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I no e i sì alla nuova diga di Genova: le critiche di Enac, Messina, Musso, Assagenti e Confindustria
Il Dibattito Pubblico sulla nuova diga foranea del Porto di Genova si è concluso e gli organizzatori parlano di “un processo di grande partecipazione!”. Seppure certamente migliorabile (soprattutto per ciò che riguarda l’analisi costi benefici preventiva) non si può dire in effetti che non abbia generato attenzione e spunti di riflessione. Gli approfondimenti che i […]
Il Dibattito Pubblico sulla nuova diga foranea del Porto di Genova si è concluso e gli organizzatori parlano di “un processo di grande partecipazione!”. Seppure certamente migliorabile (soprattutto per ciò che riguarda l’analisi costi benefici preventiva) non si può dire in effetti che non abbia generato attenzione e spunti di riflessione. Gli approfondimenti che i cittadini e i portatori di interesse hanno voluto condividere pubblicamente come contributo al dibattito sono stati raccolti in un’apposita pagina chiamata “Quaderno degli attori“. Alcuni di questi contributi hanno un peso particolare, su tutti quello di Enac (Ente Nazionale Aviazione Civile), perché imporranno come minimo all’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale una fase ulteriore di necessari approfondimenti e valutazioni. Osservazioni particolarmente critiche sono giunte anche da altri stakeholder di spicco come il vicino aeroporto Cristoforo Colombo, docenti universitari, Ignazio Messina & C., Assagenti, Confindustria, Bruno Musso (Grendi) e altri.
Da Enac una secca bocciatura
L’Ente nazionale aviazione civile (ente pubblico non economico sotto il controllo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), come anticipato nei giorni scorsi da Il Secolo XIX ha espresso giudizio negativo soprattutto sulla seconda fase delle tre ipotesi di costruzione della nuova diga mentre sulla prima fase dice di non avere al momento elementi sufficienti per esprimersi.
Enac scrive: “Se per la Fase A non risultano disponibili elementi sufficienti a valutare puntualmente la compatibilità delle infrastrutture proposte con i vincoli aeroportuali, è possibile certamente affermare che, nella configurazione finale di Fase B dell’intervento […] le strutture, i manufatti, le gru, le navi e il ricorso a sistemi energetici da fonti rinnovabili (eolico), andrebbero a impattare significativamente sulle caratteristiche fisiche, operative e di sicurezza del vicino aeroporto”. Perciò “da una prima sommaria analisi effettuata, infatti, il solo ormeggio della nave di progetto nel bacino di Sampierdarena, in corrispondenza delle due banchine, prossime alla testata a est della pista di volo, porterebbe a una consistente ‘foratura’ della superficie di avvicinamento e della superficie di salita al decollo, non ammissibile ai fini della sicurezza delle operazioni di volo, se non a condizione di operare penalizzazioni della lunghezza di pista utilizzabile incompatibili con l’operatività aeroportuale”.
La conclusione non lascia dubbi: “Considerata la complessità e il potenziale impatto del progetto, anche in considerazione delle possibili interferenze radioelettriche con la strumentazione di assistenza al volo, appare necessario che lo stesso segua un diverso percorso valutativo”.
I dubbi di Ignazio Messina & C.
Lunga e articolata l’analisi critica inviata da Ignazio Messina per il gruppo Ignazio Messina & C. (va ricordato, partecipato al 49% dal Gruppo Msc che sarebbe uno dei maggiori beneficiari della nuova diga in quanto proprietario e gestore, tramite Til, del Terminal Bettolo) che in 14 pagine illustrate spiega obietta soprattutto sull’iter procedurale seguito dalla port authority. In premessa Messina si dice “assolutamente favorevole alla realizzazione di una nuova diga foranea e che venga realizzata nel più breve tempo possibile per soddisfare le esigenze del Bacino di Sampierdarena”; poi la restante parte del testo serve a trovare una risposta a questo interrogativo: “La progettazione della nuova Diga Foranea non dovrebbe essere realizzata sulla base degli obiettivi, contenuti e strategie del Documento di Pianificazione Strategica di Sistema approvato nel dicembre 2019 – solo un anno fa – nel quale si riconferma la realizzazione della nuova Diga Foranea come già approvata nel 2015?”.
