“Tutto ciò che non va nel Pnrr per i porti e per il trasporto marittimo”
Fise Uniport ha riunito stakeholder e decisori per fare il punto sugli investimenti pubblici sulle banchine italiane dove i timori di forti ritardi sono evidenti. Pesanti critiche anche al Fit for 55
I principali operatori del mondo portuale sono tornati a confrontarsi sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nel corso del webinar promosso da Uniport (l’Associazione che rappresenta le imprese che operano in ambito portuale) in collaborazione con Conftrasporto e dal titolo “Piano Marshall dei Porti e le modalità di attuazione”. L’evento era appunto incentrato sugli investimenti previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e sulle loro concrete modalità di attuazione. Dopo il saluto istituzionale del Presidente Fise – Anselmo Calò, il direttore dell’associazione, Giuseppe Rizzi, ha introdotto e coordinato i lavori.
“Il Pnrr costituisce un’occasione storica con grandi opportunità e qualche criticità. La sostenibilità ambientale non è un’opzione, ma un vincolo ineludibile. La portualità italiana deve valorizzare il proprio ruolo verso nord e verso sud, con l’Africa che si candida a diventare un attore importante dell’import/export mondiale. Non dobbiamo essere solo un luogo di transito per le merci da nord a sud e viceversa, ma consentire che queste vengano anche valorizzate e lavorate sul territorio. Nel prossimo mese e mezzo dobbiamo dettagliare la strategia sulle infrastrutture da realizzare con gli ingenti fondi stanziati, 4,5 miliardi di euro, che vedranno protagonisti le Autorità di Sistema Portuale, ma anche gli asset ferroviari. Sarà necessario garantire regole trasparenti e uguali per tutti e rispettare gli step rigorosi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” ha detto Giuseppe Catalano, Coordinatore della Struttura Tecnica di Missione del Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili.
Dopo Catalano è stata la volta di Patrizia Scarchilli, Direttore dell’Ufficio 2 della Direzione generale per la Vigilanza sulle Autorità di sistema portuale, il trasporto marittimo e per vie d’acqua interne Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: “I porti costituiscono uno dei nodi centrali per la crescita economica del Paese. Ci aspettiamo che le Autorità di sistema portuale si mobilitino rapidamente per avviare le opere entro i tempi previsti. I lavori attesi, da Pnrr, Fondo Complementare, Zes sono tanti e i tempi sono abbastanza stretti. Immaginiamo si possano sviluppare anche sinergie tra le diverse Autorità. È stata già stanziata una prima tranche per le Autorità di 475 milioni di euro, ci attendiamo ora da loro un forte impulso alla realizzazione di opere, che siamo certi riusciremo a realizzare nei tempi indicati”.
Questa la visione invce di Christian Colaneri, direttore commerciale di Rete Ferroviaria Italiana: “Siamo impegnati in un piano straordinario di investimenti grazie al Pnrr, ma non solo. Stiamo lavorando per collegare la rete in modo più significativo con i porti. Abbiamo avviato il progetto Easyraifreight che si propone di favorire la promozione e lo sviluppo dei servizi di logistica ferroviaria, in coerenza con gli obiettivi dell’Ue connessi alla decarbonizzazione dei trasporti. Tale scopo verrà perseguito tramite la realizzazione di un sistema informativo per gli attori della logistica per favorire l’incontro tra domanda e offerta. Abbiamo avviato interventi di efficientamento dei raccordi ferroviari per 30 milioni di euro a valere sul Fondo Complementare al Pnrr. Nonostante la crisi pandemica il segmento merci si avvicina a recuperare il gap creato dalla crisi finanziaria del 2008”.
Le nostre imprese, secondo Federico Barbera, presidente di Fise Uniport, “vivono in un mercato regolamentato. Anche i porti si mettono a disposizione delle istituzioni per poter iniziare un’opera di rinnovamento tecnologico delle infrastrutture e decarbonizzazione, con una maggiore diffusione delle energie alternative. È chiaro a tutti però che esistono dei tempi di transizione perché la transizione sia completata. A noi occorre una Autorità di sistema portuale che possa decidere gli investimenti reali che vanno anche in questo senso. Il lavoro portuale non può più essere immaginato con modelli ormai passati e superati. La partita dei lavori usuranti è persa, ma è in corso quella per l’inserimento tra i lavori gravosi”.
Per Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, “viviamo una fase storica eccezionale, con investimenti finora mai visti. Serve oggi una visione che vada anche oltre il Pnrr. Abbiamo obiettivi di decarbonizzazione, in termini di emissione di CO2, che riguardano anche il trasporto. Quello che manca è un piano di trasporti che faccia capire qual è la visione del Paese per i trasporti del futuro alternativi alla gomma”.
