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Il mio ricordo di Paolo Scerni
Per la prima volta nella vita mi è accaduto di apprendere che una persona a me cara è mancata appena poche ore dopo averla sentita per l’ultima volta. Un qualcosa che ancora mi lascia scosso. Il giorno prima avevo sentito Paolo Scerni per messaggio e mi aveva detto di trovarsi in Svizzera, a Ginevra, per lavoro; […]
Per la prima volta nella vita mi è accaduto di apprendere che una persona a me cara è mancata appena poche ore dopo averla sentita per l’ultima volta. Un qualcosa che ancora mi lascia scosso. Il giorno prima avevo sentito Paolo Scerni per messaggio e mi aveva detto di trovarsi in Svizzera, a Ginevra, per lavoro; la mattina seguente apprendo che nella notte è morto in un incidente stradale proprio mentre tornava dai suoi appuntamenti oltre confine.
Ci eravamo scritti alcuni messaggi su Whatsapp perché, oltre a cogliere l’occasione per un saluto, mi interessava chiedergli alcune informazioni su una nave della flotta International Andromeda Shipping che risultava appena ceduta. Come sempre era stato cordiale e disponibile; fatico ancora a realizzare che alla fine di quello scambio di messaggi è stato messo un punto per sempre e dal suo numero di telefono non arriveranno più risposte.
Un incidente contro un camion in autostrada ha messo fine all’esistenza di un ragazzo che amava il proprio lavoro, le navi, lo shipping e che si impegnava ogni giorno per mandare avanti al meglio possibile le attività del proprio gruppo. Un lavoratore apprezzato e stimato da tutti quelli che lo conoscevano; mi ha sempre colpito la sua umiltà professionale. In un settore dove molti giovani pensano di poter ereditare dai padri anche le competenze e la personalità (oltre alle fortune), Paolo mi ha sempre trasmesso la consapevolezza di avere ogni giorno da imparare qualcosa. Si dava continuamente da fare, ammetteva se e quando sbagliava, cercava di porre rimedio agli errori suoi e anche a quelli non direttamente a lui imputabili, delegava ad altri e soprattutto negli ultimi tempi si stava togliendo alcune soddisfazioni nel campo della logistica e dello shipping con alcune intuizioni imprenditoriali importanti.
Avevamo un appuntamento telefonico per venerdì scorso e in quell’occasione voleva raccontarmi quello che di buono e di nuovo stava cercando di fare il Gruppo Scerni nei vari ambiti in cui opera. Avevamo rinviato di qualche giorno la nostra conversazione e quell’intervista con lui purtroppo non potrò più farla. Nonostante avesse un approccio alla comunicazione sempre molto low profile, preferiva infatti non apparire quasi mai, in questo caso mi pareva tenesse particolarmente a raccontare le belle novità in arrivo.
Credo mi considerasse un po’ il suo giornalista ‘di fiducia’ e questo nonostante negli ultimi 15 anni avessi raccontato senza sconti sia le pagine felici che quelle meno liete della storia recente di un gruppo che è passato attraverso una delicata ristrutturazione finanziaria con Banca Carige per la società Scerni di Navigazione. Apprezzava il mio modo di lavorare e io, nonostante fosse sempre piuttosto abbottonato nel raccontare i suoi affari, mi confrontavo volentieri con lui. C’è sempre stato grandissimo rispetto e considerazione reciproca fra professionisti, cosa che frequentemente non avviene quando da una parte c’è un giornalista che può essere percepito solo come un ‘disturbatore’ o un ficcanaso. Lui apprezzava e riconosceva l’importanza del mio mestiere e per questo lo rispettava, anche quando mi occupavo di cose che avrebbe preferito non leggere il giorno successivo online o sul giornale. Fino ad oggi sulla mia strada professionale ne ho incontrati pochi di uomini con una tale considerazione per il mestiere del giornalista.
A lui devo anche uno dei miei primi scoop giornalistici che ricordo ancora perfettamente e che mi incoraggiò ancor di più a fare questo mestiere. Proprio in un periodo in cui (ero agli inizi, nel 2008) mi domandavo se fossi in grado o meno di trovare notizie in esclusiva, mi raccontò che, insieme alle famiglie Negri e Romeo, avevano creato una nuova joint venture chiamata Medstar per investire in una nave bulk carrier ribattezzata African Star. La nascita di una nuova realtà armatoriale a Genova formata da tre famiglie storiche dello shipping italiano fu una notizia che ebbe ovviamente un grande successo in termini di audience fra gli addetti ai lavori. Qualche giorno più tardi mi confessò di essere stato anche rimproverato da suo padre Gianni e dai soci per avermi raccontato forse troppe cose ma eravamo entrambe molto giovani e da lì il nostro rapporto di stima e fiducia reciproca ebbe inizio.
Ed è andato avanti fino ad oggi passando attraverso nuovi investimenti e cessioni, soddisfazioni e ristrutturazioni; sempre con l’obiettivo di impegnarsi per svolgere al meglio il ruolo che gli era stato affidato. Un compito non banale per uno che portava un cognome pesante a Genova e nel business dello shipping.
Mi spiace davvero non aver potuto raccontare, con l’ultima intervista che avevamo già concordato di fare, le nuove operazioni che stavi portando a termine in questi mesi. Da quel poco che mi avevi preannunciato traspariva quanto ne andassi orgoglioso e dopo diversi anni di duro lavoro lontano dai radar della comunicazione ti saresti meritato un riconoscimento pubblico delle tue virtù. Che con questo articolo spero almeno in parte di aver saputo rappresentare. Ciao Paolo. E’ stato un onore conoscerti e poter raccontare quello che hai fatto.
Nicola Capuzzo