Faro della Corte dei Conti sui terminalisti livornesi
La magistratura contabile riceve dalla Procura gli atti di un’inchiesta archiviata avente ad oggetto gli sconti applicati ai canoni di sette concessionari in ragione dell’acquisizione di mezzi portuali
Il giudice per le indagini preliminari ha controfirmato la scorsa settimana una richiesta di archiviazione della Procura di Livorno per un’inchiesta che, partita nel 2016, aveva ad oggetto il riconoscimento ai terminalisti dello scalo labronico da parte dell’Autorità portuale di alcuni sconti sui canoni legati all’acquisizione dei mezzi operativi.
La richiesta di archiviazione, secondo quanto riferito da Il Tirreno, si chiuderebbe tuttavia con la seguente notazione: “Ovviamente la situazione esposta presenta profili di possibile responsabilità contabile che vanno valutati dalla competente Procura presso la Corte dei Conti, cui contestualmente al deposito della presente richiesta, viene trasmessa copia degli atti”. Sette i nomi delle imprese coinvolte cui potrebbe essere chiesta una restituzione di quanto indebitamente loro riconosciuto (Cilp, Lorenzini, Ltm – Livorno Terminal Marittimo, Scotto&C poi confluita in Marterneri, Silos e Magazzini del Tirreno, Terminal Calata Orlando e Terminal Darsena Toscana), mentre non sono stati riportati i nomi delle 9 persone fisiche indagate dalla Procura ed ora archiviate, con l’eccezione di quello dell’ex segretario generale Massimo Provinciali, per cui si ipotizzava l’abuso d’ufficio. Gli altri dovrebbero essere quelli dei rappresentanti legali dell’epoca delle sette imprese (per truffa e indebita percezione d’erogazione pubblica) e quello dell’ex presidente dell’Autorità portuale Giuliano Gallanti, nel frattempo deceduto.
Secondo quanto riferito dal quotidiano livornese, la Procura avrebbe deciso di non procedere nei confronti dei rappresentanti delle imprese perché “l’Authority era consapevole dell’irregolarità del mancato controllo sulle richieste di scomputo avanzate (dai concessionari) alla stessa Authority. Non può perciò prospettarsi che essa sia stata indotta in errore dalle imprese private che richiedevano gli scomputi”. In parallelo, per quel che riguarda i funzionari pubblici, la non perseguibilità sarebbe deducibile secondo la Procura perché “la situazione è così generalizzata da rendere non dimostrabile in concreto che vi sia stata l’intenzione di favorire l’una o l’altra impresa. In altri termini la cattiva gestione ha sostanzialmente favorito in vario modo tutte le imprese interessate”.
Insomma – è il ragionamento della Procura – se tutti rubassimo le mele al mercato, rubare non sarebbe un reato perseguibile. Tutto da vedere che il sillogismo venga sposato dalla magistratura contabile e esteso al danno arrecato da questa “cattiva gestione” allo Stato, privato di entrate ad esse spettanti secondo la Procura: il venditore di mele andrà pur risarcito.
A.M.
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