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Profili di responsabilità e potenziali controversie collegate al sinistro della Ever Given nel Canale di Suez
Contributo a cura a cura dell’avv. Lorenzo Macchi * * socio di Meplaw – Maggesi Macchi Mazza & Partners Lo scorso 23 marzo la m/n Ever Given, battente bandiera panamense, in transito lungo il Canale di Suez in Egitto con oltre 20.000 container a bordo, si incagliava in diagonale sulle sponde sabbiose del canale […]
Contributo a cura a cura dell’avv. Lorenzo Macchi *
* socio di Meplaw – Maggesi Macchi Mazza & Partners
Lo scorso 23 marzo la m/n Ever Given, battente bandiera panamense, in transito lungo il Canale di Suez in Egitto con oltre 20.000 container a bordo, si incagliava in diagonale sulle sponde sabbiose del canale provocandone il blocco totale. Le cause del sinistro devono ancora essere stabilite. Le autorità di Suez, che hanno da poco iniziato le indagini, suggeriscono che potrebbe essersi trattato di una combinazione eventi, verosimilmente condizioni meteo avverse ed errore umano.
La Ever Given è una portacontainer di ultima generazione di proprietà della società armatrice giapponese Shoei Kisen ed operata dalla compagnia taiwanese Evergeen, capace di trasportare a pieno carico 20,338 TEU. Il blocco del canale ha causato un congestionamento del traffico marittimo con oltre 400 navi (tra portacontainer, petroliere e portarinfuse) in attesa alle due imboccature del canale. Dopo vari giorni di tentativi, lo scorso 29 marzo i rimorchiatori coinvolti nelle operazioni di salvataggio sono riusciti a
disincagliare la Ever Given e a trainarla fino al bacino di Great Bitter Lake dove è in corso l’ispezione per verificarne le condizioni, nonché la possibilità o meno di riprendere la rotta fino al porto di destinazione di Rotterdam. Intanto, il canale è tornato ad essere navigabile ed è stato ripristinato il transito delle navi.
L’effetto a cascata del sinistro sull’economia marittima e sul commercio internazionale è di dimensioni epocali, in un comparto, quello dei trasporti, già profondamente segnato dalla pandemia COVID-19 e dal caro noli degli ultimi mesi. Basti pensare che circa il 12% del traffico marittimo (ed il 30% di quello containerizzato) transita lungo i 193 chilometri del Canale di Suez e che, secondo una stima Lloyd’s, il traffico estbound e westbound vale rispettivamente circa 4.5. e 5.1 miliardi di dollari al giorno. Sempre secondo Lloyd’s il blocco del canale ha un impatto sul commercio globale, in termini di extra costi, di circa
400 milioni di dollari all’ora. Sono molteplici, al verificarsi di un sinistro di tale portata, le questioni giuridiche che riguardano i soggetti coinvolti quali ad esempio armatori, noleggiatori, operatori che hanno effettuato il salvataggio (c.d. salvors), assicuratori H&M (corpo e macchine) e P&I, proprietari del carico ed operatori logistici.
Le operazioni di salvataggio
Le operazioni di salvataggio, ancora in corso, sono effettuate sulla base del formulario Lloyd’s Open Form (LOF) concluso tra gli armatori e le società di salvataggio Nippon Salvage e Smit e con il supporto di rimorchiatori messi a disposizione dall’Autorità del Canale. Si pone quindi la questione di chi sosterrà gli ingenti costi per il salvataggio della nave, il c.d. salvage reward. Ai sensi della Convenzione Internazionale sul Salvataggio di Londra del 1989, chi porta a termine con esito positivo un’operazione di salvataggio in mare ha diritto ad un compenso. Il compenso è determinato sulla base di molteplici criteri previsti dalla convenzione stessa (durata, difficoltà etc) ed è pagabile dai proprietari dei beni salvati. In linea di principio, quindi, le compagnie di salvataggio potrebbero reclamare il compenso direttamente nei confronti dell’armatore, da un lato, e dei cargo owners dall’altro lato. Il rischio da salvataggio è generalmente coperto dall’assicuratore H&M, lato nave, e dall’assicuratore cargo (lato merci). I soggetti passivi delle pretese dei salvors potranno quindi rivalersi sulle rispettive assicurazioni. In alternativa, la società armatrice potrebbe farsi carico di tali costi e in seguito cercare di recuperarli, addebitandoli in parte ai proprietari del carico, mediante il ricorso all’istituto dell’avaria generale (vedasi il
paragrafo successivo).
