Come sono cambiate in 12 mesi le scelte di import/export marittime delle industria del Nord Italia
Genova conserva il primato di porto più utilizzato, la maggioranza delle imprese è favorevole a utilizzare piattaforme digitali per gestire la logistica, riprende la tendenza ad esternalizzare la logistica in export e si riduce il numero di aziende che sceglie la resa di vendita “Ex Works”
Genova conserva il primato di porto più utilizzato dalle imprese, la maggioranza delle imprese è favorevole o già utilizza piattaforme digitali per gestire la logistica, riprende la tendenza ad esternalizzare la logistica in export, specie in Lombardia, e si riduce notevolmente il numero di aziende che sceglie di utilizzare la resa di vendita “Ex Works” per le merci in export. Sono queste, in estrema sintesi, alcune delle risultanze più significative emerse dall’ultime edizione del rapporto ‘Corridoi ed efficienza logistica dei territori’ presentato dal centro studi Srm e da Contship Italia in occasione della kermesse Shipping, Forwarding & Logistics meet Industry.
Il Panel della Survey è come sempre rappresentato da 400 imprese manifatturiere localizzate in Lombardia, Emilia Romagna e veneto che esportano/importano merci via mare tramite container. Oltre il 90% di queste spedisce fino a 50 container ogni anno e per ciò che riguarda i settori d’attività il 13% opera nel campo della meccanica, il 12% nel metallurgico, il 10% nell’elettronica, l’8% nell’agroalimentare, l’8% nel chimico, il 12% nel tessile, il 12% nell’industria della plastica, il 9% nel trasporto, il 5% nel comparto carta/legno, il 5% nel farmaceutico, il 4% nel mobilio, l’1% nell’edilizia e il restante 2% in altri settori.
Rispetto all’edizione dello scorso anno come detto il porto di Genova perde qualche punto ma conferma la sua posizione come porto più utilizzato dalle imprese manifatturiere nelle tre ragioni campione mentre Ravenna cresce. È stato chiesto alle aziende manifatturiere di indicare quali siano “i due porti principalmente utilizzati per esportare e per importare”. Il porto di Genova è stato citato dal 68% degli esportatori (85% nel 2020 e 76% in media nei 4 anni di analisi) e dal 67% degli importatori (88% nel 2020; 71% la media). Venezia, La Spezia e Ravenna vengono citati tra i due porti preferiti rispettivamente dal 23%, dal 18% e dal 16% delle imprese (con il dato di Ravenna in crescita, rispetto agli anni precedenti). Da segnalare che il dato di Genova arriva a sfiorare il 100% per le aziende localizzate in Lombardia. Si attesta al 54% per l’export e al 67% per l’import in Veneto, il 52% in export e l’8% in import nel caso delle aziende emiliane. Quindi, mentre per le aziende lombarde si può dire che Genova e La Spezia siano i principali porti utilizzati dalle imprese, in Veneto la scelta cade su Genova e Venezia, con discrete percentuali anche per La Spezia e Trieste. Per l’Emilia Romagna, Genova e Ravenna sono i porti maggiormente utilizzati dalle imprese.
La maggioranza delle imprese si dice favorevole a utilizzare o già utilizza piattaforme digitali per gestire la logistica delle merci. Sia in export che in import, la maggior parte delle imprese è favorevole all’utilizzo delle piattaforme digitali per la gestione della logistica. Per quanto riguarda le operazioni in export, il 28% delle imprese già le utilizza, e di queste, ben il 24% le utilizza regolarmente. Se a queste si aggiunge il 34% delle imprese che non le utilizza, ma si sta adoperando a farlo, arriviamo al 62% di imprese che è favorevole o già utilizza tali piattaforme per le operazioni in export; il 22% le considera poco efficienti e il 16% non le ritiene in linea con il proprio modus operandi. Passando all’import, solo l’11% delle imprese già utilizza piattaforme digitali per la logistica, il 48% non le utilizza ma si sta adoperando a farlo, il 22% le considera non efficienti e il 19% non in linea con il proprio modus operandi. Quindi, nonostante la maggioranza delle imprese, in entrambe le tipologie di operazioni, si stia quantomeno adoperando a utilizzare piattaforme digitali, è ancora elevato il numero di imprese poco digitalizzate in questo senso. Alle imprese che già le utilizzano, abbiamo chiesto di indicarci alcune di queste piattaforme. Per quanto riguarda l’export. Il 36% delle imprese utilizza specifici software gestionali, il 16% Office365, il 39% altre tipologie e il 6% non lo sa. Per l’import, tutte le imprese utilizzano il gestionale Export-Import Opencart.
Altro aspetto interessante emerso dal rapporto è quello secondo cui riprende la tendenza a esternalizzare la logistica in export, specie in Lombardia. A questo proposito è stato chiesto alle imprese del campione considerato se l’outsourcing delle attività logistiche sia o meno prevalente, all’interno della loro azienda. I risultati evidenziano una ripresa nella tendenza a esternalizzare la logistica in export, e le imprese che scelgono di farlo restano la maggioranza (66%, dal 55% nel 2020). Emergono differenze regionali contrastanti e interessanti: mentre Veneto (da 47% a 63%) e Lombardia (da 32% a 61%) seguono questa tendenza, in Emilia Romagna si registra un processo inverso, con un calo da 98% a 77% delle imprese che propendono per l’esternalizzazione della logistica. In import si registra una leggera crescita nel numero delle imprese che esternalizzano, con una percentuale che arriva al 66% (dal 54% del 2020).
