Anche Fusina diventa pienamente disponibile per le crociere veneziane
Le navi potranno approdare anche nella Darsena Sud, per quanto realizzata con la Via scaduta e malgrado il sequestro di alcune aree da parte della magistratura
Le navi da crociera, almeno quelle lunghe fino a 250 metri, guadagnano altri due ormeggi per approdare a Venezia, orfana da quasi un anno della Stazione Marittima, dopo l’interdizione decisa dal Governo per unità sopra le 25mila tonnellate di stazza lorda alla navigazione nel Bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca, uniche vie per raggiungere la Stazione Marittima.
In attesa della chimerica soluzione offshore e della realizzazione di un nuovo terminal nel Canale Industriale Nord, fra gli approdi alternativi per la cui individuazione il Governo uscente aveva dato poteri commissariali al presidente dell’Autorità di Sistema Portuale Fulvio Lino Di Blasio, oltre a quelli presso i terminal container di Marghera, subito era emersa la possibilità di utilizzare il terminal ro-ro di Fusina, gestito da Venice Ro-Port Mos, tanto più che alla Darsena Nord, si era da poco aggiunta la Darsena Sud, collaudata nel maggio 2021, che avrebbe facilitato il compito di non interferire troppo col traffico ro-pax del concessionario.
Come detto, però, tale soluzione si è sbloccata solo oggi, in ragione di un intoppo rimasto finora sconosciuto. Gravati i lavori di realizzazione da noti ritardi, la Darsena Sud è stata resa disponibile – mancano ancora lavori di finitura come pavimentazioni e impianti di illuminazione – solo nel 2021, 4 anni dopo la scadenza dell’autorizzazione rilasciata nell’ambito della procedura di Valutazione d’impatto ambientale dal Ministero competente (oggi della Transizione ecologica), dettaglio che l’ha resa finora inservibile.
Così nel febbraio scorso Di Blasio, avviando la procedura per una nuova Via, ha chiesto alla competente Direzione del Mite di consentire, nelle more, “alla prosecuzione dei lavori che residuano nonché delle attività connesse all’esercizio della Darsena Sud (così come collaudata in data 31 maggio 2021) nel rispetto di tutti i canoni di sicurezza richiesti dalla norma, con riguardo agli eventuali rischi sanitari e ambientali”.
Richiesta, come accennato, accolta, dalla preposta Direzione del Mite, ricordando di aver per legge facoltà di “consentire la prosecuzione dei lavori o delle attività a condizione che tale prosecuzione avvenga in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale”. E, evidentemente, non ritenendo “rischiosi” gli elementi problematici pur rilevati (fino al dissenso manifesto) da diverse delle altre istituzioni coinvolte nell’istruttoria.
Arpa e Capitaneria, infatti, hanno ricordato come nel frattempo, quest’ultima abbia “eseguito un Decreto di Sequestro Preventivo di oltre 70.000 m3 di terre da scavo miste a sedimenti e rifiuti speciali divenute per modalità di conservazione e deposito rifiuto (e delle aree su cui sono abbancati, nda). (…) Tali terre e sedimenti, provenienti dallo scavo della Darsena Sud del Terminal Autostrade del Mare Piattaforma Logistica Fusina, erano state oggetto di valutazione nella Via del 11.12.2012 scaduta nel successivo 2017 e prodotte a Via scaduta nel 2018, e sarebbero dovute essere utilizzate (secondo il progetto di bonifica) per la realizzazione dei piazzali e delle aree del Terminal”.
E il Provveditorato ha ricordato di aver lo scorso luglio, “a causa delle inadempienze accertate”, revocato l’autorizzazione allo scarico delle acque meteoriche rilasciata nel 2018 (per la Darsena Nord), tanto che il terminal ha dovuto temporaneamente interrompere l’attività ro-ro e fornire all’ente una relazione per la regolarizzazione della pratica.
Un insieme di problematiche che porta a inizio luglio l’altra Direzione ministeriale interessata dalla procedura (Direzione uso sostenibile del suolo e delle risorse idriche) a “non poter esprimere, allo stato, parere favorevole all’istanza di cui in oggetto. Si ritiene infatti preliminare attendere gli esiti del ‘Piano di indagine per la gestione dei cumuli abbancati’, così come richiesto dall’Autorità Giudiziaria in sede di sequestro dell’area, al fine di escludere nuovi eventi di contaminazione che andrebbero a modificare il quadro ambientale e il modello concettuale del sito e, di conseguenza, la valutazione dei rischi sanitari ambientali dell’area”.
Accertato dalla Capitaneria “che, per quanto riguarda gli aspetti tecnico-nautici, la banchina può essere utilizzata sia dal punto di vista della safety che della security” (è la relativa ordinanza a stabilire la lunghezza massima di 250 metri e il pescaggio di 9,2 metri) la Direzione per le Valutazioni Ambientali del Mite ha però dato l’ok.
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