Itf (Ocse) indica ai Governi la rotta da seguire per riequilibrare il trasporto marittimo di container
Un rapporto curato da Olaf Merk sulle disruption della supply chain propone alcune correzioni e suggerisce ai governi a una maggiore vigilanza sulla concorrenza
Dando seguito a quanto annunciato nel corso della recente assemblea di Fedespedi da parte dell’economista Olaf Merk, l’International Tranport Forum, think tank facente capo all’Ocse, ha pubblicato il report “Performance of maritime logistics”, dedicato alla disamina delle problematiche emerse nella catena logistica del trasporto internazionale di container a partire dall’inizio del 2020.
“Il prezzo del trasporto di container è aumentato notevolmente dall’inizio del 2020. Le tariffe spot erano in media circa sei volte superiori alla fine del 2021 e le tariffe di lungo periodo 2,9 volte superiori. Tuttavia, questi numeri sottovalutano l’aumento dei costi del trasporto di container. I caricatori devono far fronte a una serie di supplementi aggiuntivi e maggiori commissioni per controstallie e detention. Nello stesso periodo, l’affidabilità degli orari delle navi è diminuita dal 65% al 34%, il che significa che due navi su tre arrivano in porto con almeno un giorno di ritardo rispetto all’orario previsto. Inoltre, sono aumentate anche le cancellazioni portuali non programmate” riassume nell’incipit il report di cui è autrice anche l’italiana Antonella Teodoro.
“Il tempo di consegna delle navi nei porti della Repubblica popolare cinese e degli Stati Uniti è raddoppiato dall’inizio del 2020, mentre in Europa è aumentato di meno del 15%. Molti paesi in Europa, America Latina e Africa subsahariana hanno visto un minor numero di collegamenti di linea diretti a seguito della riconfigurazione delle reti di navigazione di linea. Queste difficoltà, oltre alla pressione sulla capacità logistica portuale e interna, nonché alla carenza di manodopera legata al Covid-19, hanno minato i modelli commerciali e logistici just-in-time. La natura globalizzata del trasporto di container ha provocato problemi nella catena di approvvigionamento locale che si sono riversati in altre regioni e hanno creato difficoltà a livello mondiale. Gli spedizionieri e i caricatori in Europa devono far fronte a aumenti esponenziali delle tariffe di trasporto marittimo da e verso l’Europa e a crescenti difficoltà a prenotare lo spazio merci, anche se in Europa la domanda di spedizione di container è sostanzialmente piatta e la congestione portuale è trascurabile” espone ancora il paper.
Che, nel prosieguo, individua i liner come responsabili della suddetta situazione: “Le compagnie di spedizione di container globali hanno utilizzato strategie di gestione della capacità per spostare la capacità delle navi verso rotte commerciali transpacifiche al fine di soddisfare la crescente domanda di beni di consumo negli Stati Uniti. Le politiche pubbliche hanno facilitato questa situazione. Le autorità di regolamentazione hanno consentito ai vettori di utilizzare accordi di cooperazione per gestire congiuntamente la capacità della flotta. Questa opzione è diventata l’elemento principale di coordinamento tra le compagnie di navigazione a seguito delle iniziative normative nell’Unione Europea e negli Stati Uniti nei primi anni 2000 per vietare la fissazione congiunta dei prezzi nelle conferenze marittime. Le aspettative secondo cui questo intervento avrebbe stimolato la concorrenza sui prezzi e la riduzione dei prezzi di spedizione sono state tuttavia scompaginate dalle tariffe di trasporto record dal 2020. Grazie a queste tariffe di trasporto, il margine di profitto operativo delle dieci maggiori compagnie di trasporto di container ha raggiunto una stima di 160 miliardi di dollari nel 2021, una parte sostanziale del quale è stata utilizzata per finanziare acquisizioni nel settore delle spedizioni e della logistica per procedere con integrazioni verticali”.
Delineato lo scenario e le sue cause, il report curato da Olaf Merk contiene una serie di auspici e indicazioni a legislatori e regolatori.
