Barbera (Fise Uniport): “Ancora irrisolti molti quesiti sulle banchine italiane”
(Questo contributo è stato pubblicato all’interno dell’inserto “I numeri dei porti italiani – Ediz. 2022” appena pubblicato su SHIPPING ITALY) – CLICCA E LEGGI QUI Contributo a cura di Federico Barbera * * presidente Fise Uniport Le statistiche sui traffici portuali del 2021 sono state rese disponibili da Assoporti e non ci possiamo sottrarre alla […]
(Questo contributo è stato pubblicato all’interno dell’inserto “I numeri dei porti italiani – Ediz. 2022” appena pubblicato su SHIPPING ITALY) – CLICCA E LEGGI QUI
Contributo a cura di Federico Barbera *
* presidente Fise Uniport
Le statistiche sui traffici portuali del 2021 sono state rese disponibili da Assoporti e non ci possiamo sottrarre alla valutazione a consuntivo, prodromica alle previsioni per l’anno in corso. Certo, i giudizi ex ante ed ex post sull’argomento non hanno lo stesso pathos delle previsioni sul “succo d’arancia e sulla pancetta” così ben descritte e proposte all’infinito sotto le feste di Natale col film Una Poltrona per due. Purtroppo non possono neppure essere trattate con lo stesso sense of humor e allora vediamo i numeri. Ci siamo assestati poco 500 milioni di tonnellate di merci movimentate che è un ottimo risultato e non solo per questi tempi. Esattamente 481,5 milioni di tons che in generale vale più o meno il risultato 2019 di 490,3 mil. Ro-ro e contenitori molto bene che vanno a compensare con i loro segni più il segno meno dei traffici delle rinfuse liquide e solide. Il dato che preoccupa di più, non solo per l’impatto sulla portualità ma, quale indicatore del settore produttivo del sistema paese, sono le flessioni del break bulk che sotto le voci di rinfuse solide ovvero rinfuse e merci varie segna una regressione pre-pandemica ancora consistente, segno che il sistema produttivo stenta ancora e abbisogna di ulteriore attenzione da parte del Governo Draghi. ‘La Logistica’ nel suo senso più ampio, e quindi con i traffici marittimi e l’indotto che essi comportano, sono intimamente legati tra gli altri a due fattori: sistema produttivo ed efficienza del sistema infrastrutturale nazionali.
Quindi ancora molto lavoro ci aspetta per i prossimi anni in buona compagnia con il resto del paese.
Vediamo. Il ddl della concorrenza lascia irrisolti molti quesiti quali l’incomprensibile intreccio di competenze tra le authority. Non abbiamo certezze sui regolamenti delle concessioni (e per chi lavora solo su terreni demaniali gestiti in regime concessorio non è un problema, ma diventa “il ” problema perché da esso derivano continuità e progettualità a lungo termine). Non abbiamo regole certe di concorrenza e siamo restati incartati sulla vicenda della fusione tra due terminalisti in pieno regime di vigore del comma 7 art 18 legge 84/94. Operazione figlia di un “attivismo giuridico” degna di miglior scopo. Ma per far questo occorre prima di tutto che i legislatori abbiano ben chiaro il problema, cosa non ancora scontata, e il coraggio di assumersi responsabilità. Il tentativo di risolvere il caso con la negazione dell’interscambio del personale, aggiunge confusione alle incertezze. A nostro parere la legge dovrebbe sancire che si possono avere sì più concessioni all’interno dello stesso porto assentite allo stesso titolo, ma che non possono essere unificate, magari se non contigue, in un’unica concessione. Le due concessioni dovranno essere gestite secondo piani industriali indipendenti, con maestranze legate esclusivamente alla specifica concessione e ognuna delle quali dovrà mantenere la propria scadenza per evitare che si inventi un nuovo illegale sistema di rinnovo. Ci sono poi i problemi che riguardano noi “portuali” così come tutti i cittadini: la guerra in corso e il lavoro, soprattutto la sua sicurezza.
Banca d’Italia ha preannunciato che questa guerra procurerà recessione e inflazione, rallentando il balzo in avanti della ripresa con la spinta recessiva valutata “almeno due o più punti” di segno negativo, ovviamente. Un aumento del PIL di soli due punti non garantirà né la tenuta del sistema industriale né la tenuta sociali. Non vi è alcun motivo perché Politica Istituzionale e Società Civile non si siedano a un tavolo. La situazione però sta rigenerando scenari già più volte visti dove il confronto a due diventa un confronto a tre, con la divisione delle parti sociali, se anche la Politica dovesse tenere, il che non è foriero di buon vento.
Tutti i settori produttivi sentono l’esigenza di essere informati, noi compresi, sulle evoluzioni future, sulle azioni che potranno essere intraprese, sulle criticità che reciprocamente coinvolgeranno settori affini, sulle paure del crearsi di una bolla recessiva che coinvolga tutto il paese.
Abbiamo necessità di capire come le sanzioni e la fine del conflitto ridisegneranno le reciproche sfere di influenza tra mondo occidentale e alleanza Russia/Cina con i propri satelliti. Come l’Africa sarà coinvolta in questa rivoluzione globale. Sarà la fine del mondo diviso tra paesi produttori e paesi consumatori? Ed i giochi sulle grandi rotte di navigazione transoceaniche come saranno giocati?
È come credono in molti una “rivoluzione” di sistema? La Globalizzazione o è globale o non esiste. Libero mercato e liberi scambi potranno rinascere come l’Araba Fenice?
Il Lavoro. Il 28 Aprile si è festeggiata la giornata mondiale della sicurezza sul lavoro e l’Inail ha reso noti i dati che, purtroppo, segnano un aumento degli infortuni sul luogo di lavoro, in itinere e purtroppo anche di quelli con conseguenze mortali. Purtroppo le statistiche continuano a seguire le leggi matematiche e sembra l’ovvietà scientifica che aumentando il lavoro aumentano gli incidenti, possa essere una spiegazione. Non è così, anzi non può e non deve essere così. L’unica Istituzione, a mio avviso, in grado di fornire dati, studi, previsioni, concetti sanitari per l’igiene e la prevenzione delle malattie professionali, è l’Inail. Non vogliamo assaltare il tesoretto dei 30 miliardi messi da parte dall’Istituto e resi disponibile per la riduzione del debito pubblico dello Stato a tasso zero. È un’ottima collocazione, utile al paese e alla sua economia. Dalla gestione però scaturiscono risorse parte delle quali potrebbero (dovrebbero, a nostro parere) essere destinati alla ricerca in grande stile e alla formazione di strutture aziendali in grado di sapere e potere intervenire sul problema. Qualcosa di simile è già stato creato con il sostegno per la formazione delle imprese e dei preposti (uomini d’azienda), Occorre fare di più, farlo meglio e farlo subito.
Tutto questo alla fine ci riporta alla necessità più sentita di un dialogo continuo tra i due stakeholders del Paese, la Politica Istituzionale e la Società Civile. Si riuscirà a farlo con le elezioni alle porte?
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