managing director di Psa Genoa Investments, è colui che guida il principale terminal container italiano per volumi di traffico, Psa Genova Prà, così come l’altro terminal Psa Sech dello stesso scalo. A pochi mesi dalla fusione (molto discussa) fra le due società oggi controllate da Psa e partecipate da Gruppo Investimenti Portuali, si concede a SHIPPING ITALY per la prima intervista pubblica utile a raccontare la visione, la strategia operativa e commerciale del nuovo polo terminalistico genovese.
Ferrari ha alle spalle 15 anni di carriera agli inizi in Contship Italia (nei porti di Spezia, Gioia Tauro, Ravenna), per poi passare per 12 anni nel gruppo To Delta di Maneschi (Trieste, Livorno, Taranto); dal 2015 è stato ai vertici del Terminal Messina di Genova e successivamente è stato chiamato dai fondi Infravia e Infracapital alla guida del Sech quando Gip è stata ceduta dalle famiglie genovesi Negri, Cerruti e Magillo.
Dott. Ferrari partiamo da un rapido bilancio sul 2020 sia per Psa Genova Prà che per Psa Sech?
“Siamo all’inizio del processo di aggregazione. La pandemia ha colpito duro specialmente durante la prima ondata, dove abbiamo pagato di più in termini di volumi perché tutti (terminal e clienti) erano impreparati ad affrontare un evento così straordinario. L’anno si è chiuso con 1 milione 689 mila Teu (-14%).”
Si può dire che abbiate limitato i danni?
“Poteva andare peggio ma anche meglio se guardiamo a cosa è successo in Nord Europa, dove i traffici hanno tenuto e alcuni porti hanno chiuso a +1 o +2% in alcuni casi. Loro alla fine hanno recuperato nella seconda parte dell’anno quello che avevano perso durante la prima ondata mentre noi, e in generale l’Italia, abbiamo fatto -14%. Venezia, che come noi dipende dall’economia italiana ha perso la stessa percentuale di volumi mentre Trieste, che dipende dall’economia estera (in particolare dal centro-Est Europa) è riuscita a tenere.
Il fatto è che l’economia italiana è in recessione ormai già da 4/5 anni. La pandemia ha avuto un effetto importante perché eravamo già un’economia in difficoltà. Per questo il nostro paese ha sofferto più di altri. Belgio, Olanda e Germania hanno attutito meglio il colpo.”
Per il 2021 vi aspettate numeri inferiori al 2019?
“Fare previsioni è sempre molto difficile. La nostra strategia è quella di andare a trovare nuovi mercati. Eravamo partiti con l’esperimento del treno di Basilea e crediamo che l’espansione dei porti dell’Alto Tirreno passi per l’allargamento del bacino d’utenza. Per questo spingiamo per le infrastrutture: Terzo valico, autostrade, ecc. Avendo aperto il tunnel Monteceneri fra Italia e Svizzera l’effetto aspirapolvere dei container dal Nord Europa è ancora amplificato. Abbiamo dato un vantaggio competitivo ai nostri concorrenti invece che averlo noi il vantaggio, perché ci manca un pezzo importante che è quello che dal porto arriva al confine con la Svizzera.
In tutta quell’area del Centro Europa che va dal sud della Germania, alla Svizzera fino a una parte di Francia lì esiste un bacino d’utenza che potrebbe essere naturale per Genova e dove ci sono volumi di traffico veramente importanti.”
Quando arriveranno a Genova Prà le portacontainer da 20.000 Teu?
“Un test è già arrivato, non abbiamo però ora in previsione l’arrivo di un servizio di linea con navi da 20.000 Teu ma stiamo adeguando tutta l’infrastruttura per lavorarle. Abbiamo già le gru che potranno tranquillamente operare navi da più di 20.000 Teu e stiamo lavorando con l’autorità marittima per far sì che questa tipologia di navi possano entrare senza prescrizioni, cioè sia di giorno che di notte. Ci hanno chiesto di mettere un faro sulla diga per avere un riferimento ed è quello che stiamo facendo insieme ai piloti e alla Capitaneria per rimuovere questa prescrizione. Oggi le navi da 400 metri di lunghezza possono entrare e uscire solo con la luce del giorno.”
