Armatori e caricatori sull’ipotesi d’innalzamento della tonnage tax per i liner
Per il Global Shippers Forum le imposte versate dagli armatori sono pari a ‘errori da arrotondamento’
Il riaffacciarsi del dibattito sui (troppo scarsi) livelli di tassazione cui sono sottoposte le compagnie marittime di trasporto container che usufruiscono del regime della tonnage tax ha come prevedibile suscitato l’alzata di scudi dei diretti interessati.
A distanza di un giorno dalla pubblicazione su Splash 24/7 di un articolo piuttosto critico sul tema (basato su analisi e considerazioni di Sea-Intelligence), il World Shipping Council, associazione che riunisce la categoria degli armatori a livello globale, ha replicato fermamente alle accuse.
I diversi regimi di tonnage tax si basano sul tonnellaggio delle navi e non sugli utili prodotti, ha ricordato il presidente del Wsc John Butler: “Ciò significa che negli anni redditizi i livelli delle tasse sui vettori in termini percentuali risulteranno relativamente bassi, mentre negli anni con margini bassi o con perdite, questi saranno relativamente alti poiché le tasse vengono pagate in gran parte indipendentemente dai livelli di profitto”. Secondo la testata, per valutare la bontà dell’impostazione del regime di tonnage tax in conclusione si potrebbe considerare un orizzonte temporale di 10 o 20 anni, dato anche che secondo una analisi di McKinsey i liner prima degli ultimi, redditizi, anni, avevano complessivamente registrato perdite per 100 miliardi di dollari in un ventennio.
Nel frattempo, al coro delle voci critiche rispetto all’applicazione della tonnage tax per i liner, si è andata ad aggiungere (anche qui, prevedibilmente) quella di James Hookham, a capo del Global Shippers Forum. Richiamandosi implicitamente all’idea espressa da Olaf Merck (a capo dell’International Transport Forum dell’Ocse), che ipotizzava l’introduzione di una aliquota fissa a livello internazionale, ha paragonato la posizione degli armatori a quella di giganti tecnologici come Amazon e Facebook, per i quali però l’imposta minima globale (su cui si sono accordati 136 paesi Oces) prevederà una tassazione del 15%.
A confronto, le compagnie di navigazione “stanno pagando importi da errori di arrotondamento”, ha detto al riguardo Hookham, che ha poi invitato gli osservatori ad allargare lo sguardo valutando anche sussidi, sovvenzioni ed esenzioni di cui le compagnie marittime godono. Date le aspirazioni di molte di loro di crescere ancora e diversificare le loro operazioni “il minimo che i governi nazionali possono fare è rivalutare urgentemente il supporto e le agevolazioni fiscali” ha concluso.
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