Messina (Assarmatori): “I fattori che mettono a repentaglio la ripresa”
(Questo contributo è stato pubblicato all’interno dell’inserto “I numeri dei porti italiani – Ediz. 2022” appena pubblicato su SHIPPING ITALY) – CLICCA E LEGGI QUI Contributo a cura di Stefano Messina * *presidente Assarmatori Il 2021 ha segnato la ripresa dei traffici rispetto a un 2020 che aveva registrato un drastico calo in […]
(Questo contributo è stato pubblicato all’interno dell’inserto “I numeri dei porti italiani – Ediz. 2022” appena pubblicato su SHIPPING ITALY) – CLICCA E LEGGI QUI
Contributo a cura di Stefano Messina *
*presidente Assarmatori
Il 2021 ha segnato la ripresa dei traffici rispetto a un 2020 che aveva registrato un drastico calo in parte nel comparto merci e, in modo ancor più evidente, in quello relativo ai passeggeri. E da questa virata di bordo vanno evidenziate due considerazioni.
La prima, che rivendico con un pizzico di orgoglio, è che neanche nei mesi più duri del primo lockdown il trasporto marittimo e i porti italiani si sono fermati, dimostrando di essere un’infrastruttura indispensabile al servizio del Paese. Si è garantita la continuità territoriale prevista dalla Costituzione e l’approvvigionamento di merci, con particolare riferimento alla numerosa comunità insulare che caratterizza l’Italia. Le compagnie di navigazione hanno continuato a offrire i loro servizi e sono state in prima fila anche per altre emergenze legate alla pandemia: mi riferisco al rimpatrio degli italiani rimasti all’estero e, nel caso di Genova, alla predisposizione della nave-ospedale in porto.
La seconda considerazione è che quella a cui abbiamo assistito nel 2021 è sì una ripresa, ma sarebbe più giusto considerarla un ‘rimbalzo’, per quanto poderoso. Nell’anno che si è chiuso si è centrato il record storico di movimentazioni di merce containerizzata nei porti italiani (circa 11 milioni di Teu), altri settori merceologici si sono riavvicinati ai livelli del 2019, mentre sono rimaste sofferenze per il traffico passeggeri: 67,5 milioni di persone movimentate nel 2019, 32,4 milioni nel 2020 e 43,3 milioni nel corso del 2021. A soffrire particolarmente il comparto crocieristico, che però sembra avere la capacità di risollevarsi: in questo senso, la decisione di alcune fra le principali compagnie di schierare l’intera flotta per l’imminente estate è senz’altro un’iniezione di fiducia che non possiamo e non dobbiamo trascurare.
Il 2022 si è aperto tuttavia nel segno di una pesantissima incertezza. Il conflitto russo-ucraino ha dispiegato i suoi effetti economici anche sul trasporto marittimo, comportando un calo dei traffici non indifferente per le imprese attive nel Mar Nero, nel mare d’Azov e in parte nell’area balcanica, la necessità di predisporre nuove rotte per cercare approvvigionamenti di materie prime in precedenza importate da Russia e Ucraina, e anche un clima nuovamente negativo nelle famiglie italiane, colpite dal caro bolletta energetica, dall’inflazione e dal rincaro di tutti i principali generi di consumo, che di certo non aiuterà una piena ripresa.
Fino a questo momento mi sono concentrato su fattori che definirei esogeni, sui quali cioè possiamo incidere poco o niente, se non attrezzandoci con spirito di sacrificio e adattamento. Tuttavia ci sono altri fattori, su cui possiamo e vogliamo dire la nostra, insieme a tutto il cluster e alle istituzioni, che rischiano di mettere seriamente a repentaglio questa ripresa. Si tratta, ad esempio, delle misure contenute nel pacchetto ‘Fit for 55’ della Commissione Europea che, per quanto riguarda il trasporto marittimo, includono il suo inserimento nel meccanismo ETS relativo allo scambio di quote di emissione, l’imposizione di requisiti di intensità dei gas serra sui carburanti di uso marittimo, la proposta di rimozione delle esenzioni fiscali e l’adozione di un nuovo regolamento per la realizzazione di infrastrutture per i fuel alternativi.
Non mi voglio dilungare nel merito di queste misure, ma usare questo spazio per ribadire alcune conseguenze di tali scelte, così come declinate oggi: sulla fragilità economica innestata dalla pandemia dovuta al Covid19 si innesterà un’ulteriore debolezza economica dovuta a un quadro sanzionatorio e non incentivante; della perdita di competitività delle nostre imprese si gioveranno imprese provenienti da altri Stati; vi sarà un’inevitabile crescita dei costi e quindi dei prezzi del trasporto, saranno più cari i biglietti per i passeggeri e le auto e le tariffe per il trasporto delle merci verso le isole, questo avrà un impatto sociale e sul turismo; l’aumento dei costi si rifletterà inevitabilmente anche sui noli e sulle tariffe di trasporto dei contenitori e questo aumento non potrà che ripercuotersi sull’intera catena del valore con una conseguente ascesa dei prezzi al consumo.
Intendiamoci: come Assarmatori continuiamo a pensare che la transizione energetica non sia un’opzione, ma una necessità imprescindibile. Il settore marittimo vuole essere regolato e sostenibile. Ma si tratta di interventi che, oltre che sul trasporto marittimo, andranno a impattare sulla competitività dei porti italiani, dei terminalisti, di tutte le attività a monte e valle della catena logistica, e quindi sul sistema Paese. Proprio per questo mi auguro una presa di coscienza e una convergenza di tutto il cluster: Assarmatori ha individuato alcune possibili soluzioni, anche di tipo emergenziale, che presto presenteremo a tutti i soggetti interessati. Soluzioni che tengono conto di tutte le variabili che purtroppo si sono innescate in queste settimane e che inevitabilmente sfoceranno in un quadro complessivo del mercato mondiale e anche dell’interscambio via mare profondamente differente da quello in cui ci eravamo abituati a operare e nel quale erano nate anche le proiezioni verso una maggiore sostenibilità, oggi difficilmente concretizzabili nei tempi che erano stati previsti e individuati come tassativi.
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