Da parte dei vettori marittimi c’è interesse a portare a Genova navi di quella portata?
“Il trend in ogni caso continua a essere quello del gigantismo navale. Ora hanno messo in cantiere le navi da 30.000 Teu, Maersk dice che navi fino a 50.000 Teu possono essere gestite con un motore… Stanno mettendo in cantiere navi sempre più grandi. Oltre a ciò abbiamo sempre l’effetto a cascata per cui avendo ora le 23.000 Teu in Nord Europa è facile che poi arriveranno già da noi.”
Se le domando se e quanto la nuova diga di Genova sia utile cosa mi risponde?
“Onestamente sono poco preparato perché non avendo un impatto diretto su Sech e su Genova Prà non ho studiato molto bene il dossier ma mi sono ripromesso di farlo. A livello generale posso dire che noi siamo a favore delle infrastrutture tutta la vita. È chiaro che poi, avendo risorse limitate, bisogna decidere le priorità. Noi come Psa soffriamo molto i limiti ferroviari e autostradali perché hanno un impatto diretto sui nostri processi. È una questione di programmazione e dimostra il fallimento della riforma Delrio: si cercava di ottimizzare la pianificazione ma ci vorrebbe una regia centrale. Vediamo che qua ognuno continua ad andare per i fatti suoi. Se guardo anche alla stessa piattaforma di Vado Ligure dico che avrebbe avuto più senso raddoppiare Voltri che era già connessa alla ferrovia e all’autostrada.”
Il terminal di Vado è nato in seguito dall’impossibilità di realizzare il raddoppio di Prà per l’opposizione dei comitati locali…
“Sì però non ci dimentichiamo che sono 800 milioni di soldi pubblici e non abbiamo risorse infinite. Qui con metà soldi facevano un’infrastruttura con gli stessi metri quadrati, avevano già il collegamento all’autostrada e alla ferrovia. Quando si guarda a una pianificazione nazionale si guarda all’interesse nazionale, qui invece andiamo a campanili: Vado, Prà, Sampierdarena, La Spezia, Marina di Cararra. All’estero l’Olanda ha fatto Rotterdam, il Belgio ha fatto Anversa, la Francia ha fatto Le Havre a nord e Marsiglia a sud. Hanno scelto di consolidare le risorse. Qui invece abbiamo tutti dei microimpianti e nessuno con una certa dimensione richiesta a livello europeo. Il piccolo è bello non esiste più. Se non si hanno le spalle larghe non si riesce più a reggere il mercato e questo passa anche attraverso la buona gestione delle risorse pubbliche.
Dobbiamo iniziare a ragionare come sistema. È un po’ come la pandemia: nessuno Stato risolve il problema da solo. Il vaccino lo abbiamo trovato perché tutti i Paesi si sono messi insieme. Anche nei porti o iniziamo a ragionare tutti insieme o fuori non ne veniamo.”
Le sinergie annunciate fra Psa Genova Prà e Psa Sech come e quando prenderanno forma? Il ricorso di Spinelli vi preoccupa?
“Nel ricorso non è stata chiesta, e quindi non è stata concessa, la sospensiva; dunque si tratta di una causa civile che potrà andare avanti anche per molti anni. Il nostro processo di merge è già iniziato; avevamo un programma e lo stiamo portando avanti. Dal punto di vista sociale abbiamo parlato più volte con sindacati e dipendenti sottolineando che questa aggregazione non ha messo a rischio posti di lavoro. È chiaro che dovremo trovare delle sinergie: abbiamo dato un’organizzazione diversa con questi contratti di rete e tutta la parte servizi e pianificazione la metteremo a fattor comune perché è logico. Vorremmo cambiare l’organizzazione per ottimizzarla, al momento non ci sono condizioni che prevedano il taglio di posti di lavoro.
Per quanto riguarda l’offerta commerciale uno dei presupposti alla base di questa fusione era il migliore utilizzo delle banchine pubbliche perché spesso nel 2019 avevamo dei giorni in cui eravamo intasati a Prà e vuoti a Sampierdarena e viceversa, mentre avendo idealmente un accosto in più (il Sech lo vediamo come un settimo modulo) potremmo sfruttare un migliore utilizzo delle infrastrutture che abbiamo in concessione e questo è anche un vantaggio per i clienti.”
