Silva: “Anche con una diga più corta si rischia il collasso alla prima mareggiata”
L’esperto commenta l’orientamento annunciato dall’Autorità di Sistema Portuale genovese a valle della gara deserta puntando il dito sulla tecnica di consolidamento e sull’incertezza della tenuta del fondale
Riceviamo e volentieri pubblichiamo di seguito un intervento di Piero Silva, l’ingegnere idraulico con 40 anni di esperienza in porti di mezzo mondo e 15 da docente universitario in Francia che, nel marzo scorso, si dimise da direttore tecnico del project management della nuova diga foranea di Genova, dopo che la stazione appaltante lasciò cadere nel vuoto tutti i suoi rilievi al progetto e, soprattutto, la proposta di un’alternativa che avrebbe rimediato alle principali problematiche riscontrate.
I primi passi del Commissario dopo la gara andata deserta (accorciamento della diga limitato a 300 metri e ulteriore apporto di fondi) non vanno verso la soluzione del problema più grave, che è quello del rischio di collasso geotecnico dell’opera. Nel tracciato del Pfte infatti la diga non solo arriva alla profondità proibitiva di 50m (da notare che oltre i 40m ormai la professione è avviata a mettere in atto soluzioni innovanti, come quella di cassoni su jackets) ma soprattutto sarebbe fondata su uno strato limo-argilloso totalmente inconsistente, per uno spessore superiore ai 10 metri sulla maggior parte dell’opera.
Paradossalmente la zona dove avrebbe luogo l’accorciamento è quella dove lo spessore è meno critico.
In questa situazione è necessario consolidare questo strato inconsistente, oppure dragarlo e sostituirlo con materiali lapidei, per evitare il rischio, gravissimo, di un collasso globale per scivolamento sui materiali limo-argillosi, disastro questo più volte realizzatosi nella storia delle opere marittime (tra cui anche a Sibari in Calabria). Le immagini di seguito riguardano il collasso della diga di Malaga, il cui fondale – non ben consolidato – aveva caratteristiche simili a quello di Genova.
La seconda ipotesi è però irrealizzabile a Genova per il suo impatto ambientale: dove sversare quasi 10 milioni di m3 di materiale fino, inadatto a qualsiasi riempimento?
Resta quindi la consolidazione, che è la soluzione prevista dalla Pfte: la realizzazione di una griglia regolare di colonne cilindriche riempite di ghiaione, le “colonne ballastate” in gergo. Il problema è che questo tipo di consolidazione è normalmente realizzata a terra o su fondali poco profondi: le profondità massime raggiunte, riportate nella letteratura scientifica, sono quelle della diga di Patrasso in Grecia (massima -27m)
È opinione unanime dei geotecnici marittimi da me consultati che le colonne ballastate sarebbero, a una profondità superiore ai 40-45 metri, impossibili a controllare, nessun palombaro scende a tali profondità. Il rischio, gravissimo, è quello di realizzare davanti a Genova la diga su fondali in realtà non consolidati: un’opera soggetta ad un collasso globale alla prima mareggiata importante, quando la diga trasmetterà ai fondali limo-argillosi sollecitazioni notevoli.
Non tener conto di questo rischio non è responsabile: limitarsi a limare la lunghezza della diga e aumentare l’importo non affronta questo rischio
Né il progettista né il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici possono garantire (d’altra parte non lo fanno) che la consolidazione con colonne ballastate a -45m sarà fatta in modo efficace e risolutivo. La sola soluzione, già da me proposta nel mio rapporto di maggio, è la modifica del concetto progettuale, che porti l’opera su profondità dove la consolidazione geotecnica può essere eseguita con successo cioè entro i 30 metri.
Ciò è possibile passando da un concetto a doppio canale (e diga a -50m) a un concetto a canale unico (e diga entro i -30m). Il ché avrebbe ulteriori vantaggi: dimezzare tempi e costi; rendere disponibili dimensioni nautiche sicure (canale di 300m e cerchio di evoluzione di 800m) non solo alle grandi portacontenitori di calata Bettolo (400m) ma anche alle porta contenitori di calata sanità (370m) e alle navi da crociera (340m) che nel concetto del Pfte devono accontentarsi delle modeste dimensioni attuali (canale di 200m e cerchio di 550m); permettere di realizzare nuove infrastrutture (cantieri per grandi yacht a terra rispetto al nuovo canale e terminale per rinfuse liquide, magari uno smart LNG, sul lato interno della nuova diga).
Ma ciò è già mostrato nel mio rapporto del maggio 2022.
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