Cfft dovrà pagare le nuove tariffe dei controlli frontalieri a Civitavecchia
Ottenuti sei mesi di sospensiva, la società di Noord Natie perde nel merito il ricorso contro gli incrementi decisi dall’ufficio del Ministero della Salute
Dopo sei mesi di congelamento – non senza ulteriori frizioni fra le parti – si è chiuso negativamente per Cfft – Civitavecchia Fruit & Forest Terminal il primo round della querelle che la vedeva opposta al Ministero della Salute in ordine ad alcune modifiche tariffarie introdotte a marzo dal Posto di Controllo Frontaliero del porto di Civitavecchia.
Quest’ultimo, secondo l’impresa portuale, che nello scalo laziale gestisce alcuni magazzini, anche doganali, per lo stoccaggio e la movimentazione, presso la banchina pubblica n. 24, di frutta, prodotti forestali e merci varie, avrebbe errato sotto diversi profili nell’applicazione del decreto legislativo (32/2001) sottostante ai suddetti incrementi. Superiori, aveva sostenuto Cfft, al 1.000%.
Dopo aver concesso la sospensiva, però, il Tar del Lazio ha rigettato tale tesi. “Dal quadro normativo appena descritto – concludono i giudici dopo aver delineato le caratteristiche del decreto in questione – discende che le tariffe indicate nella nota del Pcf del Porto di Civitavecchia del 29 marzo 2021 costituiscono diretta applicazione di quanto disposto dalle norme sopra richiamate (…). Invero, l’Amministrazione si è limitata ad applicare quanto previsto – dettagliatamente – dalla normativa di settore. Né avrebbe potuto operare diversamente”.
Non solo. Cfft, secondo il Tar, avrebbe “assunto del tutto genericamente che la nota del Pcf del Porto di Civitavecchia sarebbe stata adottata dall’Amministrazione in violazione del D.Lgs. 32/2021, omettendo completamente di indicare in concreto quali sarebbero le specifiche difformità che l’Ufficio Uvac –Pcf avrebbe compiuto”.
Ai giudici non torna neppure il quantum dei rilievi sollevati dall’impresa portuale, che è però in definitiva irrilevante, data la corretta applicazione del decreto operata dal Pcf : “In ordine al dedotto incremento di spesa che avrebbe subito l’esponente a seguito dell’entrata in vigore della nuova normativa, si evidenzia che nel D. Lgs 32/2021 sono state previste le tariffe standard fissate nel Regolamento UE 2017/625 per le merci a rischio più elevato ed una tariffa nazionale (ai sensi dell’art. 80 del predetto Regolamento) con una sostanziale riduzione degli oneri per le merci a rischio meno elevato. Si ribadisce che l’incremento – ove effettivamente verificatosi visti i calcoli dell’UVAC che sembrerebbero smentire la tesi di parte ricorrente – discenderebbe comunque dal quadro normativo e che, ad ogni modo, l’operazione compiuta dal legislatore va valutata nel complesso e non in relazione alle singole voci di costo”.
In attesa di eventuali contromosse (istanze sospensive, appello, etc,) di Cfft, resta da vedere se per l’azienda si concretizzerà il rischio ventilato durante il processo, dover cioè “interrompere la propria attività e con essa i rapporti commerciali con le imprese clienti appaltatrici e con le altre imprese dell’indotto, con gravi ricadute anche sul fronte dell’occupazione”.
A.M.
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER QUOTIDIANA GRATUITA DI SHIPPING ITALY