Anche qui non poche sono le differenze: la Lombardia fa registrare percentuali in crescita, mentre in Veneto ed Emilia Romagna la percentuale è in calo. È evidente che la strategia più centrata all’internalizzazione di molte imprese nel 2020 è in gran parte dovuta alla crisi sanitaria Covid-19 e alla necessità di preservare quote di mercato in un contesto di limitazione della mobilità dei consumatori, mentre la ripresa del 2021 ha spinto di nuovo le imprese a dare in outsourcing il processo logistico e a focalizzarsi sul proprio core business.
Il rapporto sottolinea che in generale la scelta dell’esternalizzazione della logistica comporta diversi vantaggi economici: riduzione dei costi operativi, miglior utilizzo degli stock a magazzino e, in generale, maggiore competitività sul mercato. Il vantaggio maggiore sembra però essere la ridotta necessità di consistenti investimenti in immobili, impianti, strutture e personale, che permette, attraverso l’outsourcing, di trasformare costi fissi in costi variabili, legati alla quantità di merce movimentata. Affidare all’esterno la logistica della merce può rivelarsi una scelta vincente, ma richiede un dialogo costante e costruttivo con i propri partner logistici, al fine di ottimizzare e migliorare continuamente la gestione della supply chain aziendale.
Il rapporto ‘Corridoi ed efficienza logistica dei territori’ evidenzia infine come continua a crescere l’utilizzo della resa “Ex Works” in export. Un argomento particolarmente sentito in Italia è infatti la scelta delle rese contrattuali (Incoterms) che determinano il modo in cui vengono ripartiti tra venditore e acquirente i costi e i rischi del trasporto. Anche in questa edizione dell’indagine è stato chiesto alle imprese quale resa contrattuale prediligano nei rapporti con l’estero. I risultati di questa indagine in parte confermano quanto già emerso nelle indagini precedenti, con qualche differenza. Resta una spiccata tendenza (anche se in calo) a utilizzare la resa “Ex Works” nel caso delle esportazioni: ne fa uso il 53% delle imprese (il 79% nell’indagine del 2020). Buona parte delle imprese intervistate, pertanto, tende a cedere totalmente i costi e i rischi del trasporto al compratore. “Ex Works” è il termine contrattuale meno impegnativo e meno costoso per il venditore. Il venditore non è tenuto a occuparsi del carico delle merci nel vettore scelto dal compratore e non è tenuto nemmeno a sostenere i costi per lo sdoganamento all’esportazione.
Secondo quanto riportano gli autori della ricerca il rischio di perimento della merce incombe totalmente sul compratore fin dalla presa in carico. Il venditore adempie alle sue obbligazioni semplicemente mettendo la merce, imballata, a disposizione del compratore nel luogo indicato (generalmente la propria fabbrica e/o magazzino). Al suddetto 53% si aggiunge un 7% che opta per la modalità franco vettore (FCA) e un 6% di imprese che ricorre alla resa FOB (Free On Board – costi e rischi a carico del venditore fino all’imbarco della merce), tendenza in crescita rispetto al 3% del 2020. Pertanto, un buon 66% si assume costi e rischi logistici non oltre l’imbarco della merce. Interessante è l’aumento in questa edizione del numero di aziende che utilizza la resa CIF (Cost, Insurance and Freight – costi e rischi a carico del venditore fino all’arrivo al porto di destinazione), pari al 30% del totale. Tale situazione è particolarmente evidente in Lombardia, con un buon 60% che fa utilizzo di questa modalità, a fronte di un 27% che utilizza l’Ex Works. Più in linea con la media e con i risultati degli altri anni le aziende venete ed emiliane con rispettivamente il 60% e il 77% delle imprese che privilegiano la resa Ex Works. Per le importazioni, la percentuale di imprese italiane che acquista in Ex Works (e che quindi si assume costi e responsabilità del trasporto) è più bassa (il 42%) rispetto a quanto abbiamo visto per l’export.
Considerato l’ampio utilizzo della resa Ex Works nel caso delle esportazioni, gli autori del rapporto hanno chiesto alle imprese le motivazioni sottostanti tale scelta. La risposta è molto chiara, con il 73% (in aumento rispetto al 55% del 2020) delle imprese che dichiara di considerarlo un modo efficace di “mantenere basso il prezzo”, evitando in questo modo di integrare nell’offerta i costi di trasporto a destinazione. Alta anche la percentuale di imprese (23%, dal 43% dell’indagine del 2020) che utilizza l’Ex Works in export, in quanto è un modo di trasferire all’acquirente i rischi connessi al trasporto della merce.
Si apre a tal proposito una riflessione strategica sul fatto che i processi di logistica e trasporto siano ritenuti un “costo” e non un “valore” per la competitività del prodotto stesso. Si è chiesto poi a tali imprese se percepiscono il rischio di perdere il controllo del buon fine delle proprie vendite. Ne è emerso che il 98% considera il rischio basso, irrilevante o addirittura assente. “È importante in conclusione sottolineare che questa decisione non impatta solo nel breve periodo, ma anche nel lungo periodo, così come evidenziato dai principali operatori logistici e dalle associazioni di settore” è il commento conclusivo del rapporto. “In questo modo, non solo si riducono le entrate economiche per le imprese logistiche locali, ma se ne limita anche la capacità di crescere, espandendo il giro d’affari e migliorando l’efficienza operativa attraverso il miglioramento dei processi organizzativi e una crescente specializzazione, fattori indispensabili per garantire un servizio di trasporto affidabile, anche in tempi di crisi e lockdown”. Va in questo senso rilevato un segnale positivo che emerge da questa indagine e che è rappresentato dall’aumento nell’utilizzo della resa CIF specie nel contesto delle aziende lombarde.
Al seguente link è possibile scaricare il rapporto “Corridoi ed efficienza logistica dei territori”:
https://resources.
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