Terminalisti portuali e il Comitato San Cristoforo chiedono il sequestro di Autostrade per l’Italia
“I beni di Atlantia, e quindi Autostrade per l’Italia (Aspi), in quanto provento di un reato penale, vanno sequestrati”. Inizia con queste parole la nota con cui il Comitato San Cristoforo che rappresenta autotrasportatori, imprese artigiane e terminal portuali annuncia di essere passato al contrattacco presentando questa mattina alla Procura della Repubblica presso il Tribunale […]
“I beni di Atlantia, e quindi Autostrade per l’Italia (Aspi), in quanto provento di un reato penale, vanno sequestrati”. Inizia con queste parole la nota con cui il Comitato San Cristoforo che rappresenta autotrasportatori, imprese artigiane e terminal portuali annuncia di essere passato al contrattacco presentando questa mattina alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova la richiesta per l’immediato sequestro preventivo dell’azienda che gestisce le autostrade e dei suoi beni. Questo “a garanzia di tutti coloro, inclusi i familiari delle vittime del Ponte Morandi, che hanno subìto e continuano a subire danni derivanti dal comportamento di Atlantia e dall’utilizzo distorto dei proventi da pedaggi”.
Nel mirino dei legali del Comitato San Cristoforo – al quale aderiscono il Comitato Zona Arancione Ponte Morandi (comitato di cittadini e imprese dei quartieri più direttamente danneggiati dal crollo del ponte), Assiterminal (l’Associazione nazionale dei terminalisti portuali), Cna (Associazione di rappresentanza delle piccole e medie imprese), Trasportounito (in rappresentanza del mondo dell’autotrasporto) e Usarci Sparci (Sindacato Ligure degli Agenti di Commercio), e che vanta il sostegno del Comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi, nonché di Egle Possetti che di questo Comitato è la presidente – sono finiti i pedaggi autostradali incassati dal Aspi e dirottati (secondo quanto sostenuto dai denuncianti) dai lavori di manutenzione della rete autostradale nonché dal suo potenziamento a una cassa che Atlantia è accusata di aver utilizzato per pagare la stessa Aspi.
Quest’ultima è quindi indicata come provento di un illecito penale, e ne è richiesto il sequestro dei beni con contemporanea nomina di un commissario incaricato di gestire la società, garantirne la continuità e preservarne il valore. L’istanza di sequestro, che fa seguito a un esposto presentato a inizio mese e a una relazione consegnata alla Commissione Trasporti e Ambiente della Camera dei Deputati, postula un’azione legale sostanzialmente differente dalle richieste danni o di ristoro avanzate in questi mesi: punta infatti a fare emergere e quantificare le somme incassate con le tariffe che, in violazione delle normative, non sono state utilizzate, come da obbligo, per effettuare i lavori previsti nel testo della concessione e adempiere quindi agli impegni assunti dalla concessionaria stessa, ma sono state invece utilizzate per remunerare direttamente o indirettamente gli azionisti. L’individuazione di tali somme deve diventare la precondizione anche per un utilizzo delle stesse a fini sociali secondo il comitato.
“Con l’istanza per il sequestro di Aspi – sottolinea Barbara Banchero, segretario generale Cna Genova – sappiamo benissimo di porci nella posizione di Davide che sfida Golia, ma la distorsione, che emerge anche da numerose intercettazioni, di fondi che avrebbero dovuto essere impegnati nella manutenzione, è così grave da richiedere misure estreme”.
“Siamo consci – aggiunge Giuseppe Tagnochetti, coordinatore di Trasportounito – di lanciare un guanto di sfida a un super-potere del Paese, ma non possiamo assistere passivamente al paradosso della vendita di Aspi a Cassa Depositi e Prestiti e quindi di nuovo a quello Stato che non ha verificato il corretto utilizzo dei pedaggi e non ha accertato per tempo le violazioni nell’espletamento della concessione”.
“È il momento della resa dei conti – precisa Alessandro Ferrari, presidente di Assiterminal – anche nella chiave di poter effettivamente creare le premesse per coprire i danni enormi che il sistema trasportistico ligure, dai porti all’autotrasporto, continua a subire”.
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