Incentivi al trasporto combinato: “Minimi impatti sulla riduzione della CO2 in Italia”
Il Ministero dei trasporti ritiene auspicabile una “analisi incrociata” dei diversi incentivi – Marebonus, Ferrobonus, Sconto Pedaggi – anche per una loro eventuale integrazione e razionalizzazione
Nessuna bocciatura, ma nemmeno alcuna promozione garantita. I tre più importanti incentivi italiani a sostegno del trasporto combinato – ovvero Norma Merci, Ferrobonus e Marebonus – sono passati, per volere dell’ex ministro dei trasporti Enrico Giovannini, sotto la lente di Ram (Rete Autostrade Mediterranee), che ne ha analizzato l’impatto in relazione alle diverse annualità di attivazione. I risultati sono contenuti nell’appendice al documento strategico “Mobilità e logistica sostenibili. Analisi e indirizzi strategici per il futuro” che il predecessore di Matteo Salvini ha fatto pubblicare nell’ultimo giorno del suo mandato e che a suo dire rappresenta “una straordinaria base analitica per la programmazione delle politiche future per la mobilità e la logistica”.
Dalla lettura del testo si nota come gli auspicati effetti di trasferimento modale nonché di decarbonizzazione delle misure non sempre siano stati significativi, mentre restano da risolvere alcuni nodi relativi alla loro coesistenza nonché rispetto alla ‘misurabilità’ della loro efficacia.
Partendo con il cosiddetto Sconto tracce (o sconto pedaggi), appena prorogato al 2027 con una dotazione di circa 100 milioni annui (con il benestare già ottenuto della Commissione Europea), le analisi evidenziano come questo abbia prodotto un incremento di traffico ferroviario tra il 2015 e il 2020 per complessivi 22,7 milioni di treni-chilometro (4,2 milioni nel solo 2020), ovvero un incremento del 9,9% delle percorrenze complessive. Lo shift modale è stato di 2 miliardi di tonnellate-chilometro, con un calo del traffico stradale dell’1,5% e un contestuale incremento della quota modale ferroviaria di poco superiore all’1%. In termini di esternalità negative (incluso impatto sociale, sul clima, incidentalità e così via), le analisi mostrano come lo sconto pedaggi tra il 2015 e il 2020 abbia portato a vantaggi quantificabili in 340 milioni di euro. Guardando infine al solo impatto ambientale (senza tradurlo in termini economici), lo studio evidenzia che se nel 2019 l’intero settore del cargo ferroviario ha portato a minori emissioni di CO2 per 1,7 milioni di tonnellate, il 9,5% di questa quota (quindi 0,17 milioni di tonnellate) sia attribuibile agli effetti della Norma merci. Considerando che nello stesso anno le emissioni complessive di Co2 da traffico stradale in Italia, secondo Ispra, sono state pari a 24,5 milioni di tonnellate, se ne conclude che la quota di riduzione garantita dallo sconto pedaggi sia stata dello 0,17%.
Passando al Ferrobonus (a supporto di imprese o Mto che commissionano treni interi), secondo l’analisi il traffico rendicontato è cresciuto costantemente e in modo robusto dalla prima annualità di introduzione dell’incentivo, quella del 2017. Da 25,9 milioni di treni-km si è passati via via fino ai 33,8 milioni di treni-km della quarta, in cui si è registrata una crescita del 16% sulla precedente. Interessante peraltro rilevare come ben il 9,1% di questa quota aggiuntiva vada riferita alla sola Medlog Italia (nell’analisi non citata esplicitamente ma identificata come l’Mto “controllato dalla principale compagnia di navigazione container, entrata appunto nel 2019 nel mercato ferroviario e intermodale”).
Tornando ai conteggi del ministero, lo shift modale prodotto dal Ferrobonus è stato di 0,9 milioni di treni-km nella prima annualità (a fronte di 17,8 milioni di euro di contributi erogati), di 2 milioni nella seconda (35 milioni di euro di contributi), di 1,7 nella terza (33,8 milioni) e di 2,4 nella quarta annualità (49,7 milioni), con un incremento della quota modale “compreso tra lo 0,5% e lo 0,8%”. Considerando gli impatti esterni nel loro insieme, l’analisi stima che il Ferrobonus abbia prodotto un vantaggio quantificabile in 13,8 milioni di euro nella prima annualità e di 30,8 nella seconda. Come nel caso dello sconto pedaggi, in termini di emissioni di CO2 l’impatto della misura risulta piuttosto contenuto (nel 2019 pari allo 0,3% di quelle prodotte complessivamente in Italia dal traffico pesante).