Messina infatti dice: “Non comprendo per quali ragioni sia stata progettata la nuova diga foranea senza tenere conto – almeno così risulterebbe – della programmazione già approvata sia dall’Autorità Portuale (2001-2015) sia dall’Autorità di Sistema Portuale (2019), programmazione tuttora vigente non solo per come dovrebbe essere realizzata la nuova diga ma anche per l’individuazione tuttora vigente degli ambiti portuali e delle funzioni in essi ammesse”.
Si contesta in particolare il fatto che i terminal portuali dopo calata Massaua in direzione est nel bacino di Sampierdarena subirebbero da quest’opera solo condizionamento e nessun vantaggio: “Prevedere (pag. 41 del Dossier) che in tutte e tre le ipotesi ‘La fase b) dell’intervento che consente l’accesso delle grandi navi anche ai terminali più a ponente, potrà diventare operativa solo se verranno stabiliti nuovi vincoli aeroportuali’ e posticiparla a 8/10 anni rispetto ad oggi, equivale ad affermare che oggi non si prevede di realizzare la fase B. Tale decisione (di fatto) è coerente con l’attuale Piano Regolatore Portuale vigente (2001) e la successiva programmazione tuttora vigente?” domanda Messina.
Il gruppo armatoriale domanda anche come mai la port authority genovese, azionista al 60% dell’aeroporto, non abbia valutato e perseguito soluzioni (già individuate) per gravare meno sulle testate dei moli che si affacciano sul Canale di Sampierdarena e che avrebbero potuto mitigare gli impatti del cono aereo sul Bacino di Sampierdarena.
Ignazio Messina in conclusione ricorda che “il processo di pianificazione portuale si attua attraverso due fasi: la predisposizione del DPSS (Documento di Pianificazione Strategica di Sistema Portuale) e la redazione dei piani regolatori portuali di ciascun porto”. Il progetto di spostamento della diga oggetto del dibattito pubblico in atto non figura in quegli strumenti di pianificazione.
Il professore emerito ‘boccia’ l’Acb fatta su misura
Fra i quaderni degli attori di un certo peso pubblicati sul sito del dibattito pubblico ce n’è uno a firma di Paolo Puliafito, professore emerito dell’Università di Genova (è stato anche al vertice del Centro Italiano di Eccellenza per la Logistica Integrata). Il docente (oggi in pensione) ha analizzato il dossier di progetto definendolo “purtroppo limitato quanto ad approfondimento dei contenuti, ma comunque sufficiente per stimolare osservazioni, suggerimenti e critiche”. Il dossier fa riferimento all’analisi costi-benefici (ACB), riportandone i risultati ma non le ipotesi su cui tale analisi si è basata. In particolare, sembra che la ACB sia stata principalmente concepita per raggiungere l’obiettivo di far risultare il progetto in ‘priorità alta’, piuttosto che preoccuparsi di affiancare o inglobare analisi atte a valutare tutte le condizioni interne ed esterne, organizzative e di assetto, contrattuali e istituzionali, politiche e sociali in grado di avere un peso sull’esito della decisione di costruire la nuova diga, nonché sulle conseguenze socioeconomiche”.
Puliafito parla della Cabina di regia fra le tre Regioni del Nord Ovest, per sottolineare la necessità di affrontare “il problema dell’accessibilità dei porti liguri, e di quello genovese in particolare”, ma “non solo quella dal mare ma anche quella terrestre, sostanzialmente trascurata nel dossier”.
