Vestager all’Italia sul caro-noli container: “Nessuna prova di comportamenti anti-concorrenziali”
Sollecitata più volte da diverse associazioni di categoria (di spedizionieri, caricatori e operatori portuali), una presa di posizione pubblica da parte della Commissione Europea sul tema del caro-noli container e dei possibili comportamenti anti-concorrenziali da parte dei liner è infine arrivata. Non però nella forma di nota ufficiale ma in risposta a una interrogazione presentata […]
Sollecitata più volte da diverse associazioni di categoria (di spedizionieri, caricatori e operatori portuali), una presa di posizione pubblica da parte della Commissione Europea sul tema del caro-noli container e dei possibili comportamenti anti-concorrenziali da parte dei liner è infine arrivata. Non però nella forma di nota ufficiale ma in risposta a una interrogazione presentata dall’europarlamentare della Lega Danilo Oscar Lancini.
A esprimerla è stata Margrethe Vestager, Commissario europeo per la concorrenza e vicepresidente esecutiva, dando riscontro alle due domande dell’eurodeputato che le erano state sottoposte lo scorso settembre, che vertevano appunto sulle eventuali violazioni della concorrenza da parte dei carrier e sulle azioni per far fronte al problema dei costi del trasporto sempre più elevati (a fronte di servizi enormemente peggiorati).
“La Commissione – si legge ora nel documento firmato dalla titolare della Dg Comp – è a conoscenza degli aumenti dei prezzi del trasporto in container, del livello di qualità del servizio nella catena di approvvigionamento marittimo e delle relative difficoltà per i produttori e i consumatori europei”.
“In questa fase” non ha però “ricevuto prove né individuato comportamenti anticoncorrenziali” in relazione agli stessi aumenti. Una conclusione a cui – prosegue – “sono giunte altre importanti agenzie, per esempio la Federal Maritime Commission degli Stati Uniti”.
Più chiaramente: a seguito dei confronti avuti con vari stakeholder, la Commissione – prosegue Vestager – ha anzi concluso che le cause di questo fenomeno “sono molteplici e non necessariamente del tutto simili in tutto il mondo” nonché “difficilmente attribuibili a un unico fattore determinante o a una sola categoria di operatori”.
Sebbene abbia il merito di esplicitare finalmente quale sia la posizione della Commissione Europea in materia (nonché di evidenziare come questa non abbia del tutto ignorato il tema della crisi del trasporto container, avviando anzi degli approfondimenti), è probabile che la risposta di Margrethe Vestager lascerà insoddisfatti diversi operatori del settore e i loro rappresentanti.
Alcuni di questi – nel dettaglio Global Shippers’ Forum, Clecat, Uirr, Global Shippers’ Alliance, Esc (European Shippers’ Council), Feport, Eta (European Tugowners Association), Etf (European Transport Workers’ Federation), Ebu (European Barge Union) e Fiata – già recentemente avevano detto di aver trovato “profondamente deludente e frustrante” una prima risposta (non resa pubblica) alle loro lamentele in materia ricevuta dalla Commissione, in cui la causa della crisi dei trasporti via mare sarebbe stata attribuita unicamente alla pandemia.
Un atteggiamento più intraprendente sulla questione, corredato anche da numerose uscite pubbliche, è stato finora invece quello della Federal Maritime Commission, che ad esempio lo scorso agosto ha avviato al riguardo un’indagine tra varie shipping company del trasporto container (Cma Cgm, Hapag-Lloyd, Hmm, Matson, Msc, Oocl, Sm Line e Zim).
Come evidenziato da Vestager, nonostante il suo maggiore dinamismo anche l’authority statunitense allo stato attuale è giunta alle stesse conclusioni della Commissione Europea. La conferma è nelle parole pronunciate nei giorni scorsi dal presidente della Commissione statunitense, Daniel Maffei, nel corso del New York Maritime Forum. Dopo aver sottolineato che la giurisdizione dell’authority è piuttosto limitata, Maffei ha evidenziato che l’attuale caro-noli non è “in sé e per sé una violazione dello Shipping Act (la legge Usa che regola il commercio marittimo, ndr)”, osservando anche che “se i noli sono alle stelle perché è la domanda a essere alle stelle, non possiamo farci niente”.
Nonostante le osservazioni del numero uno della Fmc (o forse proprio coerentemente con queste), c’è da aggiungere però che il tema della crisi della supply chain negli Usa non è affatto uscito dai radar, anzi. Nei giorni scorsi è stata infatti direttamente la Federal Trade Commission, ovvero l’authority antitrust del paese, a prendere sulle sue spalle il problema avviando un’indagine tra alcuni dei principali retailer e operatori commerciali statunitensi – tra loro Amazon, Walmart, Kraft Heinz Co e Procter & Gamble – per avere da questi informazioni dettagliate sui problemi riscontrati nelle catene di approvvigionamento e distribuzione. L’ordine trasmesso alle aziende chiede di dettagliare ad esempio quali siano “i fattori primari” che mettono in crisi la loro “capacità di ottenere, trasportare e distribuire i loro prodotti”; di evidenziare “l’impatto che queste interruzioni stanno avendo in termini di ordini ritardati e annullati, aumento di costi e prezzi”; e spiegare quali siano “le misure che le aziende stanno adottando per alleviare le interruzioni”.
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