La fotografia sul mix energetico italiano e le attuali direttrici di approvvigionamento
Nell’ultima relazione del Copasir viene descritto con precisione il mix energetico e le dipendenze dell’Italia da fonti fossili e da alcuni Paesi
La relazione sulle conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina nell’ambito della sicurezza energetica appena approvata e pubblicata dal Comitato parlamentare sulla Sicurezza della Repubblica (Copasir) dedica un parafrago al mix energetico nazionale e alla descrizione puntuale di quali sono le attuali direttrici di approvvigionamento.
In base a dati del 2020, il mix energetico italiano risulta per più dell’80% composto da fonti fossili, quali gas e petrolio, rispettivamente al 42% e al 36%, e in modo residuale carbone (4%). Le fonti green contano per il 18%: l’11% le rinnovabili (fotovoltaico ed eolico); il 7% la produzione idroelettrica.
Tra le fonti fossili, secondo dati del 2021, il petrolio consumato in Italia è prodotto internamente nella misura dell’8%, il resto è importato: il 21% dall’Azerbaijan, il 17% dalla Libia, il 13% dall’Iraq, il 9% dalla Russia, il 9% dall’Arabia Saudita, il 5% dalla Nigeria, il 4% dalla Norvegia, Il 3% dagli USA, il 2% dall’Algeria, il 2% dal Kazakhstan. Per il resto, il 7%, proviene in piccole percentuali da altri Paesi.
Come è noto, vista la sua preponderanza nel mix energetico nazionale, il gas riveste un ruolo rilevante che mostra particolari profili di delicatezza dovuti alla sua importanza quale energia ponte nel processo di transizione ecologica, al fatto che concorre in modo decisivo a determinare il prezzo dell’energia elettrica, attraverso la regola del “system marginal price” in vigore in tutta l’Unione Europea, e alla drammatica fase geopolitica che l’Europa sta vivendo a causa del conflitto russo-ucraino.
A fronte di una marginale produzione domestica nel 2021 di 3 miliardi di metri cubi (bcm) che rappresenta il 4% dell’approvvigionamento, l’Italia ha importato 73 bcm di gas.
In base a dati di importazione del 2021, per il 40% si tratta di gas proveniente dalla Russia attraverso il sistema TAG che si collega alla rete italiana a Tarvisio. Il 29% proviene dall’Algeria, attraverso la Tunisia, con l’interconnettore Transmed che approda a Mazara del Vallo. Il gas dell’Azerbaijan conta per il 9% e arriva, attraverso il sistema TAP, a Melendugno. Dalla Libia arriva a Gela il 4% dal gas totale con l’interconnettore Greenstream. Il gas dei mari del Nord, che rappresenta il 3%, arriva a Passo Gries attraverso Germania e Svizzera, con il sistema TENP/Transitgas.
Infine il 13% è rappresentato da Gnl, gas naturale liquido, che viene immesso nella rete italiana attraverso i terminali di rigassificazione di Panigaglia, Livorno e Cavarzere. Il Gnl proviene per il 70% dal Qatar, per il 14,5% dall’Algeria, per l’8% dagli USA e per il 7,5% da altri Paesi.
La domanda europea annua è di circa 550 bcm e si concentra prevalentemente in Italia, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. La dipendenza da Paesi terzi, e dalla Russia in particolare, non è un problema solo italiano. Secondo dati del 2020, a livello europeo il consumo di gas è stato coperto per il 23% dalla produzione interna e per il 77% dall’importazione.
Il 39% del gas importato è di provenienza russa. I punti di importazione sono 14 distribuiti su 4 rotte di approvvigionamento: via Germania con Nord Stream, via Bielorussia e Polonia con il gasdotto Yamal, via Ucraina con il TAG che arriva fino all’Italia e infine via Turchia e Bulgaria attraverso il Turkish Stream.
Il 25% del gas importato proviene dal Nord Europa e in particolare dalla Norvegia attraverso 7 punti di importazione. Il gas del Nord Africa, da Libia e Algeria, rappresenta il 6% ed entra in Europa attraverso 4 punti di importazione. Il 4% proviene dal Caspio con 1 punto di importazione. Il Gnl copre il 26% delle importazioni attraverso 22 terminali di rigassificazione.
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