Confitarma vuole riscrivere il piano per il cold ironing
Armatori scettici sulla previsione di investimenti a pioggia sul lato porti senza coinvolgimento della parte nave
Intervenendo ad un convegno tenutosi a Genova nei giorni scorsi a bordo di una navve di Costa Crociere il presidente di Confitarma Mario Mattioli è tornato ad esprimere le numrose perplessità degli armatori italiani sull’approccio italiano alla transizione ecologica nello shipping, con particolare riferimento al percorso intrapreso in materia di cold ironing.
“Tenuto conto del fatto che lo shipping è un settore hard to abate, l’industria armatoriale si sta già attivando su una gamma di soluzioni per ridurre le emissioni con ingenti investimenti in tecnologie innovative e impiego di combustibili meno dannosi per l’ambiente, come l’alimentazione attraverso batterie (quindi zero emissioni) durante le soste della nave in porto, l’utilizzo del Gnl come combustibile alternativo, pitture siliconiche e, naturalmente, cold ironing” ha esordito Mattioli, per il quale “occorre quindi attuare una strategia che garantisca l’identificazione di solide filiere di approvvigionamento che consentano il ricorso a carburanti avanzati e lo sviluppo delle infrastrutture necessarie alla distribuzione e bunkeraggio del Gnl, e questo vale in assoluto anche per i combustibili del futuro”.
Focalizzandosi sul cold ironing Mattioli ha affermato che “Confitarma sta predisponendo un documento con le proposte per uno sviluppo del cold ironing che sia il più possibile aderente alle esigenze dell’armamento. La diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico renderà ancora più stretto il legame tra nave e porto che dovrà prevedere soluzioni per soddisfare una domanda molto più variegata. In particolare, per il cold ironing è indispensabile il coinvolgimento degli utenti del porto onde evitare interventi a pioggia, concentrandosi dove è possibile e utile e tenendo anche conto della tipologia delle navi e del carico trasportato, oltre al fatto che più unità potrebbero essere ormeggiate contemporaneamente”.
Evidente il riferimento critico al fatto che oggi, pur in presenza di fondi ingenti per il cold ironing (700 milioni di euro stanziati in seno al Pnrr) il quadro normativo resta confuso, non si prevedono sovvenzioni agli interventi lato nave ma misure a pioggia sul lato porti, e l’efficacia dell’intero programma, come emerge nel recente caso genovese, resta soggetta ad un’alea significativa: “La sfida non è soltanto tecnologica e può essere vinta a livello di sistema Paese soltanto se si riesce ad avere una visione d’insieme: un sistema marittimo-portuale e logistico è vincente se, oltre al porto, anche tutti gli altri elementi della catena sono competitivi a cominciare dalle nostre navi, le nostre imprese di navigazione e i nostri equipaggi”.
“Ribadisco il grande impegno dello shipping per raggiungere l’ambizioso obiettivo di emissioni zero ma occorre pianificare bene le risorse, evitando investimenti a pioggia e non sottovalutando costi e tempi necessari per l’adeguamento delle navi alle nuove tecnologie – ha concluso Mario Mattioli – Per questo l’armamento guarda alla transizione nel suo insieme e a tutte le possibili soluzioni alternative messe a disposizione dalla tecnologia senza tralasciare l’aspetto dei costi, non solo quelli a carico dell’industria ma anche quelli che ricadrebbero sulla comunità”.
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