Un’altra “lacuna citata nel dossier sembra essere quella riguardante i rapporti contrattuali fra l’Autorità e i concessionari. Non si fa alcuna menzione – scrive il docente – della possibilità che le concessioni e segnatamente i canoni di concessione possano essere variati in conseguenza della costruzione della diga”.
I tre paletti posti dagli agenti marittimi
Assagenti, l’associazione degli agenti marittimi genovesi che già aveva preannunciato a SHIPPING ITALY le proprie riflessioni, ha fatto pervenire tre pagine di osservazioni premettendo anch’essa “un parere ampiamente positivo sulla realizzazione dell’opera e sulla sua strategicità per lo sviluppo dei traffici”.
Le osservazioni critiche avanzate dalla categoria per voce del presidente Paolo Pessina riguardano “la necessità della contemporanea realizzazione delle più importanti infrastrutture ferroviarie afferenti il porto di Genova”, di un “Piano straordinario dei dragaggi” per il porto di Sampierdarena e la necessità di vedere garantita “la continuità operativa del lavoro portuale nei terminal, dei servizi tecnico nautici e dell’accesso ai terminal stessi durante le due distinte fasi di cantiere, quella della costruzione della nuova diga e quella della demolizione delle parti della vecchia”.
Assagenti, come quasi tutti quelli che si sono espressi fra le categorie direttamente interessate dal progetto, ha votato per la soluzione n.3 fra quelle proposte.
Assarmatori vota per la soluzione n.4
Assarmatori, l’associazione di categoria presieduta da Stefano Messina “rappresentativa dell’utenza armatoriale che mantiene in parte maggioritaria nel porto di Genova servizi regolari di linea di trasporto passeggeri e merci”, nel suo contributo esprime le seguenti osservazioni tecniche.
Innanzitutto rileva che “la realizzazione della fase B di ciascuna delle alternative (2, 3 e 4) sembra essere fortemente compromessa dalla mancata soluzione dei limiti del cono aereo che gravano sulla parte più a ponente del bacino di Sampierdarena, tan to da pregiudicarne l’effettiva realizzazione, e comunque la fase B è posticipata di 10/12 anni rispetto alla fase A, non solo pregiudicando lo sviluppo dei terminal presenti tra calata Massaua e il fiume Polcevera ma non permettendo nemmeno la navigazione, in questo tratto del canale, alle navi superiori ai 300 metri di lunghezza”. Per questo si chiedono misure compensative.
Secondo Assarmatori sarebbe poi opportuno “che tutte la fase B di tutte e tre le soluzioni prevedesse il rifacimento dell’attuale bocca di ponente – che ha l’apertura rivolta a levante – per realizzarla con l’apertura rivolta a ponente permettendo di evitare il più possibile la completa evoluzione delle navi all’interno del porto” e per “rendere più flessibile tutto il bacino di Sampierdarena con due nuove bocche di ingresso/uscita”.
In conclusione l’associazione presieduta da Stefano Messina ritiene che “sarebbe auspicabile un’armonizzazione tra le soluzioni alternative 2 e 4 che contempli i vantaggi in termini di maggiore sicurezza della navigazione e di funzionalità in termini di accesso in porto rispettivamente da entrambe”. Assarmatori segnala infine la necessità di coinvolgere l’utenza in tutti i necessari passaggi dell’iter amministrativo che porterà all’approvazione e alla realizzazione dell’opera in commento”.
Per Bruno Musso “un singolo fruirebbe di un’inaccettabile posizione dominante”
Uno dei quaderni pubblicati sul sito del dibattito pubblico per la nuova diga del porto di Genova porta la firma di Bruno Musso, patron del Gruppo Grendi e storica figura dell’economia marittima e portuale genovese ma non solo. Anch’egli premette che “la necessità dell’opera è evidente” ma precisa anche come “il gigantismo navale interessa tutto il naviglio, ma porta a risultati diversi a seconda dell’impiego previsto”.
