Porti italiani in sciopero il 17 dicembre: ecco i motivi della protesta
“Nonostante l’interlocuzione aperta con il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile in merito alle nostre proposte, sui porti il Governo sta andando in direzione decisamente opposta alle nostre richieste, non favorendo affatto il settore”. Ad affermarlo sono i segretari generali di Filt-Cgil Stefano Malorgio, Fit-Cisl Salvatore Pellecchia e Uiltrasporti Claudio Tarlazzi annunciando che è […]
“Nonostante l’interlocuzione aperta con il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile in merito alle nostre proposte, sui porti il Governo sta andando in direzione decisamente opposta alle nostre richieste, non favorendo affatto il settore”. Ad affermarlo sono i segretari generali di Filt-Cgil Stefano Malorgio, Fit-Cisl Salvatore Pellecchia e Uiltrasporti Claudio Tarlazzi annunciando che è stato “indetto uno sciopero di 24 ore per il prossimo 17 dicembre che riguarderà le lavoratrici e i lavoratori dei porti dipendenti e soci delle imprese articoli 16, 17 e 18 e dipendenti delle autorità di sistema portuale”.
I tre segretari spiegano che “Cgil, Cisl e Uil, assieme alle rispettive federazioni dei trasporti, hanno consegnato alla Presidenza del Consiglio, al Ministero dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili e del Lavoro un documento unitario che contiene per tutti i segmenti del trasporto la richiesta di interventi, riforme, risorse per superare la grande situazione di difficoltà determinatasi con la pandemia e allo stesso tempo rendere il settore più efficiente e il lavoro più protetto, tutelato e retribuito. Specificamente sui porti, così come sul trasporto aereo e sul trasporto pubblico locale, si è appunto aperto un dialogo con il Mims, ma come se l’interlocuzione non fosse tuttora in corso, sono giunti interventi normativi che stanno andando nella direzione opposta a quella delle nostre richieste, con il rischio quindi di indebolire il sistema portuale italiano”.
Questi i motivi del fermo descritti da Malorgio, Pellecchia e Tarlazzi. Si parte “dalla proposta di riscrittura dell’articolo 18 della legge 84/94 attraverso l’articolo 3 del Dl Concorrenza che rischia di pesare negativamente sulle autorità di sistema portuale”. Il superamento del divieto di cumulo delle concessioni “desta grande preoccupazione perché per i porti di interesse nazionale e internazionale potrebbe determinare un abuso di posizione dominante, ma soprattutto perché, in tale intervento, non vi è nessun disposto normativo che impedisca l’interscambio di personale e quindi di manodopera tra diverse aree in concessione” Secondo i rappresentanti dei lavoratori è “un approccio che indebolisce gravemente l’assetto del mercato regolato portuale, altamente efficiente e flessibile anche attraverso il pool di manodopera in capo agli articoli 17”.
Oltre a ciò “nei provvedimenti non esiste alcun accenno sul fondo di accompagnamento all’esodo per i lavoratori portuali, già richiesto dalle parti con un avviso comune. Nulla sul tema dell’autoproduzione che, dopo l’intervento normativo contenuto nell’articolo 199 bis della legge 77/2020, attende ancora oggi l’indispensabile decreto attuativo che non deve snaturare la norma primaria. Nessun rifinanziamento delle agenzie di riqualificazione e somministrazione per i porti di Gioia Tauro e Taranto e nemmeno è prevista una costituzione analoga nei porti che l’hanno avanzata” aggiungono i sindacati confederali. Manca poi, secondo i sindacati, “un intervento deciso sul tema della sicurezza sul lavoro volto a rimuovere evidenti difficoltà che ancora oggi, pur in costanza di molteplici strumenti atti a monitorare le singole attività, fanno registrare numerosi infortuni sul lavoro talvolta anche mortali”. Va inoltre “recuperato il ritardo sull’emanazione del decreto attuativo di armonizzazione delle norme specifiche del settore con il Testo Unico”. Poi ancora: “Nessuna risposta sulla necessità di far rientrare il lavoro portuale tra i lavori usuranti. I portuali – dicono – sono lavoratrici e lavoratori costantemente esposti alle intemperie e a un duro lavoro; fattori che, all’evidenza, incidono sul fisico e sulla psiche degli stessi in misura certamente maggiore rispetto ad altri contesti lavorativi”.
Malorgio, Pellecchia e Tarlazzi concludono qiindi affetmando che “si sta andando in direzione opposta al sostegno all’intera catena produttiva portuale, accumulando nuovi ritardi e senza alcuna elaborazione di un piano strategico per un rilancio concreto della portualità del Paese. Questa prima azione di sciopero è dunque la logica conseguenza di una tale miopia e saranno comunque garantiti i servizi previsti dalla normativa vigente in materia. Ci auguriamo un immediato ripensamento da parte del Governo o non potranno che seguire altre proteste”.
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