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Tassazione porti italiani: il controricorso della Commissione Europea spiegato punto per punto
Lo studio legale Advant Nctm, attraverso un contributo firmato dagli avvocati Alberto Torrazza ed Ekaterina Aksenova, ha cercato di fare chiarezza sul controricorso presentato lo scorso 7 luglio dalla Commissione europea in risposta al ricorso delle Autorità di Sistema Portuale italiane per ottenere l’annullamento della decisione di Bruxelles (C (2020)8498 final) del 4 dicembre 2020 […]
Lo studio legale Advant Nctm, attraverso un contributo firmato dagli avvocati Alberto Torrazza ed Ekaterina Aksenova, ha cercato di fare chiarezza sul controricorso presentato lo scorso 7 luglio dalla Commissione europea in risposta al ricorso delle Autorità di Sistema Portuale italiane per ottenere l’annullamento della decisione di Bruxelles (C (2020)8498 final) del 4 dicembre 2020 denominato “Tassazione dei porti in Italia”.
Partendo dalle conclusioni, i legali di Advant Nctm ricordano che la pronuncia del Tribunale dell’Unione Europea è attesa nel corso del 2022 e sottolineano l’auspicio che il Governo italiano nel frattempo prenda una posizione sulla questione. “Questa potrebbe invero essere una valida e ulteriore opportunità per effettuare un’attenta riflessione su quale possa essere il modello di governance migliore per i nostri porti e allo stesso tempo, per l’intera industry” scrivono Torrazza e Aksenova a proposito della vicenda.
Il nodo (anche politico) della questione è legato al fatto che la qualificazione delle Autorità di Sistema Portuale quali imprese, oltre a imporle a imposizione fiscale, “porterebbe ad applicare alle stesse la normativa sulla concorrenza, circostanza che condurrebbe a limitare – se non addirittura escludere – quella discrezionalità amministrativa di cui esse hanno da sempre beneficiato”. Semplificando molto la questione si potrebbe dire che lo stanziamento, l’assegnazione e il trasferimento di soldi pubblici da Roma ai singoli scali non potrebbe più avvenire com’è stato fino ad oggi (fra organi dello Stato) con tutto ciò che ne conseguirebbe in termini di pianificazione infrastrutturale, investimenti, influenze politiche, ecc. Fino ad oggi, invece, gli enormi trasferimenti di denaro per le grandi opere in banchina sono quasi sempre arrivati dalla capitale e non hanno dovuto sottostare alle norme europee sugli aiuti di Stato 8non trattandosi di rapporti in cui è coinvolta un’impresa ma solo soggetti publici).
I motivi di ricorso avanzati dalle Autorità di Sistema Portuale
Come ricostruito nel contributo dello studio legale le AdSP lamentano la violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Tfue), e in particolare una erronea interpretazione e applicazione da parte della Commissione della nozione di “impresa”, nonché una violazione dell’articolo 296, paragrafo 2, del Tfue.
Le AdSP sostengono che la Commissione avrebbe erroneamente interpretato e applicato la nozione di “trasferimento di risorse statali”, contestano l’esame della selettività e del vantaggio effettuato dalla Commissione nella decisione impugnata e lamentano infine un’erronea interpretazione da parte della Commissione delle nozioni di “distorsione della concorrenza” e di “incidenza sugli scambi tra Stati membri”.
L’oggetto del contendere sarebbe invero un’esenzione fiscale (rectius: aiuto di Stato di cui alla normativa unionale) il cui beneficiario è essenzialmente un ente statale (le singole AdSP) e le cui attività beneficiate sono espletate in un mercato concorrenziale sia a livello nazionale, sia quantomeno europeo, che non troverebbe positivo riscontro in termini di legittimità da parte della Commissione europea.
Le confutazioni apportate dalla Commissione europea ai singoli motivi di ricorso delle AdSP
Il contributo di Torrazza e Aksenova riporta le seguenti confutazioni ritenute più rilevanti ai fini della comprensione della questione.
- “La qualificazione dell’ente come impresa dipende dalla natura delle attività che svolge” ovvero “Lo status giuridico di un ente è irrilevante ai fini della qualifica di tale ente come impresa”.