Terzo e ultimo incentivo analizzato nell’ultimo documento programmatico del ministero è il Marebonus, contributo riservato alle compagnie di navigazione, che poi lo ribaltano in una quota tra il 70 e l’80% sulle imprese dell’autotrasporto loro clienti (fino al 100% sulle rotte convenzionate). Nelle prime due annualità (2018 e 2019) questo ha portato rispettivamente a 1,2 e 1,3 milioni di unità imbarcate, ovvero a 0,8 e 0,9 miliardi di chilometri/anno sottratti alla strada. Qui lo studio apre una parentesi per rilevare come nel primo anno il traffico abbia riguardato principalmente le rotte internazionali (46% del totale) e quelle per la Sicilia (pure il 46%), mentre fette residuali siano state quelle relative ai traffici nel Tirreno (3%) e Adriatico (2%), con variazioni poco significative nell’anno seguente. Anche per questo, l’analisi conclude come Marebonus e Ferrobonus si dispieghino come misure complementari e non concorrenti, dato che appunto l’alternativa ferroviaria risulta pressoché inesistente sulle rotte in cui il primo è più sfruttato.
Passando alla valutazione dell’effetto della misura, in termini di shift modale questo è stimato (nel 2019) in 113 mila unità aggiuntive, pari al 2,45% dei traffici ro-ro totali. Le minori esternalità negative sono calcolate in un intervallo compreso tra i 280 e i 350 milioni di euro, mentre in termini di decarbonizzazione dei traffici stradali il beneficio è stimato in una riduzione delle emissioni tra lo 0,5% e lo 0,7% per la prima annualità e tra lo 0,8 e l’1% per il 2019.
Diverse le considerazioni espresse in conclusione dal Ministero guidato (al momento della pubblicazione) da Enrico Giovannini, sulla base di queste risultanze ma non solo. Per quel che riguarda il Ferrobonus, il suo mantenimento (o anzi potenziamento) è ritenuto da un lato “condizione necessaria per perseguire gli obiettivi di shift modale e di decarbonizzazione fissati a livello europeo”. Tuttavia viene rilevato come questa misura sia efficace nel generare un incremento dei traffici ferroviari merci incentivati, ma meno nel produrre l’auspicato shift modale. Un altro punto evidenziato dal dicastero è che, sebbene “il Ferrobonus sia una misura orientata al caricatore o al decisore del trasporto” i fatti mostrano come la sua implementazione sia in realtà perlopiù appannaggio dei soli Mto (come si può notare anche scorrendo le liste dei beneficiari), che valgono l’84% dei treni-km rendicontati. Ciononostante non viene considerata raccomandabile la possibilità di eliminare il requisito del treno completo per poter beneficiare del contributo, perché altrimenti “la misura non premierebbe più chi si accolla il rischio treno” e anzi potrebbe generare “una minore propensione ad accollarsi tale rischio”.
Passando al Marebonus, due sono i principali suggerimenti contenuti nel documento per migliorare la sua efficacia. Il primo riguarda la necessità di “definire a priori un opportuno sistema di monitoraggio degli effetti della misura”. Il documento propone cioè che i dati raccolti siano “coerenti e compatibili” con quelli più utilizzati nel settore (es. quelli dei modelli Espo), ma anche che i beneficiari forniscano informazioni sui traffici sulle rotte ammesse a finanziamento anche per le annualità antecedenti l’erogazione dell’incentivo. “Solo in questo modo – si legge – sarà possibile una quantificazione dell’effetto differenziale per rotta”. L’analisi invita anche ad avviare indagini di customer satisfaction proprio in relazione ai miglioramenti di servizi su rotte esistenti.
Infine, anche se, come visto, si ritiene che in linea di massima Ferrobonus e Marebonus siano misure complementari, secondo il report in alcuni casi potrebbero verificarsi sovrapposizioni. Sarebbe quindi necessaria, più in generale, “una analisi incrociata di tutte le forme di incentivo ad oggi in essere, per valutarne le possibilità di integrazione e quindi proporre una conseguente razionalizzazione complessiva”.
F.M.
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