In risalita i livelli del fiume Reno che ha bloccato alcune catene logistiche
Apprensione in Germania per la navigabilità della via d’acqua, messa fuori gioco nei giorni scorsi dalla siccità
La Germania e non solo guarda con timida fiducia ma ancora una certa dose di apprensione al fiume Reno, il cui livello potrebbe già da domani tornare a toccare (nel punto in cui è misurato) i 148 centimetri.
Il fiume, arteria logistica primaria per gli approvvigionamenti di aziende e centri di produzione di energia del Centro Europa (nonché fattore competitivo non irrilevante per alcuni scali italiani), è già risalito sabato scorso a quota 47 centimetri, dopo i 35 del giorno prima, quota a cui si era giunti per l’effetto del clima estremamente caldo raggiunto durante l’estate e che rendeva impossibile per le chiatte navigare anche se completamente prive di carichi a bordo.
La rilevazione, effettuata dall’autorità federale tedesca per le vie d’acqua e lo shipping a Kaub, un ‘collo di bottiglia’ a ovest di Francoforte, non misura – chiarisce l’agenzia di stampa Bloomberg, cui si deve questo l’aggiornamento – la profondità del fiume (che può essere anche maggiore) ma dà un riscontro sulla sua navigabilità. Sopra i 40 cm, sottolinea, il trasporto via chiatta torna a essere possibile e con livelli di carico tali da renderlo economicamente sensato. Nel frattempo dal fiume è stata anche rimorchiata via la barge che si era bloccata mercoledì scorso per un problema tecnico che aveva costretto le autorità a fermare ogni tipo di traffico commerciale.
Anche se (forse) ora in via di risoluzione, la vicenda ha intanto messo a nudo alcune delle fragilità del sistema logistico e quindi economico tedesco. L’impossibilità di effettuare trasporti sul Reno, anche di carbone, secondo alcuni analisti ha contribuito all’innalzamento del prezzo del gas naturale e ad accelerare le spinte inflazionistiche.
La crisi della via d’acqua ha mostrato, di rimando, anche le difficoltà del sistema ferroviario che non è stato in grado di assorbire la domanda in più e, secondo l’associazione degli spedizionieri locale, si confronta storicamente con carenza di personale, scarsi investimenti e rallentamenti per lavori in corso.
Tra le aziende che hanno risentito della crisi del Reno ci sono Shell, con la sua raffineria costretta a tagliare la produzione, mentre Ford ha dovuto ridurre i carichi di veicoli trasportati via chiatta da Colonia, compensandoli con un aumento di frequenza dei viaggi. Stop alla produzione sono stati disposti anche da colossi industriali come Basf e Thyssenkrupp.
Mentre il dibattito sul caro-gas (compresi possibili razionamenti e ricerca di alternative) in Germania è piuttosto acceso, l’eventualità che si ripresentino livelli bassi del Reno preoccupa anche perché il paese si accinge a importare quest’anno un totale di 35 milioni di tonnellate di carbone contro le 27 del 2021. Un eventuale dirottamento su treno di una parte di questo carico ne aumenterebbe di molto i costi.
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