Direzione lavori per la diga di Genova: dal Consiglio di Stato una sentenza quasi totalmente favorevole a Rina e port authority
Il parziale accoglimento anche dell’appello di Progetti Europa & Global lascia però in bilico l’aggiudicazione: l’aggiudicataria in pectore, infatti, non può utilizzare la referenza del Ponte San Giorgio
In attesa del pronunciamento del Tar di Genova sulla sospensiva dell’aggiudicazione alla cordata capitanata da Webuild dell’appalto da 950 milioni di euro per progettazione definitiva, esecutiva e lavori della nuova diga foranea di Genova, il Consiglio di Stato si è pronunciato su un altro importante contenzioso incombente sulla procedura, vale a dire il ricorso di Progetti Europa & Global S.p.a. (Peg) che aveva impugnato l’aggiudicazione a Rina Consulting della gara per l’affidamento dei servizi di coordinamento progettuale, controllo qualità, direzione lavori, coordinamento della sicurezza e supporto tecnico e gestionale (Attività di project management consultant – PMC) nell’ambito della progettazione e dell’appalto dei lavori per la realizzazione dell’opera.
La sentenza di primo grado a gennaio aveva annullato l’aggiudicazione a Rina Consulting (ottenuta con un ribasso di oltre il 35% su un appalto da 19,7 milioni di euro) della gara per il “servizio di coordinamento progettuale, controllo qualità, direzione lavori, coordinamento della sicurezza e supporto tecnico e gestionale (attività di project management consultant – Pmc)”.
L’appello è stato proposto anche dalla ricorrente in primo grado Peg perché, pur ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione a Rina Consulting, il Tar aveva cassato il motivo principale del ricorso (il presunto conflitto di interesse con Rina Check, altra società del gruppo Rina che aveva svolto la verifica della progettazione preliminare dell’opera), accogliendolo invece per la supposta carenza della comprova del requisito del fatturato in capo a Rina Consulting, e non aveva direttamente aggiudicato a Peg l’appalto.
Non meno articolata e complessa la pronuncia del Consiglio di Stato. In estrema sintesi, i giudici hanno accolto la duplice tesi principale dell’Autorità di sistema portuale e del Rina. Da una parte, cioè, il conflitto di interessi non si configura perché “Rina Check S.r.l. e Rina Consulting S.p.a. sono soggetti giuridici tra loro autonomi, al cui interno sono individuabili le persone fisiche che svolgono le singole attività, per le quali è, dunque, impedito che Rina Check e Rina Consulting possano impiegare le medesime persone. Ne consegue, quindi, il rispetto dei requisiti di indipendenza, imparzialità e integrità”.
Dall’altra il Consiglio di Stato ha ritenuto non condivisibile la sentenza appellata, nella parte in cui assumeva “come non dichiarato nella domanda e non provato il requisito del possesso del fatturato specifico nell’ultimo triennio. Il giudice di prime cure ha omesso di considerare che il possesso del requisito è stato dichiarato da Rina nel Dgue allegato alla domanda di partecipazione”. Per la comprova del requisito del fatturato, dice in sostanza il Consiglio di Stato, l’Adsp era legittimata, come ha fatto, a rifarsi ai bilanci, seppur acquisiti in un secondo tempo. E i bilanci 2017-2019 di Rina Consulting attestavano e attestano il possesso del requisito grazie a fatturati ascrivibili a direzioni lavori per, rispettivamente, 8,2, 10,1 e 21,3 milioni di euro.
Tuttavia la sentenza non risolve del tutto il caso perchè i giudici hanno sì rigettato la maggior parte dell’appello incidentale di Peg, ma ne hanno ritenuta fondata l’ultima censura sollevata, relativa alle verifiche svolte dall’Adsp in ordine al requisito chiesto ai partecipanti di aver eseguito nell’ultimo triennio “un servizio analogo a quello oggetto dell’affidamento (project management, progettazione, permitting ambientale, Direzione Lavori, coordinamento della sicurezza) di importo minimo pari alla metà del valore stimato complessivo dei servizi”. Una direzione lavori, vale a dire, da quasi 10 milioni di euro.
Rina Consulting aveva portato a dimostrazione del requisito la direzione lavori svolta nell’ambito della costruzione del viadotto San Giorgio che ha rimpiazzato il ponte Morandi crollato nel 2018. Solo che, secondo quanto eccepito dal Consiglio di Stato sposando la tesi di Peg, la port authority non avrebbe dovuto considerare il requisito soddisfatto da quel lavoro: il relativo “certificato di esecuzione”, infatti, per quanto attestasse la conclusione della direzione lavori al 2 luglio 2021, era datato 27 agosto 2021, cioè successivamente al termine di scadenza (6 luglio 2021) per partecipare alla gara della direzione lavori della diga. Rina Consulting, cioè, non soddisfaceva a requisito e Adsp ha sbagliato a ritenerlo invece soddisfatto, dal che il Consiglio di Stato ha concluso la sentenza invitando l’ente a “rinnovare l’istruttoria relativa al possesso in capo all’aggiudicataria del requisito del contratto di punta”.
Soddisfazione è stata espressa da Adsp e Rina, l’una rilevando come “il Collegio abbia stabilito, in conformità a quanto previsto in sede di gara, che l’AdSP rinnovi l’istruttoria relativa al solo possesso in capo all’aggiudicataria del requisito del contratto di punta” e assicurando “l’immediato svolgimento di tale istruttoria da parte degli uffici dell’ente”, l’altra dicendosi “pronta a collaborare con l’amministrazione ai fini del completamento della procedura”.
Resta dunque in sospeso un unico, decisivo, interrogativo, per l’aggiudicazione dell’appalto: quale direzione lavori da 10 milioni di euro Rina Consulting abbia svolto nel triennio 2019-2021 (diversa da quella del nuovo ponte San Giorgio).
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