Verso una maggiore competitività: il D.D.L. Concorrenza e le concessioni demaniali portuali
Secondo l’avv. Tremolada l’abolizione del divieto di cumulo, pertanto, non può che essere accolta positivamente, anche a fronte del progressivo affievolimento della portata di tale divieto da parte della giurisprudenza amministrativa nel corso dell’ultimo decennio
Contributo a cura di avv. Riccardo Tremolada *
* studio Cleary Gottlieb Steen & Hamilton Llp – Industry Team Infrastrutture e Trasporti
Il D.D.L. Concorrenza (approvato dal Consiglio dei Ministri il 4.11.2021 e attualmente all’esame del Parlamento) interviene profondamente sul sistema di regole a garanzia degli interessi pubblici e privati dei numerosi soggetti che operano nei porti italiani.
Il sistema portuale rappresenta un settore cruciale per l’economia e lo sviluppo del nostro Paese, la cui strategicità si declina secondo tre dimensioni: economica (relativa alla rilevanza del settore marittimo e, soprattutto, dei settori produttivi collegati alla rete portuale), geo-economica (legata al ruolo strategico dell’Italia nelle rotte per il commercio internazionale) e logistica (in ragione della centralità dei porti come nodi essenziali di un sistema integrato e intermodale).
Il contributo all’economia nazionale del sistema marittimo nel suo complesso è pari a circa il 3% del PIL. All’interno di questo cluster, che ricomprende attività molto diversificate tra loro, i porti svolgono un ruolo fondamentale, pari a 8,1 miliardi di euro, rappresentando il punto d’accesso privilegiato per l’approvvigionamento delle materie prime e la commercializzazione dei prodotti finiti del sistema produttivo nazionale, di cui rappresentano un supporto strategico irrinunciabile.
In tale contesto, il D.D.L. Concorrenza interviene sulla legge n. 84/1994 con l’obiettivo di incrementare la competitività del settore e prevedendo l’inserimento del principio dell’evidenza pubblica in materia di affidamento delle concessioni portuali. Questa modifica legislativa raccoglie gli stimoli di un cospicuo filone giurisprudenziale sulla tutela della concorrenza e sulla contendibilità delle concessioni demaniali marittime, prevedendo l’applicazione dei principi di trasparenza e imparzialità, con la connessa garanzia di condizioni di concorrenza effettiva.
Non solo. Nel quadro del riordino complessivo del sistema portuale, una delle novità più importanti contenuta nel D.D.L. Concorrenza consiste nell’intenzione di rimuovere, per i porti di rilevanza economica nazionale ed internazionale, il cosiddetto “divieto di cumulo” delle concessioni previsto all’art. 18, c. 7, della legge n. 84/1994. L’attuale formulazione, infatti, prevede un duplice divieto: da un lato, l’impresa concessionaria non può essere contestualmente titolare di due differenti concessioni nello stesso porto (salvo che non abbiano ad oggetto attività tra loro differenti); dall’altro, non può svolgere attività portuali in aree demaniali diverse da quelle che le sono state assentite.
Tale disposizione, ispirata da una chiara finalità anti-monopolistica, mirava a prevenire la concentrazione in capo a un medesimo operatore della disponibilità di spazi eccessivamente ampi all’interno dello stesso scalo portuale, con conseguente formazione di posizioni dominanti (cfr. TAR Liguria, n. 747/2012). Si tratta, quindi, di una norma concepita in un contesto storico in cui ciascun porto rappresentava un distinto mercato rilevante, la quale tuttavia risulta ad oggi obsoleta in ragione degli sviluppi che hanno interessato la scenario competitivo del settore portuale.
Gli ultimi anni sono stati infatti caratterizzati da un marcato consolidamento degli operatori del trasporto marittimo, sempre più fortemente integrati con gli operatori della logistica di terra. Ciò ha imposto anche ai terminalisti “puri” l’esigenza di perseguire una crescita dimensionale. In tale contesto, il mercato rilevante geografico dei servizi di terminal container si identifica sempre meno con il singolo porto, ma coincide, come evidenziato nella prassi della Commissione europea e dell’AGCM, con aree di attrattività (le cd. catchment area) che comprendono più porti. Ciò vale in particolare per le realtà di dimensioni medio-grandi, che si trovano a competere con porti situati anche a 200-300 km di distanza per attrarre i grandi flussi del commercio mondiale.
In questo scenario competitivo, il divieto di cumulo di concessioni che vincola i terminalisti demaniali costituisce un evidente freno alla competitività degli scali portuali italiani, penalizzandoli profondamente rispetto agli altri porti dell’Unione europea, in specie quelli nordeuropei, che rappresentano i diretti concorrenti nell’attrazione dei flussi commerciali verso l’Europa continentale.
L’abolizione del divieto di cumulo è quindi pienamente rispondente a questo mutato scenario di mercato. Del resto, il D.D.L. Concorrenza recepisce in via legislativa un approccio giurisprudenziale che negli anni ha gradualmente eroso la portata del divieto di cumulo. Lo stesso Consiglio di Stato, in considerazione della sempre più avvertita esigenza di spazi degli operatori portuali, ha da tempo ammesso la possibilità di assentire ampliamenti delle concessioni esistenti, riconoscendo che “in linea generale, non è escluso che il concessionario di aree portuali possa risultare affidatario di ulteriori concessioni […] ferma, ovviamente, la garanzia di un confronto pienamente concorrenziale ai fini della gara” (Consiglio di Stato, n. 51/2011). Da ultimo, nel 2020, l’Avvocatura Generale dello Stato, sollecitata dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale (porti di Genova e Savona), ha chiarito che la nozione di ‘porto’ “non deve essere riferita alla singola infrastruttura ma all’intero sistema portuale cui la stessa afferisce” (cfr. Parere del 12 giugno 2020). L’Avvocatura ha, dunque, rilevato che “i porti di Genova, La Spezia, Vado e Livorno dovrebbero essere considerati parti dello stesso bacino d’utenza” e che “il soggetto concessionario non avrebbe acquisito una posizione di mercato dominante rispetto alla catchment area”, spianando così la via alla fusione fra i terminal Psa e Sech, avvenuta nell’agosto 2020.
L’abolizione del divieto di cumulo, pertanto, non può che essere accolta positivamente, anche a fronte del progressivo affievolimento della portata di tale divieto da parte della giurisprudenza amministrativa nel corso dell’ultimo decennio, il quale aveva ingenerato grave incertezza riguardo alla sua applicabilità, consegnando di fatto alle Autorità di Sistema portuale un margine amplissimo di discrezionalità nella sua applicazione, con un effetto inibente sugli investimenti dei terminalisti e sulla competitività dell’intero settore.
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