Seguendo l’impostazione interpretativa della Commissione europea, la natura giuridica dell’ente non sarebbe un aspetto dirimente ai fini della materia oggetto del contendere, bensì ciò che deve essere valutato è la natura delle attività esercitate dalle AdSP. Ogniqualvolta lo Stato “svolga un’attività economica che può essere dissociata dall’esercizio dei pubblici poteri, l’ente pubblico agirà come impresa in riferimento a tale attività”.
Pertanto, nel momento in cui si vada a stabilire che determinati enti stiano svolgendo attività di natura economica, quest’ultimi saranno a tutti gli effetti “imprese” – ai sensi del diritto della concorrenza – rispetto alle attività economiche debitamente da questi espletate.
- “La nozione di attività economica è una nozione oggettiva, basata su elementi di fatto”.
Come statuito dalla stessa Commissione europea, un’entità che opera in un monopolio legale può agevolmente offrire beni e servizi su un mercato e dunque, essere qualificata come impresa ai sensi dell’art. 107 del Tfue. L’elemento di fatto che qualifica la nozione di attività economica sarebbe difatti l’esistenza di un mercato per i servizi interessati (circostanza quest’ultima prettamente oggettiva) e non pertanto la singola interpretazione soggettiva adottata da uno Stato membro. La Commissione europea sostiene fermamente l’esistenza di un mercato relativo alla gestione del bene demaniale portuale e delle relative infrastrutture in cui le singole AdSP si trovano invero a competere con altre AdSP ovvero con soggetti di diritto privato. In altri termini, la Commissione europea ritiene che l’infrastruttura portuale sia difatti utilizzata a fini commerciali e non resa accessibile (a chiunque ne volesse concretamente disporre) a titolo gratuito.
- “La prestazione di servizi dietro remunerazione stabilita per legge non è di per sé sufficiente a escludere che l’attività in questione sia qualificata come attività economica”.
Su questo punto, secondo i legali, la Commissione europea, facendo esplicito riferimento alla giurisprudenza unionale, rileva come a prescindere dalla denominazione che i singoli Stati membri abbiano adottato o adottano a livello nazionale, nel caso in cui si tratti di entrate (note a terzi come “canoni”, “diritti portuali” o “tasse portuali”) che vengono riscosse dalle AdSP come controprestazione, ad esempio, del diritto di accesso delle navi all’infrastrutture portuali, tali entrate non possono che costituire una remunerazione per un servizio effettuato in un rapporto sinallagmatico. Infatti, continua la Commissione europea, anche nel caso in cui i “canoni” fossero interamente determinati per legge, ciò non avrebbe nessun tipo di incidenza sulle attività economiche concretamente svolte dalle AdSP. In altri termini: il principio di legalità – fondamento della coercibilità del canone – non rileverebbe ai fini della qualificazione giuridica delle attività svolte dalle AdSP.
- “Qualora l’art. 74 del Testo Unico delle imposte sui redditi (“Tuir”) venga applicato tout court alle AdSP, anche quando svolgono attività economiche, questo comporta una discriminazione tra imprese che svolgono attività economiche”.
A partire dal momento in cui “lo Stato e gli enti pubblici svolgono attività economiche – come già precedentemente citato – essi si qualificano come imprese, limitatamente allo svolgimento di dette attività, e ad essi si applicheranno dunque le norme in materia di aiuti di Stato”. Tale statuizione non consentirebbe dunque l’applicazione agli interi redditi generati dalle AdSP dell’articolo 74 del Tuir (esenzione per gli organi dello Stato). In altri termini: ogniqualvolta le AdSP riscuotono i canoni demaniali – non trovandosi nella stessa situazione giuridica e fattuale analoga a quella dello Stato e degli enti pubblici nell’esercizio di funzioni di pubblica utilità – tali attività dovrebbero essere soggette all’imposta sul reddito delle società.
- “Un ente che dispone di un monopolio legale può senz’altro proporre beni e servizi in un mercato e, pertanto, essere un’«impresa» ai sensi dell’articolo 107 Tfue”.
I servizi offerti dalle AdSP sono dunque in concorrenza con quelli offerti da altre AdSP e da altri fornitori di servizi di trasporto in Italia e addirittura in altri Stati membri (in particolare sull’asse Nord-Ovest Italia/Francia del Sud). In particolare, la circostanza che le AdSP siano difatti le uniche entità competenti a gestire le infrastrutture portuali non pregiudicherebbe in nessun modo l’esistenza di un mercato concorrenziale “più ampio dei servizi di trasporto e più ristretto dei servizi portuali”.