Carenza marittimi: gli armatori di Aiatp se la prendono con il Ministero
Nel mirino del presidente Gambardella le modalità con le quali il Ministero ha recepito le direttive europee in materia di formazione e certificazione della gente di mare
“Non ci sorprende affatto che la situazione sia esplosa, lo avevamo previsto da tempo e lo abbiamo denunciato formalmente più volte al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili nel corso degli ultimi due anni. Ma il Ministero, anziché affrontare seriamente il problema, si è limitato ad andare avanti a colpi di autorizzazioni e proroghe temporanee all’imbarco con titolo immediatamente inferiore, palliativo che oggi si sta rivelando del tutto inadeguato per la crescente carenza di personale della gente di mare”. A dirlo è Salvatore Gambardella, presidente della Associazione Italiana Armatori Trasporto Passeggeri (Aiatp) che riunisce 200 imprese di navigazione operanti su tutto il territorio nazionale con navi minori nel settore del trasporto turistico di persone in mare e in acque interne. Rappresenta una flotta complessiva di 900 navi e 6.500 unità lavorative di equipaggio imbarcate.
Aiatp punta il dito in particolare contro le “miopi modalità con le quali il Ministero ha di volta in volta recepito le direttive europee in materia di formazione e certificazione della gente di mare”. Più nel dettaglio il presidente Gambardella dice: “Il Ministero non ha mai voluto sfruttare le opportunità espressamente previste dalla convenzione Stcw e dalle discendenti direttive europee per escludere dal loro campo di applicazione il personale marittimo operante su navi che effettuano la navigazione esclusivamente sotto costa, trincerandosi dietro una aprioristica e sempre più abusata esigenza di sicurezza. Un’esigenza di sicurezza ingiustificatamente estremizzata e divenuta ormai un vero e proprio slogan politico da spendere a prescindere. Tutto questo ha finito per ingessare il sistema italiano e disincentivare l’accesso alla professione, mentre altri Paesi dell’Unione Europea hanno lavorato molto più sapientemente escludendo dall’ambito di applicazione della Stcw e delle discendenti direttive europee il personale marittimo impiegato a bordo di navi che operano esclusivamente all’interno delle 12 miglia di distanza dalla costa”.
Secondo l’associazione, “in mancanza di una repentina inversione di tendenza, il sistema italiano rischia di collassare in modo irreversibile. La sicurezza della vita umana in mare e più in generale della navigazione e dell’ambiente sono certamente valori da tutelare, ma le istituzioni devono rendersi conto che la tutela deve essere sempre ragionevole e proporzionata rispetto alle diverse tipologie di navigazione. Non si può continuare a chiedere in modo indiscriminato al personale navigante una certificazione Stcw costosissima per l’elevato numero di corsi da frequentare e che potrebbe invece essere non necessaria rispetto ad alcune tipologie di navigazione”.
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