“I governi dovrebbero rafforzare la loro capacità di monitorare la concorrenza nel trasporto marittimo. Le autorità garanti della concorrenza dovrebbero rafforzare la cooperazione transfrontaliera, poiché le loro azioni sono interdipendenti. Gli attuali accordi istituzionali per la concorrenza nel trasporto marittimo di linea non hanno portato a stabilità dei prezzi, prezzi più bassi o maggiore concorrenza. È necessaria una riconsiderazione per garantire una scelta sufficientemente ampia di operatori e servizi affidabili. Gli accordi di concorrenza per il trasporto marittimo di linea potrebbero limitare la gestione congiunta della capacità da parte dei vettori per favorire una maggiore concorrenza tra di loro”.
Come noto, per Merk è da attenzionare anche la concorrenza che i vettori marittimi fanno agli operatori terrestri anche grazie ai benefici fiscali di cui godono: “La continua integrazione verticale dell’industria del trasporto marittimo di container pone nuove sfide per la regolamentazione della concorrenza. Le compagnie di navigazione possono utilizzare le loro esenzioni dalla legge sulla concorrenza in molte giurisdizioni e la loro influenza come vettori per acquisire vantaggi competitivi nei mercati in cui ora competono direttamente con gli spedizionieri, i fornitori di servizi portuali o gli operatori logistici che non hanno tali esenzioni dalla legge sulla concorrenza. Le autorità di regolamentazione dovrebbero garantire una concorrenza sufficiente nei mercati portuali e logistici di terra in cui sono entrati i vettori di container marittimi”.
Per queste ragioni “i governi dovrebbero mettere in atto misure per rendere più trasparenti i vari supplementi riscossi dalle compagnie di navigazione marittima. Una misura potrebbe essere la creazione di elenchi di supplementi accettati e requisiti su come calcolarli. L’onere della prova per giustificare i supplementi dovrebbe essere a carico del vettore, piuttosto che degli spedizionieri, che ora spesso devono dimostrare che questi sono privi di giustificazione. Le spese di controstallie e di detenzione dei contanitori riscosse ai caricatori per agevolare i flussi di trasporto nei porti dovrebbero essere rese più efficaci assicurando che siano correlate ai costi sostenuti. Dovrebbero essere addebitati solo se i caricatori e gli spedizionieri possono porre rimedio alla situazione, non laddove altri siano responsabili”.
Un miglior utilizzo dei dati disponibili e una maggiore consapevolezza della strategicità dei trasporti marittimi dovrebbero inoltre informare l’azione dei decisori pubblici: “Il trasporto in container beneficerà di migliori informazioni sulle sue performance, in particolare attraverso un benchmarking dell’efficienza delle interfacce tra i diversi attori della catena logistica. I governi potrebbero adottare la serie completa di indicatori sviluppati dall’Internatonal Transport Firum insieme alle parti interessate del trasporto marittimo e raccogliere dati pertinenti per alimentarla. I governi dovranno articolare chiaramente le loro aspettative per il trasporto di linea e delineare come raggiungerle. Considerando il loro sostanziale sostegno all’industria marittima, i governi sono in grado di aspettarsi che le compagnie di navigazione forniscano il valore strategico che dovrebbero fornire. I governi potrebbero chiarire che il loro sostegno dipendeva dalla continua prova di questo valore strategico”.
Last but not least, il focus su quella che in Italia è decisamente la problematica più grave: l’addebito in massima parte alla finanza pubblica invece che all’utenza del costo dell’infrastrutturazione portuale. “La copertura dei costi delle infrastrutture marittime pubbliche è attualmente bassa. Nell’Unione Europea, i vettori contribuiscono solo per il 4% al costo del finanziamento e della manutenzione delle infrastrutture nei porti e nei canali interoceanici. In genere, i vettori pagano solo una frazione di questi costi e meno che in tutti gli altri modi di trasporto. I porti causano anche notevoli esternalità negative (ad esempio a causa dell’inquinamento atmosferico provocato dalle navi). Per risultati di politica pubblica più efficienti, i governi dovrebbero recuperare una quota maggiore dei costi infrastrutturali tramite canoni e oneri”.
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