Grandi manovre in corso sul 50% di Trieste Marine Terminal in mano a Maneschi
T.O. Delta avrebbe trattative in corso sia con investitori istituzionali che con Msc per cedere tutta o in parte la sua partecipazione nel terminal container al Molo VII
Per il terminal container al Molo VII del porto di Trieste sembra essere in arrivo uno stravolgimento significativo. Secondo quanto appreso da SHIPPING ITALY il 50% del capitale della società concessionaria Trieste Marine Terminal in mano al Gruppo T.O. Delta sarebbe in queste ore al centro di trattative che porterebbero portare all’ingresso di un nuovo azionista o comunque a un cambio degli attuali equilibri azionari.
L’altro azionista paritetico fino ad oggi è stato il Gruppo Msc che pare stia attivamente cercando di rilevare il restante 50% nonostante una clausola inserita nel prolungamento della concessione (per 60 anni) accordato nel 2014 vieterebbe il controllo di una partecipazione superiore al 50% del capitale a società armatoriali o a entità a loro collegate. Una clausola certamente particolare, secondo qualcuno superabile, che a suo tempo venne inserita per assicurare una certa indipendenza e terzietà nella gestione di quella che finora era l’unica banchina dello scalo giuliano dedicata alle attività di imbarco e sbarco di container. Da un anno, con l’ingresso in servizio del terminal Hhla Plt Italy, i terminal autorizzati alla movimentazione di carichi containerizzati a Trieste sono due e un eventuale (probabile) ampliamento del Molo VIII incrementerebbe la capacità di movimentazione (e la concorrenza al Molo VII) nel business dei container. Forse anche per questo qualcuno oggi sostiene che quella clausola studiata per non lasciare in mano a un armatore il terminal sia oggi in qualche maniera aggirabile.
Msc, però, sembra non essere l’unico pretendente al 50% di Trieste Marine Terminal (o a una parte di questa partecipazione) in mano al gruppo T.O. Delta che almeno inizialmente manterrebbe comunque la gestione del terminal e il diritto a esprimere l’amministratore delegato nonostante un cambio di equlibrio nelle nomine del Consiglio d’amministrazione. Altre fonti segnalano infatti che negoziazioni siano avvenute e forse siano ancora in corso con uno o più fondi d’investimento individuati da una banca d’affari incaricata di cercare investitori potenzialmente interessati.
Il timing di questa ‘resa dei conti’ non è casuale. Antonio Maneschi, figlio di Pierluigi scomparso a maggio del 2019, da tempo sta mettendo ordine negli affari di famiglia e, dopo aver ceduto l’anno scorso Compagnia Portuale di Monfalcone a F2i Holding Portuale, sta ora valutando l’ipotesi di vendere tutto o parte del suo 50% in Trieste Marine Terminal. La società concessionaria, a distanza di 7 anni da quando venne autorizzata e firmata la proroga della concessone del terminal a fronte di lavori per il raddoppio della banchina, ancora non ha avviato i lavori (al momento è stata bandita la gara per individuare le imprese di costruzione interessate) ed entro il 30 novembre prossimo sarebbe da contratto obbligata ad aprire il cantiere. Il condizionale è d’obbligo perchè, come detto, si parla di lavori che dal 2015 sono stati ripetutamente rinviati prima per ragioni legate alla crisi del mercato container e più di recente alla pandemia. Salvo ulteriori ‘sorprese’ la posa della prima pietra dovrebbe non poter essere più rinviabili e questo pone gli attuali azionisti di fronte all’impegno di spesa e alla scelta se proseguire in questa avventura imprenditoriale o se cedere il passo ad altri investitori.
In attesa degli investimenti privati (190 milioni di euro), la port authority di Trieste ha chiesto e ottenuto per lo stesso terminal al Molo VII risorse pubbliche nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) del valore di oltre 100 milioni di euro per i quali nel frattempo sono stati già avviati i lavori di progettazione. Per ciò che riguarda il terminal container al Molo VII (che nel mese di aprile ha fatto segnare il proprio record storico di movimentazione) il presidente dell’Autorità di sistema portuale triestina, Zeno D’Agostino, li ha definiti “opere di manutenzione straordinaria previsti per il futuro e anticipati nell’ambito delle risorse previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.
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