Avviate da Cimolai le procedure concorsuali
Consulenti al lavoro per salvare il gruppo industriale friulano. Focus sulla mole di derivati alla base della crisi
“Ha stipulato contratti derivati con 21 banche e broker per un valore nozionale complessivo sopra il miliardo di euro. Derivati che in teoria dovevano servire a coprire il gruppo Cimolai dai rischi valutari (nello specifico il rialzo dell’euro), ma che in realtà almeno in alcuni casi avevano un approccio più speculativo che assicurativo. E ora che l’euro ha toccato i minimi da 20 anni sul dollaro, andando contro la scommessa insita nei derivati, questi strumenti finanziari sono diventati un boomerang”.
Lo ha scritto nei giorni scorsi Il Sole 24 ore, a latere delle problematiche che hanno travolto il gruppo edile friulano, impegnato anche nella navalmeccanica, costringendolo alla cosiddetta “domanda prenotativa” prevista dalle nuove normative sulla crisi d’impresa per la protezione dai creditori. Nel frattempo proseguono le ricerche di investitori interessati a sottoscrivere un aumento di capitale e sembra che qualche primo riscontro tra gruppi industriali italiani ed esteri inizi ad emergere. Il gruppo, i dipendenti e il territorio incrociano le dita.
Al lavoro per salvare il gruppo e i suoi lavoratori c’è uno stuolo di consulenti e avvocati: Lazard (che si occupa della ristrutturazione del gruppo), Ifa Consulting di Verona (che sta lavorando per decifrare e valutare i tanti derivati), gli avvocati Luca Zamagni del Foro di Rimini e lo studio legale Molinari Agostinelli che lavorano insieme al consulente di fiducia del Gruppo Bruno Malattia. Ma ancora il lavoro è complesso: i derivati, il cui valore mark-to-market oggi sarebbe soltanto di 200 milioni, vanno valutati dal punto di vista legale e finanziario, per vedere fino a che punto servivano a coprire i rischi e fino a che punto erano invece di fatto speculativi.
Poi il gruppo attivo anche nella navalmeccanica valuterà quali contratti impugnare in Tribunale. Sta di fatto che, allo stato attuale, la situazione è seria: da giorni ormai il gruppo non onora più le richieste di aumentare le garanzie sui derivati (i cosiddetti margin call) e alcune banche dovrebbero aver già dichiarato il mancato pagamento e chiesto la chiusura anticipata dei contratti (early termination). Di fatto questo manda un gruppo sanissimo industrialmente in default, da cui il ricorso alla procedura concorsuale.
A stupire il giornale confindustriale è il rapporto fra la mole di derivati sottoscritti (con ben 21 soggetti finanziari diversi, da banche maggiori come Bnl, Bpm, Intesa, Mediobanca, Mps, Morgan Stanley, Deutsche Bank a broker misconosciuti) e l’attività del gruppo: 420 milioni di euro di fatturato nel 2021, di cui solo la metà afferente all’estero, oggetto (al netto peraltro dei costi in valuta), delle coperture ricercate con una quantità di derivati apparentemente sproporzionata.
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