Giovannini, il “reshipping” e un mandato che volge al termine senza grandi risultati
Al Meeting di Rimini il vertice del dicastero ha affidato alle regioni e agli enti locali la speranza di un coordinamento nell’assegnazione dei finanziamenti infrastrutturali
Alle prese con il “disbrigo degli affari correnti” in attesa del ritorno alle urne previsto per il prossimo 25 settembre e la formazione di un nuovo Governo, il ministro delle Infrastrutture e della mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini, è intervenuto alle 43ma edizione del Meeting di Rimini dove ha partecipato al panel sul tema “Mare nostrum: il Mediterraneo, nuovo nodo di connessioni”.
La sintesi del suo intervento, riassunta e postata dallo stesso dicastero romano con il titolo ‘Italia piattaforma di connessioni per nuova economia del mare’, appare ancora una volta come un insieme di idee e ragionamenti fra loro non sempre coerenti e quantomai lontani dalla realtà. Un ‘libro dei sogni’ dove si fatica a comprendere quali siano in concreto i target da raggiungere, salvo poi risvegliarsi a fine legislatura con ben pochi obiettivi concreti raggiunti.
“Non possiamo pensare all’Italia semplicemente come a una piattaforma logistica di arrivo delle merci perché essere una piattaforma in cui le merci passano per andare altrove lascia un valore limitato sui territori. In quest’ultimo anno e mezzo abbiamo immaginato l’Italia come un luogo di trasformazione e di partenza, non solo di arrivo, delle merci, il che richiede un cambiamento di ottica molto importante, che spiega il forte investimento sui retroporti, dove potrebbero installarsi imprese che tornano a produrre in Europa, seguendo la tendenza al reshoring indotto dalla pandemia e dalle tensioni geopolitiche”. Questo il messaggio lanciato (non era la prima volta) da Enrico Giovannini, dove in pratica si evidenziano più le esternalità positive dei trasporti e della logistica delle merci in giro per la Penisola che la loro importanza per la competitività delle industrie nazionali e per i consumi. Quali sia il “forte investimento su retroporti” di cui si fa cenno non è chiaro.
Il ministro uscente parla di sfide fondamentali che guardano alla transizione ecologica, alla sostenibilità e alla resilienza delle infrastrutture e della mobilità, alla modernizzazione e all’innovazione dei porti, a una nuova economia del mare connessa con quella ‘di terra’ che potenzia e aggiunge valore ai semplici flussi di persone e di beni.
“Dobbiamo superare certi stereotipi” ha proseguito Giovannini. “Pensare che le merci arrivino in Sicilia o Gioia Tauro e poi continuino a viaggiare per tutta l’Italia in treno, per poi proseguire verso la Germania e i paesi del centro Europa, a fronte dell’ipotesi di arrivare direttamente a Genova e a Trieste, è un non-senso a causa dei costi”. Lo scenario appena descritto a proposito di Gioia tauro e della Sicilia è un qualcosa che oggi in Italia non succede. Semmai è da molti anni un auspicio quello che il porto di Genova, così come già ha iniziato a fare Trieste, possa arrivare a servire Svizzera, Austria e Germania. Un’attività indispensabile, non eliminabile, e che oggi viene svolta quasi esclusivamente dalle banchine del Nord Europa.
“Ben diverso, ed è quello che stiamo facendo con gli investimenti senza precedenti sulla portualità, è potenziare le diverse specificità dei porti, dove l’Italia ha grandi opportunità, come mostra anche Gioia Tauro per il cosiddetto reshipping” ha affermato Giovannini. Anche qui non è chiaro se questo termine “reshipping” derivi da reshoring, o se si tratti di transhipment o cos’altro. In ogni caso oggi Gioia Tauro è tornato a essere un importante hub di trasbordo di container (per i traffici gestiti dal Gruppo Msc) e sta cercando di proporsi come scalo gateway per servire (via treno) il Sud e il Nord Italia. In alternativa a porti come Napoli, Spezia, Livorno, Ravenna e Venezia. È un’evoluzione di mercato dettata da investimenti e programmi economici portati avanti dal Gruppo Msc che poco hanno a che vedere con questo presunto reshipping. Il riferimento forse era alle autostrade del mare che serviranno sempre di più i crescenti traffici intra-mediterranei.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), ha precisato il Ministro, “offre un’opportunità unica e irripetibile per realizzare una nuova fase di sviluppo del Paese, compreso il Mezzogiorno, su nuove basi, come una vera intermodalità”. Quindi alla fine del ragionamento il trasporto intermodale (nave-treno, nave-gomma e gomma-treno) è già diventato un bene?!
“Grazie alle risorse del Pnrr i porti e i retroporti saranno valorizzati e saranno realizzate interconnessioni con ferrovie e aeroporti”.
“Oltre ai 61 miliardi di euro del Pnrr e del Piano Nazionale Complementare stanno per arrivare 50 miliardi dal Fondo sviluppo e coesione e altri 80 miliardi di fondi europei ordinari. Un totale di 130 miliardi che vanno programmati nel corso del prossimo anno e che costituiscono una grande opportunità per completare e integrare il Pnrr. Le Regioni – ha concluso il Ministro – avranno un ruolo importante per decidere la destinazione dei fondi: si può decidere di distribuire a pioggia, ma abbiamo visto negli anni passati che in questo modo non si ottengono risultati positivi. Oppure si può decidere di concentrarli, in coerenza con il Pnrr e gli altri fondi stanziati dal Governo, per creare un effetto volano”.
La storia italiana ci insegna quanto ‘bene’ sappiano concentrare gli investimenti le istituzioni locali e regionali, ‘in coordinamento’ con l’indirizzo e la politica dei trasporti dettata da Roma (o da Bruxelles).
Amen.
Nicola Capuzzo
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