Il Consiglio di Stato smonta (definitivamente?) l’ipotesi di autoproduzione del pilotaggio
L’ennesima pronuncia della magistratura amministrativa sfavorevole a un ricorso di Cartour (gruppo Caronte&Tourist) contro il diniego di una sua istanza per l’autoproduzione del pilotaggio nel porto di Salerno potrebbe rappresentare una pietra miliare su una querelle che alcuni armatori (in primis proprio il gruppo messinese) trascinano da anni, sancendo l’impossibilità, a legislazione vigente, di rinunciare […]
L’ennesima pronuncia della magistratura amministrativa sfavorevole a un ricorso di Cartour (gruppo Caronte&Tourist) contro il diniego di una sua istanza per l’autoproduzione del pilotaggio nel porto di Salerno potrebbe rappresentare una pietra miliare su una querelle che alcuni armatori (in primis proprio il gruppo messinese) trascinano da anni, sancendo l’impossibilità, a legislazione vigente, di rinunciare al servizio di pilotaggio.
Il caso riguarda una domanda presentata dall’armatore nel 2014 e il relativo ricorso contro il diniego perso da Cartour innanzi il Tar del Lazio nel giugno 2019. Ora il Consiglio di Stato, pronunciandosi sull’appello avverso la sentenza di due anni fa, non solo conferma l’orientamento del giudice di primo grado, ma, soffermandosi sui vari argomenti di Cartour, li smonta uno per uno, non lasciando apparentemente alcun margine all’autoproduzione.
I giudici di Palazzo di Spada hanno in primis affermato come il divieto di autoproduzione sia “insito” nell’ordinamento normativo vigente, “che per un verso depone inequivocabilmente per l’affidamento del servizio di pilotaggio alle corporazioni dei piloti o comunque a un soggetto terzo rispetto a quello che è obbligato a usufruirne, e per altro verso non prevede né regola l’autoproduzione del servizio da parte di quest’ultimo, che si sostanzierebbe in concreto in una esenzione dall’obbligo”.
In secondo luogo il Consiglio di Stato derubrica i riferimenti di Cartour “ad alcuni passaggi contenuti in due atti provenienti dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri” in cui si aprirebbe alla possibilità di autoproduzione, definendole “valutazioni de iure condendo”, che “non contengono alcun richiamo a puntuali norme di diritto positivo, la cui introduzione è invece indefettibile ai fini della legittima praticabilità dell’autoproduzione del servizio di pilotaggio”. Secondo il CdS, cioè, la legge oggi non permette questa opzione e, al limite, le considerazioni di Agcm e Palazzo Chigi sono volte a una revisione normativa attualmente non alle viste.
Anche il richiamo di una sentenza del 2015 con cui il Tar di Catania aveva affermato “l’insussistenza in materia di un monopolio legale o naturale” non giova secondo i giudici alla causa di Cartour, dal momento che quella stessa pronuncia stabiliva che “il servizio di pilotaggio non potrebbe essere svolto in proprio da ogni armatore, a beneficio delle sue navi, in quanto i singoli conducenti, ancorché tecnicamente capaci ed esperti, non potrebbero avere quella visione d’insieme del traffico portuale necessaria a gestire le operazioni in totale sicurezza”.
Quanto al riferimento al comma 1 dell’articolo 9, che, come rilevato da Cartour, sancirebbe la possibilità di autoprodursi il servizio, il CdS ricorda che “il comma 2 della norma esclude l’autoproduzione dei servizi oggetto di riserva legale, tra altro, per motivi di ‘sicurezza pubblica’, che il servizio di pilotaggio è chiamato come visto espressamente ad assicurare”.
Rilevanti infine le considerazioni in chiave di normativa europea: “Il regolamento n. 352/2017 – ribadisce il CdS citando una precedente sentenza – non opera una scelta decisa a favore della totale apertura alla concorrenza dei servizi portuali o della totale chiusura degli stessi in ottica monopolistica”. E, inoltre, “la circostanza che la maggioranza dei paesi europei adotti il sistema cd. PEC (Pilot Exemption Certificate) caldeggiato da Cartour è dato meramente fattuale” dato che “i porti degli stessi paesi presentano caratteristiche molto diverse da quelle che connotano i porti nazionali, che giustificano la diversità dello standard di sicurezza”. Ogni paese europeo, insomma, è libero di gestire il pilotaggio come ritiene e la morfologia dei propri scali può essere elemento rilevante per determinare il livello di restrizione nell’accesso al servizio.
Del resto, conclude la sentenza, “la Corte di giustizia ha già a suo tempo affermato che i servizi portuali di interesse generale, nella specie il servizio di ormeggio, giustificano restrizioni ai principi della concorrenza”.
Soddisfatti i legali di Fedepiloti (coinvolta nel giudizio a fianco della Capitaneria) Francesco Munari e Andrea Bergamino (Deloitte Legal): “il Consiglio di Stato ha deciso di scrivere una sentenza di sistema, nella quale tutti i possibili punti sollevati dall’appellante (che aveva già perso dinanzi al Tar Lazio) sono stati analizzati e motivatamente ritenuti infondati. Una sentenza, cioè, che mette la parola fine ai reiterati tentativi di autoprodurre il servizio di pilotaggio nei porti e nelle acque italiane”.
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