Ci faccia capire meglio come questa operazione può rappresentare un vantaggio per i clienti…
“Sech e Pra sono due impianti con due caratteristiche diverse. Sech può accogliere di giorno le 14.000 Teu che sono navi già di tutto rispetto. I due terminal potrebbero anche avere una funzione diversa, andare a servire clienti diversi e mercati diversi. Stiamo parlando con i clienti e dal confronto con loro, essendo noi società di servizi, dobbiamo capire quali sono i loro bisogni. Ci sono state fatte delle richieste da parte dei vettori e stiamo quindi ragionando su come andare a riposizionare i terminal. Oggi i nostri clienti sono tre, le tre grandi alleanze armatoriali, più alcuni altri servizi che alcuni armatori fanno fuori dall’alleanza. O si va ad aggregare il traffico di un armatore, perché magari, in quel modo puoi ottimizzare la parte terrestre (avendo più servizi nello stesso terminal si può ottimizzare i treni, l’autotrasporto, ecc.), oppure consolidare tipologie di servizi, o delle tipologie di servizi che utilizzano determinate navi che magari è più facile lavorare al Sech invece che a Psa GP e viceversa. Le logiche di ottimizzazione possono essere diverse e queste sono decisioni che dobbiamo prendere insieme ai clienti.”
Capitolo investimenti: quanti e quali nel prossimo futuro?
“Abbiamo appena inaugurato la nuova gru di ferrovia, stiamo facendo il gate automatico al Sech poi probabilmente lo faremo anche qui a Prà, stiamo ordinando 7 nuove reachstacker per rinnovare la flotta, al Sech stiamo pianificando due nuove Rtg con delle torri reefer nuove, ecc. Fortunatamente il Gruppo Psa ha una visione a lungo termine. È chiaro che in questo periodo è importante mettere in sicurezza l’azienda, ma il gruppo non è focalizzato in questi periodi sul guadagno, ma sul soddisfacimento di un bisogno, sul capire come adeguare l’azienda per un mondo che sta cambiando e questo passa molto spesso per degli investimenti. Bisogna accelerare tutta la parte di tecnologia e di informatizzazione perché il mondo sta andando in questa direzione.”
In termini di risultato finale il 2020 ha chiuso (come sempre negli ultimi anni) ampiamente in positivo?
“È in positivo ma ovviamente rispetto all’anno precedente ci sono svariati milioni in meno; nonostante ciò il gruppo crede molto in Genova e qui vuole investire. Al Sech abbiamo un commitment legato alla concessione di 120 milioni di euro fino al 2045 e già per il 2021 ci sono circa 10 milioni d’investimento che stiamo avviando. Altrettanti li stiamo facendo a Prà.”
Infine capitolo automazione: quando arriverà anche a Prà?
“Questa è una strada obbligata. Ho visto che il terminal di Spezia lo ha nel suo piano di sviluppo, così come a Vado è stato già introdotta ma era più facile essendo un progetto greenfield. Noi anche andremo ad automatizzare dei settori e lo faremo gradualmente. Anche qui la difficoltà sarà poi la trasformazione del personale perché l’automazione non richiede meno personale ma richiede delle professionalità diverse, perciò dovrà esserci, parallelamente all’investimento in infrastrutture, l’investimento nella formazione delle persone che dovranno lavorare in maniera diversa e fare lavori diversi. Di buono c’è che saranno lavori più sicuri e meno usuranti. Arrivare a 67 anni a guidare una gru è impensabile; in remoto dall’ufficio invece uno lo può fare. Abbiamo la tecnologia e la tecnologia va usata. Se non facessimo questi investimenti sarebbe preoccupante perché vorrebbe dire che l’azienda perde competitività e allora poi ci troveremmo a parlare di altro. A volte è difficile far capire al sindacato che questo mette in sicurezza i posti di lavoro: non si dovrebbe discutere sul fare o non fare investimenti per l’automazione. Dovrebbero chiedermi di farlo il più velocemente possibile questo investimento perché più il terminal è competitivo, più i posti di lavoro sono al sicuro.”
Nicola Capuzzo