Gozzi (Duferco): “Guardiamo a Marghera per un terminal portuale dedicato”
Il numero uno di Federacciai ammette come la concentrazione e l’integrazione verticali dei vettori marittimi nei container imponga anche ad altri settori di cercare spazi propri in banchina
Genova – Non solo Rotterdam ma anche l’Italia, e più precisamente il porto di Marghera, è fra i piani futuri di integrazione verticale nella logistica del gruppo Duferco, big della siderurgia che ha in Nova Marine Carriers il proprio braccio operativo per il trasporto via mare di materie prime e prodotti semilavorati. Recentemente l’amministratore delegato di quest’ultima shipping company con sede a Lugano, Vincenzo Romeo, aveva rivelato l’interesse ad acquisire un terminal portuale nello scalo olandese motivando questa scelta con “la possibilità di spostare il servizio marittimo verso un door to door integrando la catena logistica a valle. Questa strategia – aveva aggiunto – aiuterà a difenderci da mercati in discesa sia da un punto di vista economico che competitivo perché cerchiamo di offrire servizi in più rispetto ai nostri concorrenti”.
Parlando a margine di un incontro organizzato da Siderweb insieme a Bper Banca e intitolato ‘Acciaio & Logistica: un binomio indissolubile’ il patron di Duferco (e presidente di Federacciai), Antonio Gozzi, a SHIPPING ITALY ha detto: “C’è una progressiva tendenza all’integrazione verticale anche nei settori bulk dello shipping, non soltanto nei container. La situazione non è facile perché c’è una tendenza oligopolistica, una concentrazione sempre più importante della proprietà dei terminal, che, naturalmente, preoccupa un po’ gli utilizzatori come noi che stanno guardando sempre più spesso a ipotesi di integrazione verticale, quindi a terminal dedicati alle proprie attività”.
Non solo in Nord Europa ma anche in Italia: “Da tempo stiamo guardando a Marghera, però trovare spazi non è semplice. Magari non un terminal solo per il mercato siderurgico ma mettendoci insieme a qualche altro collega potremmo avere un terminal dedicato per il rottame, per la ghisa, per il dry bulk e per l’esportazione di prodotti finiti”. A occuparsi in prima persona di questo progetto, anche per conto di Duferco, è proprio il partner armatoriale Vincenzo Romeo tramite Nova Marine Carriers.
A proposito più in generale dell’andamento di mercato dello shipping, con riferimento al trasporto di prodotti siderurgici, Gozzi ha poi aggiunto: “Le navi dipendono dalla merceologia che si trasporta. Materie prime come minerale di ferro e carbone viaggiano su capesize e panamax, i prodotti normalmente viaggiano sulle handysize. Sono stati anni buoni per le bulk carrier, che hanno registrato utili significativi legati ai noli, ma anche per i volumi di traffico che continuano a essere buoni nonostante un po’ di calo. Il driver della domanda di minerale di ferro e di carbone è la Cina e quindi le rotte principali rimangono quelle verso i porti cinesi dall’Australia, dal Sudafrica e sono rotte fatte da capesize e panamax. La rotta atlantica è una rotta che alimentava e alimenta ancora in parte le siderurgie europee che, però, nel contesto di quel miliardo e mezzo di produzione mondiale di acciaio hanno una quota sempre meno importante”.
Durante l’incontro organizzato da Siderweb il presidente di Federacciai è tornato a parlare anche dell’ex-Ilva confermando il suo pessimismo su una possibile ripresa a breve: “La situazione è chiara e difficile. C’è un azionista di maggioranza (Arcelor Mittal) che non sostiene l’impresa che controlla. È un socio di maggioranza che non ha aperto le lettere di credito e per questo Acciaierie d’Italia compra le navi sullo spot perché non riesce a dare fideiussioni annuali. Di fatto è in stato d’insolvenza dopo la dichiarazione di stop all’indotto e il socio di minoranza (lo Stato) è in difficoltà oggettiva a mettere soldi in un’azienda controllata da un altro. Serve un miliardo e mezzo di euro per uscire dalla situazione drammatica in cui si trova.
Il patron di Duferco ha speso anche qualche parola per Genova, città dove “resta una cultura dell’acciaio a Genova per le tante imprese che hanno gravitato intorno all’Italsider. L’acciaio a Genova è un acciaio che vive il dramma e i grandi punti interrogativi legati alle vicende dell’Ilva. La città però fa fatica a capire il rapporto con il Nord Africa, dal punto di vista logistico (autostrade del mare) e culturale (nuovi manager del futuro). Quella è la partita del futuro. Sul resto Genova non è capitale; può esserlo in un processo di integrazione e sviluppo (culturale ed economico) fra paesi del Nord Africa e noi.