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A rischio la sopravvivenza dei provveditori marittimi italiani per una norma sbagliata (FOTO)
Genova – La prossima conversione in legge del decreto Trasporti e la prossima Legge di Bilancio sono i due treni legislativi che la categoria dei provveditori di bordo spera di prendere al volo per non vedere gravemente compromesso il proprio business. Il riferimento è all’adempimento dichiarativo necessario per beneficiare della non imponibilità dell’Iva (al 22% […]
Genova – La prossima conversione in legge del decreto Trasporti e la prossima Legge di Bilancio sono i due treni legislativi che la categoria dei provveditori di bordo spera di prendere al volo per non vedere gravemente compromesso il proprio business. Il riferimento è all’adempimento dichiarativo necessario per beneficiare della non imponibilità dell’Iva (al 22% sugli acquisti) per le navi operative in alto mare che è stato stravolto dall’articolo 8-bis del decreto Iva approvato prima dell’estate ed entrato in vigore il 14 agosto scorso.
Il tema è stato al centro del 50° congresso nazionale Anpan, l’Associazione Nazionale
Provveditori ed Appaltatori Navali presieduta da Cesare Cavalleroni (alma catering), un appuntamento animato da una tavola rotonda alla quale hanno preso parte Beniamino Maltese (Costa Crociere e Confitarma), Gian Enzo Duci (Esa Group e Conftrasporto), Fabio Tullio Coaloa e Stefano Basso (Deloitte). Unico esponente politico presente in sala era il deputato Edoardo Rixi.
Tutta la categoria dei provveditori navali è in allarme perché le novità introdotte dalla legge 178/2020 sono state attuate con il provvedimento del 15 giugno 2021 del direttore dell’Agenzia delle Entrate e si applicano dal 14 agosto 2021 alle operazioni effettuate dal sessantesimo giorno successivo all’adozione dell’atto direttoriale. “La problematica di cui parliamo riguarda il 70% delle navi che scalano i porti italiani e praticamente tutto il naviglio escluso quello impiegato nelle rotte di corto cabotaggio nel Golfo di Napoli, nello stretto di Messina o nella laguna di Venezia” ha spiegato Basso a SHIPPING ITALY a margine del convegno. “Non è stato messo in discussione il principio che rimane valido ma è stato cambiato il sistema per chiedere requisito di non imponibilità dell’Iva applicato agli acquisti che la società armatoriale normalmente fanno. Ora all’armatore viene chiesto di fare una dichiarazione, su un modulo appositamente predisposto dall’Agenzia delle Entrate, dove specifica il codice fiscale proprio e di tutti i suoi fornitori”.
Una complicazione frutto di un cortocircuito amministrativo-burocratico che trae origine dalla volontà di agire nei confronti del mondo della nautica ma che invece sta mettendo a rischio un intero settore nel trasporto marittimo mercantile: “Tutte le aziende che operano nelle forniture di bordo stanno già registrando significativi cali di fatturato e la conseguenza immediata di questo provvedimento è stato un enorme aggravio di burocrazia per le società armatoriali, e loro tramite per gli agenti marittimi, nonché un’immediata scelta di non rifornirsi nei porti italiani privilegiando gli acquisti fatti in altri paesi esteri” ha aggiunto Duci. Il vicepresidente di Conftrasporto durante la tavola rotonda ha definito l’Italia come un paese di “no-ships”, ironizzando sul tema molto attuale dei no-vax, per ricordare che già alcuni mesi fa sempre l’Agenzia delle Entrate si era resa protagonista di un’altra norma ‘scaccia armatori’. Con un pronunciamento dello scorso marzo l’Agenzia ha negato, anche retroattivamente, il credito d’imposta sull’Irpef dei marittimi imbarcati su navi iscritte nel Registro Internazionale italiano alle compagnie di navigazione comunitarie senza stabile organizzazione nel nostro Paese.
Ora, con l’articolo 8-bis del decreto Iva, è stato introdotto un modello di dichiarazione della percentuale di impiego delle nave su rotte in alto mare che dev’essere presentato come detto dal committente delle prestazioni o da colui che intende avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza pagamento dell’Iva. Una complicazione burocratica enorme per le società armatoriali italiane al tempo stesso un provvedimento che scoraggia le navi straniere dall’acquistare rifornimenti nei porti italiani (incluso il bunkeraggio).
La conclusione a cui è arrivato il confronto andato in scena durante la tavola rotonda è che c’è solo un modo per rimediare all’inciampo prima che sia troppo tardi ed è quello di intervenire modificando la norma. Un impegno in tal senso è stato preso dall’on. Edoardo Rixi (Lega) che ha espresso la propria disponibilità a supportare la categoria predisponendo un emendamento ad hoc da inserire nell’iter di conversione in legge del ‘decreto Trasporti’ (“ma c’è tempo solo fino a mercoledì prossimo per farlo” ha specificato il parlamentare) così come, se non fosse stato necessario, altri emendamenti all’interno della prossima Legge di Bilancio di fine anno.
Come sottolineato dal presidente di Anpan, Cesare Cavalleroni, il tempo però stringe perché “le società armatoriali si stanno prontamente organizzando per dirottare in altri porti esteri i propri acquisti. Se non interveniamo subito a perdere i clienti ci si impiega poco mentre riconquistarli poi non sarà un’impresa facile”.
Nicola Capuzzo