Presentate due (ma potevano essere tre) offerte per costruire la nuova diga di Genova
L’Adsp annuncia il prosieguo dell’iter con le due cordate già note; Bouygues invece si sfila. Fra extrafinanziamenti statali e prestito Bei ancora incerta la modalità di copertura del surplus chiesto dai costruttori
Come preannunciato, ieri l’Autorità di Sistema Portuale di Genova ha ricevuto le proposte delle due cordate che avevano manifestato interesse a partecipare alla procedura negoziata per la realizzazione della nuova diga foranea del capoluogo ligure, dopo aver ‘bucato’ la scadenza del 30 giugno per la presentazione delle offerte.
A renderlo noto è stato lo stesso ente: “I due raggruppamenti Webuild (capofila con Fincantieri, Fincosit e Sidra) e Consorzio Eteria (con Gavio, Caltagirone, Acciona e Rcm) hanno inviato nella tarda serata di ieri, 26 luglio, le rispettive proposte tecniche economiche per la costruzione della nuova Diga di Genova. Il prossimo passo, a stretto giro, sarà la valutazione del contenuto tecnico delle proposte da parte di un collegio indipendente di esperti”. La nomina di questo collegio è attesa nelle prossime ore.
Sfumata, quindi, la possibilità che soggetti diversi da quelli che avevano risposto all’invito alla procedura negoziata si inserissero: “Se la procedura fosse rilanciata a delle condizioni differenti, basandola cioè su una concezione progettuale diversa, che permetterebbe anche un costo inferiore, penso che la prenderemmo in considerazione. Ma non pare questo l’opzione privilegiata” ha dichiarato a SHIPPING ITALY Benoit Lange, direttore commerciale del colosso francese Bouygues, il cui nome era apparso alcuni giorni fa in un’agenzia Ansa come possibile ulteriore soggeetto inteerssato alla realizzazione dell’opera.
La circostanza della mancata offerta lo scorso 30 giugno dovrebbe essere legata all’importo disponibile per l’opera, 950 milioni di euro (con base negoziale a 929), ritenuto insufficiente dalle due cordate malgrado il già avvenuto aggiornamento (36 milioni di euro aggiuntivi) all’ultimo prezzario regionale redatto a febbraio. Il recente ‘decreto Aiuti’ ha però stabilito che eccezionalmente le Regioni lo aggiornino (entro la fine del mese, quello ligure sarebbe in predisposizione), stanziando un fondo da 7,5 miliardi di euro per una serie di opere (fra cui la diga) che dovessero avere bisogno di risorse maggiori di quelle disponibili. Le modalità di accesso al Fondo vanno però definite con un decreto del presidente del consiglio da emanarsi entro fine agosto: un affare corrente? “Difficile dirlo. Ma, se consideriamo che sono opere connesse al Pnrr, direi di sì” risponde Lorenzo Cuocolo, ordinario di diritto pubblico comparato dell’Università di Genova.
Nel dubbio, in un’intervista a La Repubblica, il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti ha ipotizzato come fonte di ulteriore finanziamento (si parla di richieste, da parte delle due cordate, di circa 2/300 milioni di euro in più, sebbene né loro né la stazione appaltante abbiano mai dettagliato pubblicamente per che cosa e a fronte di quali problematiche del progetto di fattibilità tecnico-economica) l’ampliamento del mutuo contratto dall’Adsp.
Il riferimento è al prestito della Banca Europea degli Investimenti da 300 milioni di euro recentemente sottoscritto, destinato per 264 milioni a coprire la realizzazione della diga. Da capire se e come il prestito sia utilizzabile. La Bei infatti prevede che l’appalto finanziato sia rispettoso (anche) della direttiva europea 25/2014 in materia di appalti: in base (art.50) a questa direttiva recepita dal nostro Codice degli Appalti la “procedura negoziata senza previa indizione di gara” è utilizzabile solo in casi di “estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili dall’ente aggiudicatore” o quando “non sia pervenuta alcuna offerta a una procedura con previa indizione di gara”. Due fattispecie evidentemente diverse dal caso di specie.
Tuttavia la posizione della Bei, che a dicembre aveva puntualizzato che “la possibilità di considerare accettabile la procedura negoziata prevista sarebbe stata valutata in una fase successiva”, oggi pare possibilista, sulla base del percorso derogatorio previsto per le opere come la diga: “Secondo il Mims, le procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal Pnrr e dal Pnc (il fondo complementare in cui rientrano diga e altre opere portuali, nda) e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, in deroga alla normativa applicabile, è stata prevista (art. 48, comma 5, della legge. n. 108/2021) la possibilità di bandire un appalto integrato semplificato ponendo a base di gara il progetto di fattibilità tecnica ed economica. Tale deroga è destinata ad opere e interventi finanziati dall’Unione europea, nel cui quadro opera la Bei. In questo contesto, la diga è stata inserita tra le ‘opere pubbliche di particolare complessità o di rilevante impatto’ per le quali il Pnrr (articolo 44 del DL 77/21 (All. 7)) prevede una procedura speciale di appalto integrato complesso in cui: il progetto di fattibilità tecnica ed economica (I livello progettuale) viene autorizzato con un iter accelerato, anche in materia di Via; l’affidamento viene effettuato su detto livello progettuale: l’appalto in tal modo comprende anche lo sviluppo del progetto definitivo ed esecutivo, oltre ai lavori”.
La nota odierna dell’Adsp ha intanto suscitato la reazione di Enrico Giovannini, ministro uscente delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, che ha detto: “La partecipazione di due importanti raggruppamenti alla nuova gara per la realizzazione della diga foranea di Genova è una notizia molto positiva, che consente di procedere verso la realizzazione di un’opera fondamentale. Mi auguro che le valutazioni tecniche ed economiche possano essere effettuate al più presto per arrivare rapidamente all’avvio delle attività”.
Rimane scettico invece Piero Silva, l’ex responsabile della direzione tecnica del project management dell’opera, dimessosi in polemica con la port authority di Genova per il rifiuto di valutare alternative a un progetto a sua modo di vedere concettualmente sbagliato e tecnicamente quasi irrealizzabile se non con costi e tempi maggiori di quelli preventivati: “Presumibile che buona parte del rialzo del costo sia legato al maggior quantitativo di rocce che le cordate devono ritenere necessarie al consolidamento di un terreno instabile come quello interessato dal progetto voluto da Adsp. Usare più rocce, però, non ridurrà il rischio di collasso, ma moltiplicherà quello di dispersione di torbidità, costerà molto di più e allungherà ulteriormente i tempi in caso non crolli tutto prima. Il tutto quando tutti sono perfettamente coscienti che un’ottima alternativa, con diga costruita su fondali a -30 metri invece che a -50, sarebbe perfettamente possibile. Senza aumento di costi, cioè con 900 milioni, e di tempi (8 anni invece che 15-25), con impiego di solo 2 milioni di tonnellate di rocce (non le 11 previste ora destinate ad aumentare). E che sarebbe veramente utile al porto”.
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