Giallo in porto a Genova Sampierdarena: banchine sacrificate al ribaltamento Fincantieri
Programmato da più di dieci anni, decuplicato rispetto ai costi iniziali e soggetto a continue lievitazioni (ultima quella da circa 20 milioni di euro appena approvata dal Comitato di Gestione), oggetto di provvedimenti governativi ad hoc per evitare procedure antitrust della Commissione Europea e della legislazione speciale post-Morandi che ha consentito alle stazioni appaltanti (Comune […]
Programmato da più di dieci anni, decuplicato rispetto ai costi iniziali e soggetto a continue lievitazioni (ultima quella da circa 20 milioni di euro appena approvata dal Comitato di Gestione), oggetto di provvedimenti governativi ad hoc per evitare procedure antitrust della Commissione Europea e della legislazione speciale post-Morandi che ha consentito alle stazioni appaltanti (Comune e Autorità di Sistema Portuale di Genova) di accelerare procedure (bypassando le consuete gare) malgrado la portata dell’appalto (circa 700 milioni di euro in tutto), il cosiddetto ribaltamento a mare dello stabilimento Fincantieri di Sestri Ponente è ormai in partenza dopo l’aggiudicazione da parte dell’AdSP della seconda e più corposa parte del progetto (progettazione definitiva ed esecutiva ed esecuzione dei lavori).
Con trascorsi così avvincenti, anche quest’ultimo step non poteva essere da meno. Infatti il documento di aggiudicazione visionato da SHIPPING ITALY accorpa più verbali di sedute, li dispone in ordine cronologicamente casuale, annovera intere pagine di omissis, su cui il suddetto disordine temporale impedisce di azzardare qualsivoglia ipotesi, menziona la presenza di persone in seduta sprovviste apparentemente di titoli per parteciparvi (per conto dell’aggiudicatario: il mandatario Consorzio Stabile Grandi Lavori insieme a Rcm Costruzioni, Fincosit, Trevi, Consorzio Integra e Gs Edil con i progettisti Technital, Proger, Ingegneria Especializada Obra Civil e Industrial, Acciona Ingegneria, Sjs Engineeering e Duomi) e un misterioso “piano della comunicazione” da 150mila euro.
Su tutto ciò l’AdSP non ha finora fornito spiegazioni specifiche.
Ma l’interrogativo più d’attualità su cui Palazzo San Giorgio dovrebbe fornire chiarimenti dato l’interesse pubblico della cosa è un altro. Nel verbale dedicato all’apertura delle buste tecniche si elencano gli atout che hanno fatto sì che l’offerta aggiudicataria fosse da ritenersi la migliore (oltre al maggior ribasso). Ci sono diverse migliorie progettuali, ma anche la capacità di mettere sul piatto preziosi accordi con soggetti terzi, come quello con The Italian Sea Group per la disponibilità (per realizzarvi la barcaporta) del nuovo bacino di carenaggio che alcuni degli aggiudicatari (Rcm e Sjs) stanno realizzando per il cantiere navale di Marina di Carrara.
E poi c’è la “messa a disposizione di n.2 aree private all’interno del Porto di Genova (Ponte San Giorgio e Ponte Ex Idroscalo), con disponibilità esclusiva, per tutta la durata dell’appalto”. Un servizio che l’appaltatore ‘offre’ all’appaltante, risolvendogli una discreta problematica. La progettazione di fattibilità tecnico-economica, infatti, prevedeva una complessa organizzazione per le aree di cantiere (quelle cioè deputate a ospitare mezzi, materiali, lavorazioni parziali e materiali di risulta): a parte un “campo base” da 5.300 mq, all’interno dello stabilimento navalmeccanico non c’è altro spazio a disposizione, tanto da dover ipotizzare nell’ambito dei lavori stessi di appalto la realizzazione e utilizzazione temporanea a fini logistici di altre tre aree per un totale di 22.450 mq. Ovvio che un appaltatore in grado di ovviare a questa complicazione risulti più appetibile.
Sui ponti citati aree private non ce ne sono, men che mai di simili dimensioni. Sicché l’accordo deve esser stato preso con i concessionari. Ponte San Giorgio è tutto in capo al Terminal Rinfuse Genova (Trge), recentemente beneficiario di rinnovo della concessione con un piano di impresa che non contemplava la messa a disposizione di qualche migliaio di metri quadri ai costruttori del ribaltamento. L’amministratore delegato Giuseppe Godano ha spiegato come, “pur essendo eventualmente disponibili, ad oggi non ci risulti nulla di tutto questo: nessuno ci ha chiesto niente, Ponte San Giorgio è tutto nella piena disponibilità di Trge”. Il coinvolgimento è stato negato anche dall’azionista Roberto Spinelli.
Che – dovendosi escludere il ‘coinquilino’, Rolcim, terminal cementiero sprovvisto di spazi per aree di cantiere – è l’unico concessionario di aree potenzialmente utili all’aggiudicatario pure su Ponte Ex Idroscalo. Anzi, appena 7 mesi fa ha ampliato il proprio spazio su quella porzione di porto, aggiudicandosi fra mille polemiche i 7.600 mq dell’ex carbonile Enel. Ma è possibile che l’AdSP abbia negato quel fazzoletto di porto a Superba, imbarcandosi nella perigliosa impresa di Ponte Somalia, ed ora ne consenta al concessionario prescelto il subaffitto de facto ai realizzatori del ribaltamento? E in ogni caso, visto che gli spazi erano disponibili, perché non pensare di utilizzarli direttamente come area di cantiere per il ribaltamento evitando il lucro (costoso per l’ente) della mediazione di un privato terzo?
Spinelli ha negato ogni coinvolgimento anche per il Ponte Ex Idroscalo e gli aggiudicatari non hanno voluto rispondere. Bisogna forse pensare che Trevi e soci abbiano venduto la pelle di un orso ancora da cacciare senza che Adsp controllasse?
Infruttuoso, come detto, è stato il tentativo di chiedere la risoluzione del ‘giallo’ alla port authority genovese.
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