Secondo Andrea Giuricin, Transport Economist Cesisp – Unimib e Ceo Tra consulting: “Nel traffico tra Cina ed Europa la modalità mare è la principale in termini di volumi, anche se il trasporto aereo rimane significativo. Quello ferroviario (nel 2020 12.000 treni su base annuale) è ancora residuale. Occorre quindi migliorare la connessione ferroviaria presso gli hub portuali, superare i colli di bottiglia infrastrutturali nei porti, investire non solo nelle infrastrutture, ma anche sulle riforme, peraltro richieste anche dal Pnrr”.
Luigi Merlo, presidente di Federlogistica, dal canto suo ha aggiunto: “Il Pnrr mette in luce la necessità infrastrutturale e la centralità della logistica. Vanno attuati i progetti previsti. Il rischio però, stante le criticità, è che i presidenti delle autorità di sistema portuale si trovino a essere capri espiatori di una situazione che non dipende da loro. Per evitare tali situazioni vanno attuate quindi riforme e semplificazioni. Tutte le navi di crociera sono predisposte per essere allacciate alla rete cold ironing. Ad oggi vedo progetti di infrastrutture non adeguate per le future esigenze. C’è poi un altro tema centrale, a mio avviso: nessuna Autorità oggi è attrezzata per affrontare attacchi di cybersicurezza, sarebbe importante investire i fondi del Pnrr anche per aiutare le Autorità a difendersi dagli attacchi destinati a crescere nel futuro”.
“Gli armatori sono forti sostenitori della decarbonizzazione” ha ricordato invece Stefano Messina, presidente di Assarmatori, aggiungendo che “oggi però si trovano davanti un’impostazione punitiva prevista dal Fit for 55 che rischia di affossare il nostro settore. Le norme sono giuste, ma ci devono consentire di utilizzare le tecnologie oggi disponibili per il comparto. Siamo ancora lontani dal pensare che la gran parte delle navi vengano alimentate da energia elettrica. Attendiamo gli sviluppi tecnologici, ma ci vorrà tempo”.
La chiusura è stata affidata a Rodolfo Giampieri, presidente Assoporti: “Guardando l’attuale scenario, c’è da essere ottimisti. Il Mediterraneo sta tornando al centro della logistica. Il 90% delle merci, con la globalizzazione, si stanno spostando via mare. Con la pandemia la logistica è entrata anche nella percezione della gente comune. La strategia dei porti non può vedere i singoli hub uno contro l’altro, ma in chiave collaborativa. È cambiata la tipologia di lavoro portuale che si sta aprendo anche alla parità di genere. C’è bisogno di un disegno organico: senza una semplificazione normativa degli iter autorizzativi sarà difficile raggiungere gli obiettivi. Va recuperata l’autonomia gestionale delle Autorità di sistema, senza la quale si perde la capacità di fornire rapide risposte alle imprese”.
L’associazione Finse Uniprot è stata infine audita presso il Dipartimento Politiche Europee della Presidenza del Consiglio sul tema Fit for 55, un tema sul quale ha esposto tesi gemelle a quelle dei cugini di Assarmatori. “Le misure oggi previste nel Fit for 55 rischiano di vanificare i positivi effetti generati dagli investimenti del Pnrr e del Fondo Complementare sugli hub portuali del Paese, causando ricadute negative dal punto di vista economico e sociale” ha evidenziato il segretario generale Giuseppe Rizzi. “La riduzione dell’impatto ambientale dello shipping non deve passare da una limitazione dei trasporti via mare che anzi, considerato l’indiscusso minore impatto rispetto alle altre modalità di trasporto, devono essere promossi e incoraggiati. La penalizzazione del trasporto marittimo si tradurrebbe in una penalizzazione di tutte le attività del cluster portuale con un aumento dei costi per tutti i servizi, con ricadute negative che renderebbero insostenibile il processo di transizione energetica. Per questo motivo suggeriamo una migliore valutazione dei tempi di adozione delle misure oggi previste nel piano”.
In particolare l’Associazione ha evidenziato come gli aumenti dei costi del carburante per le grandi navi, dovuti all’eliminazione dell’esenzione di pagamento delle accise sui carburanti marini (oggi prevista dall’articolo 14 della Direttiva 2003/96/CE (ETD)) e il pagamento dei certificati Ets (emission trading scheme) per le compagnie marittime comporterebbero una serie di effetti dannosi per il settore portuale e logistico nazionale, con ricadute negative dal punto di vista economico e sociale.
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