Porto di Ravenna: il progetto Hub cambia e fa spazio a un nuovo terminal
Una variante da 12 milioni di euro consentirà l’accelerazione della Fase 1, la ricollocazione dell’impianto di trattamento (in pole un’area Sapir) e l’utilizzo di banchine in Piallassa Piombone
“Non ci saranno ritardi rispetto al cronoprogramma, ma anzi contiamo di anticipare i tempi: i fondi per la Fase 2 del progetto Hub rinvengono dal Pnrr (in larga parte: 130 milioni di euro su 192 o 232 se si arriverà a 15,5 metri di profondità, ndr) e occorre quindi spenderli prima della fine del 2026”.
Esordisce così Daniele Rossi, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Centro-Settentrionale (Ravenna), che SHIPPING ITALY ha interpellato a valle di alcuni atti assunti recentemente dall’ente, destinati a cambiare la fisionomia del progetto di escavo e relativo adeguamento delle banchine dello scalo romagnolo.
Come è noto la prima Fase, suddivisa in due appalti (uno da circa 200 milioni di euro per dragaggi e adeguamento di alcune banchine e l’altro da quasi 40 per il restyling degli altri moli) è partita pochi mesi fa, mentre i lavori del primo stralcio (ulteriore approfondimento dei fondali) della seconda (37 più eventuali 40 milioni di euro) sono appena stati aggiudicati. Quanto al quarto stralcio, come rivelato dalla nostra testata, un mese fa (10 maggio) Adsp ha affidato a un nuovo progettista (“per esigenze di rotazione degli appaltatori” precisa Rossi) una revisione del progetto inerente alla realizzazione di un impianto di trattamento dei fanghi di dragaggio.
Coerentemente alla delibera, Rossi ribadisce che “in sostanza si tratta solo di un riposizionamento”, di cui ora vengono meglio precisate le ragioni: “L’area dove doveva sorgere l’impianto è ideale per realizzarvi un terminal, trattandosi di circa 10 ettari banchinabili. Dato che c’è molta richiesta, non potevamo sacrificare un’area già attrezzata a diventare un terminal, che si presta in particolare ad ospitare attività industriali con necessità di sbocco a mare. Penso ad esempio a produzione e imbarco di produzioni meccaniche e impiantistica”. Una gara chiarirà quanti e quali operatori vorranno insediarsi in quella nuova fetta di porto.
Da qui il dubbio che lo slittamento della realizzazione dell’impianto di trattamento potesse comportare problemi per il cronoprogramma, dato che l’avvio dei dragaggi della Fase 2 è in calendario per il 2023, legato a doppio filo all’entrata in funzione dell’impianto. Secondo Rossi, però non si avranno ritardi. E questo grazie ad una accelerazione della Fase 1, resa possibile da una miglioria progettuale che il presidente svela oggi in esclusiva a SHIPPING ITALY, ancora non contenuta nel progetto esecutivo redatto a dicembre, nel quale l’unica accelerazione possibile del ciclo di gestione dei sedimenti (dragaggio-conferimento alla cassa di colmata Nadep-svuotamento-destinazione finale) constava nell’intervenuta disponibilità di due ulteriori casse di colmata non contemplate nei precedenti step progettuali (Centro Direzionale e Via Trieste), cui lo stesso Rossi accennò a fine febbraio.
“Con l’appaltatore abbiamo messo a punto una nuova tecnica di dragaggio che accorcerà sensibilmente i tempi (erano previsti 102 mesi per Fase 1, ndr). I fanghi non andranno più in Nadep e non dovranno più trascorrervi mesi, ma saranno asciugati e resi compatibili con la destinazione finale in poche settimane grazie al conferimento in apposite vasche di colmata di nuova concezione realizzate ad hoc e collocate in apposita area sita nel Canale Piombone in Penisola Trattaroli” dettaglia il presidente di Adsp.
Naturalmente la novità non sarà gratuita: “È stata in effetti approvata una variante (ancora non pubblicata, ndr), che contempla però anche altri ritocchi e che vale una dozzina di milioni di euro” dice Rossi.
Al conto si aggiungerà quanto l’Adsp dovrà pagare per acquisire l’area su cui ricollocare l’impianto di trattamento. Il 30 maggio scorso l’ente ha conferito a Ernst&Young Advisory un incarico da 20mila euro per valutare un terreno privato offerto alla bisogna. Si tratta di spazi adiacenti a quelli demaniali originariamente previsti (Carni), anch’essi parte dell’area denominata Lottizzazione Ovest Piomboni, appartenenti a Sapir e attualmente locati alla stessa Adsp. E che Sapir ha offerto in risposta a una ricerca attivata dall’ente pochi mesi fa (che in Consiglio Comunale Rossi aveva però giustificato con lo scopo di collocarvi pannelli solari nell’ambito di un differente progetto candidato al bando Green Ports del Ministero della Transizione Ecologica, ad oggi ancora lungi dal concretizzarsi).
A ciò si aggiunge infine un altro dettaglio. Per la realizzazione dell’impianto (appalto da 155 milioni di euro) l’Adsp aveva già avviato una procedura pubblica lo scorso autunno, che è andata naturalmente avanti fino alla definizione di vere e proprie offerte, solo nelle ultime settimane superate dalle novità appena descritte.
Così il giorno successivo, il 31 maggio, Adsp ha deliberato, sulla base di relazioni dei tecnici dell’ente datate 16 e 25 maggio, la “non sussistenza delle condizioni per riconoscere fattibili e rispondenti all’interesse pubblico le proposte” che erano state presentate da tre aspiranti appaltatori (Renco Spa; l’Rti composto da Consorzio Stabile Te.Co. Spa, Consorzio Ciro Menotti Scpa, Ireos Spa e Intercantieri Spa; l’Rti formato da Herambiente Spa, Dec – Deme Environmental Contractors NV, Società Italiana Dragaggi Spa). Da vedere quindi che questi ultimi accettino il verdetto che ne ha vanificato il lavoro di mesi, anche considerata la posteriorità delle relazioni che lo hanno determinato rispetto alla decisione del 10 maggio di ricollocare l’impianto.
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