Sfatato da Pitto (Fedespedi) il ‘mito’ dei 5 giorni di navigazione a vantaggio dei porti italiani
Il presidente degli spedizioniri italiani mostra (dati alla mano) quanto in realtà gli scali italiani siano svantaggiati sui sui noli che sul transit time rispetto al Northern Range
Genova – “I porti italiani, rispetto agli scali concorrenti del Nord Europa, hanno un vantaggio competitivo rappresentato da almeno 5 giorni di navigazione”. Questo assioma che da anni viene ripetuto da politici, accademici e addetti ai lavori a ogni convegno o occasione di dibattito pubblico è stato spazzato via in 8 minuti da Alessandro Pitto, presidente di Fedespedi (la federazione nazionale degli spedizionieri).
Intervenendo a Genova durante un panel del convegno Shipping Forwarding & Logistics meet Industry – Seaside Edition, Pitto ha presentato quella che ha definito come “un’analisi empirica”(fondata semplicemente su una verifica dei collegamenti attualmente offerti dai vettori marittimi) dalla quale emerge chiaramente che i porti del Nord Tirreno non hanno alcun vantaggio (anzi semmai qualche svantaggio) dal transit time dei servizi di linea per il trasporto di container sul trade da e per l’Asia.
Dall’Europa a Shangai il migliore transit time offerto da uno scalo del Northern Range è di 27 giorni (con una rata di 440 dollari) mentre da Genova e da Spezia le durata del viaggio sono nella migliore delle ipotesi di 32 e 34 giorni (e i noli da 823 a 940 mila dollari). Dunque una settimana in meno e una tariffa sensibilmente inferiore a vantaggio del Nord Europa.
Guardando invece all’import da Shanghai all’Europa in 30 giorni un container può raggiungere il porto di Rotterdam, in 33 Amburgo e in 35 Anversa (con noli oggi da circa 3.615 – 3.712 dollari) mentre in Mediterraneo solo Barcellona è in grado di proporre lo stesso transit time (30 giorni) mentre per raggiungere Genova servono 33 giorni e La Spezia 38 giorni con noli da 3.945 dollari. Dunque non risulta alcun vantaggio competitivo per gli scali italiani dai tempi di navigazione per effetto delle rotazioni e dei network proposti dalle compagnie di navigazione. “L’organizzazione dei servizi marittimi prevale sulla geografia” è stato il commento del presidente di Fedespedi.
Un altro aspetto interessante illustrato da Pitto è stata la correlazione che risulta esserci tra i volumi di container movimentati da un porto e il livello di noli (in termini tariffari) disponibili per i caricatori: l’evidenza mostra che uno scalo come Le Havre (che movimenta annualmente circa 3 milioni di Teu ed è dunque paragonabile a Genova che supera di poco i 2,5 milioni) beneficia del fatto di appartenere al Northern Range dove i ‘prezzi’ per le spedizioni di container da e per Shanghai sono inferiori se comparate al Sud Europa. “Dunque è importante anche il campionato in cui un porto gioca; Le Havre è favorita dal fatto di trovarsi in Nord Europa” ha commentato Pitto. Un trend, quest’ultimo, che non si verifica invece sul trade Europa – Stati Uniti costa est) dove i noli marittimi sono mediamente uguali fra Mediterraneo e Nord Europa.
La conclusione a cui arriva il numero uno degli spedizionieri italiani è dunque quella che “il cluster conta” perché “più volumi di container da movimentare portano più servizi e mediamente noli più bassi. Si tratta di un circolo che si autoalimenta. Vince in mare chi ha più volumi a terra”. La lezione (forse poco accademica ma molto efficace e realistica) di Pitto dunque è: “Non rilassiamoci troppo godendo dei presunti vantaggi che i libri di geografia attribuiscono ai nostri porti perché la realtà del mercato è diversa”.
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