Guerra in Ucraina e rotte allungate spingono l’utile di d’Amico I.S. a 63 Mln $
Nel solo terzo trimestre dell’anno in corso il risultato netto è stato positivo per 43,6 milioni su 93,5 milioni di dollari di ricavi
Il terzo trimestre del 2022 ha fatto ulteriormente prendere il largo ai risultati della d’Amico International Shipping.
Nei primi nove mesi dell’anno in corso la società del gruppo d’Amico Società di Navigazione ha ottenuto ricavi netti totali per 213,4 milioni di dollari (contro 131 milioni nei primi nove mesi del 2021), l’Ebitda è stato di 135,3 milioni di dollari (64,5% sui ricavi time charter equivalent) e il risultato netto ha mostrato un utile di 62,8 milioni di dollari (contro un rosso di 28,9 milioni al 30 settembre 2021). Il debito netto ammonta a 453,9 milioni.
Particolarmente positivo e trainante è stato il terzo trimestre dell’anno chiuso con ricavi netti totali per 95,4 milioni, un Ebitda di 69,1 milioni e un risultato netto di 43,6 milioni.
L’azienda in una nota spiega che il mercato delle navi cisterna si è rafforzato in maniera significativa dallo scoppio della guerra in Ucraina nel febbraio 2022, rimanendo molto forte durante tutto il terzo trimestre. I ricavi delle cisterne per il trasporto di raffinati rimangano a livelli storicamente elevati, mentre di recente anche il mercato delle navi cisterna per il trasporto di greggio ed in particolare le Vlcc, i cui noli durante l’anno erano piuttosto deboli, si sono rafforzati considerevolmente. Tale stabilità è stata trainata da una serie di fattori che hanno stimolato la domanda, tra cui un netto incremento della produzione petrolifera, nonché della domanda di petrolio e dei volumi raffinati, a cui si associa un allungamento delle distanze percorse derivanti sia dal conflitto in Ucraina che dai cambiamenti del panorama di raffinazione.
Questo il commento dell’armatore Paolo d’Amico, amministratore delegato di d’Amico International Shipping, ai risultati: “A partire dalla fine del primo trimestre lo scoppio della guerra in Ucraina ha avuto un impatto molto rilevante per il nostro settore, a causa principalmente delle inefficienze dovute allo stravolgimento di alcuni dei principali modelli del commercio internazionale e all’aumento di attività quali transhipment, unite all’incremento delle distanze medie di navigazione, attribuibile all’importazione dell’Europa di greggio e prodotti raffinati precedentemente acquistati dalla Russia, da aree geografiche molto più distanti e al contempo l’esportazione della Russia delle stessi merci verso acquirenti asiatici più lontani, principalmente Cina e India”.
Lo stesso d’Amico ha poi aggiunto: “Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia il trasporto di petrolio russo da parte dell’EU è diminuito di 1,1 milioni di barili/giorno dallo scoppio della guerra, e la quota europea sul totale dell’export russo di petrolio è passata da circa il 49% all’inizio dell’anno al 37% ad agosto, mentre nello stesso periodo il trasporto di diesel verso Europa e Regno Unito è diminuito di circa il 10%. Queste inefficienze nei flussi di scambi potrebbero ulteriormente peggiorare nei prossimi mesi, con l’entrata in vigore dell’embargo europeo sul greggio e sui prodotti raffinati russi a partire rispettivamente da dicembre 2022 e febbraio 2023, che porterà di fatto ulteriori 1 milione di barili/giorno di prodotti e 1,4 milioni di barili/giorno di greggio verso nuovi sbocchi commerciali, con un conseguente incremento della domanda tonnellaggio-miglia. Allo stesso tempo, l’export di greggio e raffinati sporchi verso Cina, India e Turchia è aumentato notevolmente dallo scoppio del conflitto in Ucraina. Secondo alcune statistiche recenti, negli ultimi mesi la Russia ha rappresentato circa il 20%, il 22% e il 60% del greggio importato rispettivamente da Cina, India e Turchia”.
Secondo l’esperto armatore romano “a seguito del taglio, maggiore delle attese, deciso dall’Opec+, pari a 2 milioni di barili/giorno rispetto ai livelli di agosto e valido da novembre 2022 a dicembre 2023, ci si aspetta che il mercato del petrolio sarà in deficit nel 2023, portando potenzialmente a un’ulteriore riduzione delle scorte, proprio in un momento in cui le scorte industriali di prodotti raffinati dei paesi Ocse sono già a un livello notevolmente inferiore alla media degli ultimi 5 anni”.
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