L’allarme di Pitto: “Accesso condizionato alla capacità di trasporto per gli spedizionieri”
Il presidente uscente di Spediporto ha sollevato il tema della disparità di trattamento nei confronti dei vettori marittimi sempre più all’angolo sia per la tecnologia che per l’integrazione verticale dei global carrier
Genova – “Da qualche tempo, soprattutto da parte di alcuni soggetti armatoriali, l’accesso alla capacità di trasporto marittimo viene condizionata dall’acquistare altre parti del servizio di logistica e questo è un problema. Un problema non solo per gli spedizionieri ma anche per gli utenti finali dei trasporti e per i consumatori. La prospettiva di avere nelle mani di 3 o 4 grandi soggetti il controllo della logistica merci è un bene? Secondo me no…”. È questo uno dei passaggi e dei concetti forse più significativi espressi da Alessandro Pitto, presidente di Spediporto, durante la tavola rotonda andata in scena durante l’assemblea annuale degli spedizionieri genovesi presso il palazzo della Borsa del capoluogo ligure.
Vettori marittimi e integrazione verticale della logistica: un tema sempre più attuale e sentito anche per la categoria degli spedizionieri che si trovano stretti fra i grandi colossi dell’armamento, della logistica e la tecnologia che in qualche modo rischia di mettere fuori mercato alcune realtà con le spalle meno forti.
Quella della capacità di trasporto ‘riservata’ a chi compra il pacchetto completo di logistica con il global carrier è “una criticità che esiste da poco tempo ed è limitata ad alcuni operatori ma la preoccupazione riguarda il fatto che possa diventare una tendenza” spiega a SHIPPING ITALY il presidente Pitto a margine dell’assemblea di Spediporto. Non lo dice esplicitamente ma il riferimento sembra essere in particolare ai ‘primi della classe’, vale a dire Msc e Maersk, visto che quest’ultima in particolare da qualche mese ha relegato il rapporto con gli spedizionieri per prenotazioni e pagamento di noli marittimi a sistemi di comunicazione e di booking online. Discorso diverso, ma simile, riguarda vettori che privilegiano spedizionieri e caricatori che acquistano direttamente dalla compagnia di navigazione con incluso il ‘pacchetto completo’ del servizio door to door comprensivo anche del trasporto terrestre.
“Sono fenomeni che vengono da lontano, è vero, ma negli ultimi tempi hanno avuto un’accelerazione repentina agevolata anche dal fatto che i player del trasporto marittimo di container sono molti meno rispetto ad alcuni anni fa, hanno la possibilità di investire i profitti stellari che stanno facendo in questi anni e poi la tecnologia agevola ulteriormente fenomeni di disintermediazione. Oggi dunque con la tecnologia sono raggiungibili anche potenziali clienti, più piccoli, che in passato l’armatore difficilmente poteva servire ed erano appannaggio degli spedizionieri mentre adesso è diverso” è il ragionamento del presidente uscente di Spediporto (candidato alla poltrona di presidente della federazione nazionale degli spedizionieri Fedespedi come successore di Silvia Moretto).
Come si difende la casa di spedizioni ‘tradizionale’ in questo scenario? Questa la ricetta suggerita da Pitto: “Cercando di aumentare la propria dimensione e cercando di offrire servizi sempre meno standardizzati e sempre più professionali. Ad esempio sul tema dei servizi doganali negli ultimi anni secondo me negli ultimi anni c’è stata una grandissima svalutazione della figura dello spedizioniere perché, con il libero scambio delle merci, sembrava che le Dogane dovessero diventare quasi un raro incidente di percorso. Invece oggi si scopre che è sempre più difficile il commercio internazionale e secondo noi la componente professionale el’attività dello spedizioniere ritornerà sempre più centrale e le competenze non le puoi acquistare in un secondo”. L’altro suggerimento del presidente uscente di Spediporto ai colleghi per sopravvivere nello scenario di mercato attuale è quello di “offrire servizi sempre più a valore aggiunto. Non solamente comprare e vendere il nolo marittimo dunque ma offrire servizi di logistica, integrarsi anche noi lungo la catena del trasporto cercare di far percepire il valore aggiunto che possiamo dare ai nostri clienti”.
Durante la tavola rotonda organizzata dall’associazione degli spedizonieri genovesi è intervenuto sul tema delle presunte condizioni concorrenziali impari nella logistica terrestre anche Giulio Schenone, in rappresentanza dei terminalisti portuali genvoesi (e non), ricordando che “Feport porta avanti da tempo una battaglia di equità” e sottolineando che “i player sul mercato devono poter giocare con lo stesso mazzo di carte. Oggi l’integrazione verticale delle società armatoriali è ormai un datto di fatto” ha proseguito ancora Schenone, sottolineando il punto secondo cui “i global carrier dal punto di vista fiscale hanno un trattamento di favore”. Il riferimento è al tema dei benefici fiscali che in Italia il Registro Internazionale delle navi, attualmnete oggetto di estensione alle altre bandiere comunitarie, concede anche ai servizi ancillari al trasporto marittimo, fra cui appunto i trasporti pre e post-imbarco.
Il presidente di Assagenti, Paolo Pessina, non ha fatto mistero di essere in disaccordo con le parole di Schenone affermando che “l’integrazione verticale delle compagnie di navigazione è in atto già da molto tempo, fino ad oggi non ha inciso sulla concorrenza e un’ulteriore accelerata di questo processo da parte dei carrier è possibile a prescindere dai benefici fiscali”.
Anche Stefano Messina, presidente di Assarmatori, la pensa diversamente da Schenone e durante il suo intervento ha voluto sottolineare come il tema degli sgravi contributivi e fiscali riservati agli armatori italiani (e da domani accessibili anche alle navi battenti bandiera europea) non riguarda (ad oggi) Msc “ma altri gruppi come Messina, Grandi Navi Veloci, Moby, Snav, Grimaldi, d’Amico, Italia Marittima, ecc.”. Il timore di terminalisti e spedizionieri è però quello che un domani Msc (o altri vettori marittimi) possano, dedicando alcune navi appositamente al mercato italiano ed europeo, trovare il modo di accedere a questi sgravi fiscali e contributivi allargati al trasporto terrestre incrementando la posizione di vantaggio rispetto agli altri player di mercato attivi nella logistica retroportuale.
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