Nel porto di Genova via al cold ironing (ma ancora al buio)
In via di aggiudicazione i lavori per l’elettrificazione del porto passeggeri, anche se sull’effettiva utilizzabilità da parte degli armatori rimangono molte perplessità
Pochi giorni fa il progetto definitivo è stato approvato dall’Autorità di Sistema Portuale e poco dopo è scaduto il termine della procedura negoziata per l’aggiudicazione della progettazione esecutiva e dei lavori di realizzazione degli impianti per la fornitura di energia elettrica alle navi che approderanno alle banchine del porto passeggeri di Genova (appalto da 18,1 milioni di euro), il cosiddetto cold ironing.
Sicché non è improbabile che, più o meno nel rispetto dei tempi previsti dal piano straordinario delle opere del porto di Genova, cioè a partire dai primi mesi del 2023, le navi da crociera e i traghetti che attraccheranno ai pontili della Stazione Marittima genovese potranno spegnere i motori e allacciarsi alla corrente fornita da terra per alimentare i propri sistemi di bordo durante la sosta.
Le incognite sulla buona riuscita dell’operazione – sull’effettiva utilizzazione cioè del cold ironing da parte degli armatori e quindi sulla prevista riduzione (rectius, ridimensionamento e spostamento) delle emissioni nocive delle loro navi – restano tuttavia forti, come la relazione generale prodotta dall’Adsp stessa lascia trasparire.
In estrema sintesi l’ente ha previsto che chi si aggiudicherà l’appalto non dovrà solo realizzare e manutenere per 10 anni l’impianto ma, in linea di massima (la cosa è soggetta a insindacabile giudizio dell’Adsp, ma l’orientamento per ora è questo) anche gestirlo in qualità di concessionario. Nei prossimi mesi, cioè, dovrà cioè intestarsi un contatore e, nello stipulare un contratto con un fornitore di energia, “adoperarsi per ottenere un prezzo di mercato competitivo dell’energia elettrica”. Che sia cioè inferiore o al massimo uguale al prezzo a cui rivenderà poi tale energia al singolo armatore.
Questa è la prima grande incognita per il concessionario, dato che al momento i provvedimenti di legge previsti per rendere quantomeno possibile tale scenario – e cioè che l’energia per il cold ironing benefici di un’accisa agevolata e dell’esenzione degli oneri generali di sistema – restano sulla carta: il placet del Consiglio dell’Unione Europea sull’accisa agevolata è arrivato solo a fine novembre, manca quello della Commissione sugli aiuti di Stato e conseguentemente Arera non ha potuto definire una tariffa speciale per l’energia destinata all’alimentazione delle navi, come previsto dal Decreto Milleproroghe del 2019.
Tanto che l’Adsp genovese nella relazione e nel rispondere ai quesiti degli operatori interessati ripetutamente scrive che “il rischio normativo/regolatorio legato all’ottenimento dell’esenzione da oneri e accise ricadrà sull’operatore economico” (cioè il concessionario di cui sopra), e che a tal fine gli interessati “sono invitati ad attivarsi fin da subito, anche in fase di gara, con gli enti da loro ritenuti competenti a tal fine”.
Il rischio, in realtà, è relativo per l’operatore, perché qualora esenzioni e accisa ridotta non fossero riconosciuti o comunque “nel caso in cui il costo di acquisto dell’energia da parte dell’impresa (al netto di accise e oneri generali di sistema) sia superiore al prezzo di vendita dell’energia fornita agli armatori” – cosa che potrebbe avvenire anche in corso d’opera per fluttuazioni nel prezzo dell’energia – la soluzione prevista da Adsp è drastica: “il servizio verrà interrotto” e l’ente si farà pure carico dei costi di interruzione (che spesso non può essere immediata).
Per contro va detto che il concessionario non potrà lucrare sull’eventuale gap che otterrà sul prezzo dell’energia (sulla differenza positiva cioè fra il prezzo applicato all’armatore e quello pagato al fornitore), dato che Adsp prevede che la stessa sia riconosciuta all’ente in detrazione da quanto l’ente verserà per la manutenzione periodica dell’impianto. Il concessionario potrà invece lucrare su realizzazione, manutenzione e singole prestazioni di allaccio agli armatori (per cui sono comunque previsti da Adsp prezzi massimi di gara, soggetti a ribasso: 1.300 euro per navi da crociera e 600 per traghetti oltre a 100 euro per la fatturazione).
Oltre a ciò c’è una seconda grande zona d’ombra sul progetto.
Nella relazione di Adsp si prende a riferimento il 2018, quando furono 2.021 gli scali registrati nelle banchine interessate. Di questi solo 53, relativi a due navi (Msc Meraviglia e Msc Seaside), riguardavano navi attrezzate per l’allaccio. È cioè difficilissimo prevedere da una parte quante navi a partire dal 2023 saranno in grado di allacciarsi alla rete elettrica e quante, fra esse, lo troveranno abbastanza conveniente da farlo in assenza di incentivi (o disincentivi a non farlo), ad oggi inesistenti. Tanto che al 2025 Adsp propone tre scenari possibili in termini di quantitativo di energia da fornire, molto diversi l’uno dall’altro: 0,5 milioni di Kwh/anno (quantitativo che secondo l’ente renderebbe impossibile ottenere un prezzo conveniente), 4,5 milioni o 9 milioni.
La cosa, come spiegato, inciderà limitatamente su chi si aggiudicherà l’appalto: la fornitura di energia non genererà né perdite né guadagni in ogni caso e, se il servizio sarà interrotto per insostenibilità, anche i relativi costi, manodopera compresa, finiranno in capo all’ente o comunque termineranno, lasciando comunque il concessionario col solo mancato guadagno per gli allacci ma con l’entrata garantita dalla manutenzione.
Ma per le finanze pubbliche ha un senso spendere 20 milioni di euro (700 quelli stanziati a livello nazionale dal Pnrr per il cold ironing) per una tecnologia dai contorni normativo-amministrativi ancora così incerti, che dove presente, è pressoché inutilizzata perché lontanissima da una sostenibilità economica che a tutt’oggi pare incertissima? L’interrogativo rimane.
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