Musso nel suo scritto spiega: “Lo spostamento della diga è una necessità che coinvolge tutto il traffico del porto mentre il servizio delle mega navi da 20.000 Teu è solo un caso particolare, in più a mio parere quello meno consono alla realtà di Sampierdarena; i progetti presentati sembrano invece finalizzati principalmente a questo scopo e di conseguenza prevedono costi e tempi elevatissimi con modesti vantaggi per la collettività portuale”. Insomma spostare la diga sì ma non solo per i container del terminal Bettolo è il ragionamento.
L’esperto imprenditore aggiunge che se, “come sembra probabile, il terminal (Bettolo, ndr) sarà esteso a un più ampio spazio portuale di Sampierdarena (terminal Rinfuse e Spinelli?, ndr), potrebbe effettivamente diventare idoneo alle mega navi con una potenzialità di 2 milioni di Teu, però in questo caso, come è inevitabile con le mega navi, sarebbe al servizio di una singola linea e quindi vi sarebbe un unico vettore in grado di fruire delle economie di scala del trasporto marittimo effettuato con Ultra Large Container Ship. Il traffico terrestre sia su strada che su ferro, però, metterebbe ad ancor più dura prova o addirittura soffocherebbe la viabilità cittadina, mentre un singolo vettore verrebbe a fruire di un’inaccettabile posizione dominante”.
Musso suggerisce in sintesi di spostare la diga di Sampierdarena per creare più ampie superfici a terra e in mare per la cantieristica navale, le navi passeggeri, traffici di merci varie e traghetti, dirottando quasi completamente il traffico container a Prà, possibilmente con l’installazione del sistema Bruco a lui tanto caro.
Per Confindustria Genova nessuno deve rimane indietro
Confindustria Genova ha inviato alcune riflessioni sottolineando come la nuova diga debba “essere in grado di esplicare i propri benefici al maggiore numero possibile di categorie merceologiche che operano nello scalo.
Premettendo anch’essa che “l’avvio della progettazione di questa grande opera portuale deve essere accompagnata necessariamente dalla revisione e aggiornamento del Piano Regolatore di Sistema Portuale (quello vigente risale al 2001)”, l’associazione promuove l’ipotesi di progetto n. 3 perché “sembra essere in grado di rispondere alle esigenze di sviluppo di un maggior numero di categorie di operatori portuali”.
Più nel dettaglio ha presentato queste osservazioni: “Al fine di consentire l’espansione verso mare del comparto delle costruzioni e riparazioni navali e di grandi yacht – comparto quasi del tutto assente dalle analisi del dossier di progetto e invece caratterizzato da un’elevata densità occupazionale rispetto alla porzione di territorio occupata e dal crescente valore aggiunto creato per il territorio – si chiede, nell’ambito della soluzione alternativa 3, di valutare sin d’ora la demolizione di una porzione ulteriore della attuale diga duchessa di Galliera verso levante con previsione di un pannello di protezione del moto ondoso; ciò consentirebbe di ampliare il raggio di evoluzione delle navi dirette verso il bacino di Sampierdarena ed il porto vecchio (Calata Sanità e terminal crociere/traghetti) con giovamento in termini di risparmio di tempi e costi di manovra”. Secondo gli industriali genovesi “una maggiore demolizione dell’attuale diga verso levante peraltro era già stata approvata dalla allora Autorità Portuale di Genova nel 2015 in occasione dell’avvio della procedura di VAS nell’ambito del nuovo Piano Regolatore Portuale. La soluzione progettuale del 2015 prevede anche un ingresso da ponente come previsto nell’attuale soluzione alternativa 4. Diventerebbe così più agevole svincolare del tutto l’attuale ingresso a levante dal traffico merci, passeggeri e crociere consentendo in futuro una espansione verso mare delle attività navalmeccaniche ivi presenti e una più sicura navigazione del traffico diportistico/sportivo che oggi risulta commisto con quello mercantile”.
Nicola Capuzzo