L’istituto marittimo dell’Avaria generale
Oltre al salvataggio, tutti gli ulteriori costi necessari alla salvezza della nave Ever Given (ad esempio le spese da sostenersi al porto di rifugio o eventuali danni procurati allo scafo nel corso delle operazioni di disincaglio) saranno verosimilmente oggetto di Avaria Generale. Si tratta di un antico istituto marittimo che ha origini nella Lex Rhodia de Iactu (Legge di Rodi sulle merci gettate dalla nave) del IV secolo A.C. L’istituto prevede che tutti i soggetti interessati ad una spedizione marittima (e quindi il proprietario e il noleggiatore della nave ed i proprietari del carico) siano chiamati, in proporzione al valore del loro bene (nave, nolo, carico) a sostenere i costi derivanti da un sinistro marittimo, resi necessari per salvare e portare a completamento la spedizione.
Nel caso di specie, quindi, il proprietario della nave e i molteplici proprietari dei carichi contenuti all’interno dei containers caricati a bordo, saranno chiamati a contribuire pro quota alle spese per il salvataggio della spedizione. Tali somme tuttavia saranno corrisposte delle rispettive compagnie assicurative in quanto, di regola, le polizze assicurative H&M e cargo includono la copertura per le spese di avaria generale.
Si segnala infine che la richiesta di contribuzione ai costi sostenuti avanzata dall’armatore a titolo di avaria generale potrà essere rigettata qualora venga dimostrato che la necessità di detti costi sia sorta a causa di una condotta negligente dell’armatore. È quindi plausibile l’insorgere di controversie tra gli armatori della Ever Given e gli interessati alla merce caricata a bordo della nave.
Controversie tra armatori e noleggiatori
L’incaglio della Ever Given avrà senza dubbio ripercussioni a cascata sui rapporti contrattuali tra gli armatori e i noleggiatori delle navi che, a causa del blocco del canale, sono rimaste per giorni nella rada di Suez ed in quella di Port Said. Alcune navi invece hanno deciso di deviare la propria rotta optando per la circumnavigazione dell’Africa ed il passaggio da Capo di Buona Speranza, dovendo così sostenere extra costi legati al viaggio più lungo (si stima circa 500 mila dollari di costi aggiuntivi di bunkeraggio compensati però dal risparmio della tariffa dovuta per il transito nel Canale). È inevitabile che i tempi di attesa dilatati e i costi aggiuntivi avranno un impatto significativo sui rapporti tra owners e charterers a seconda che i contratti di utilizzazione della nave siano stati pattuiti a tempo (time charterparty) o a viaggio (voyage charterparty). Nei contratti di noleggio a viaggio, l’armatore mette la nave a disposizione del noleggiatore per il compimento di uno o più viaggi dietro pagamento di un corrispettivo (nolo) determinato. In termini generali, è possibile affermare che il tempo “perso” ed i costi aggiuntivi sostenuti in conseguenza del sinistro verificatosi a Suez sono a carico dell’armatore. Nei contratti di noleggio a tempo invece, l’armatore concede al noleggiatore l’utilizzo della nave per un determinato periodo di tempo, durante il quale il noleggiatore decide viaggi e itinerari ed il nolo è calcolato generalmente su base giornaliera. In questo caso, sempre in linea di massima, sarà il noleggiatore a subire le conseguenze dei tempi di attesa e sopportare gli extra costi (inclusi quelli derivanti dall’eventuale decisione di cambiare rotta e passare da Capo di Buona Speranza).
Impatto sul commercio internazionale Dal punto di vista del commercio globale, la conseguenza probabilmente più significativa associata al blocco del canale e al congestionamento del traffico marittimo riguarda i ritardi di consegna delle merci (rinfuse,
combustibili, prodotti chimici e petroliferi, prodotti alimentari e per le industrie). In alcuni casi, poi, il ritardo può comportare danni al carico dovuti alla deperibilità delle merci trasportate (alimenti, animali vivi).
Questo darà origine ad una serie di dispute e di reclami per danni al carico, danni da ritardo, applicazioni di penali, risoluzione dei contratti e che riguarderanno non solo le parti di un contratto internazionale di vendita ma anche gli armatori, i noleggiatori e le gli assicuratori del carico. Non solo i ritardi nelle consegne e le controversie tra operatori del commercio internazionale, ma anche la congestione nei principali scali mondiali e la carenza di approvvigionamenti porteranno con molta probabilità a delle notevoli ripercussioni sul prezzo delle commodities e sui noli marittimi.