Grendi non riesce a stoppare il deposito Gnl di Cagliari
Per il gruppo genovese della famiglia Musso l’installazione dell’impianto rischia di comportare la “possibile dismissione o limitazione sostanziale dell’attività d’impresa svolta”
“L’interesse economico dedotto dalla società ricorrente non rappresenta una ‘componente ambientale’ suscettibile di considerazione nell’ambito della preliminare fase inerente alla Via” (Valutazione d’impatto ambientale).
È questo uno dei passaggi fondamentali dell’articolata sentenza con cui il Tar del Lazio ha respinto il ricorso depositato da Grendi contro il parere favorevole dato nel marzo 2021 dall’allora Ministero della Transizione Ecologica (oggi Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica) al progetto di Sardinia Lng di realizzare nel Porto Canale di Cagliari un deposito Gnl associato a un mini-impianto di rigassificazione.
Un impianto che si collocherebbe a ridosso delle aree occupate dal gruppo genovese nello scalo sardo e che utilizzerebbe la medesima banchina per le operazioni di imbarco/sbarco del gas, causando secondo Grendi, hanno riassunto i giudici, “l’irreparabile pregiudizio per l’operatività degli utenti del Porto Canale sui terminali confinanti con la banchina dell’impianto Gnl, tra cui la stessa ricorrente”. Dal che Grendi ha censurato “l’omessa considerazione e/o la sottovalutazione dei suddetti elementi, lamentando un travisamento fattuale laddove viene ipotizzato lo spostamento sulla banchina ovest del Porto del terminal in uso da parte di essa”.
Insieme a ciò la società genovese di logistica ha rilevato numerose presunte criticità nella procedura di Via condotta dal Mite, ma per il Tar “gli elementi dedotti in ricorso a fondamento dei vizi denunciati non configurano macroscopici difetti di istruttoria ovvero carenza di idonea motivazione, né tantomeno integrano ipotesi di manifesta illogicità e incongruità ovvero di travisamento fattuale in ordine alla compiuta valutazione di impatto ambientale, nei limiti del sindacato ammesso in sede giudiziale a fronte di atti – come quelli oggetto di gravame nella presente sede – connotati da ampia discrezionalità amministrativa”.
Determinante poi, come detto, la considerazione da parte dei giudici l’irrilevanza dell’interesse economico di Grendi rispetto alla Via, da cui “discende, nel caso di specie, l’inammissibilità delle censure focalizzate sull’asserita lesione degli interessi economici della ricorrente derivabile dalla realizzazione dell’opera, per carenza di legittimazione ed interesse ad agire rispetto all’impugnazione del provvedimento di Via.
Ma non è tutto perché la paventata “possibile dismissione o di limitazione sostanziale dell’attività d’impresa svolta”, dovuta alla “asserita impossibilità di assicurare con regolarità l’esercizio del trasporto marittimo di merci, unitamente alle connesse attività di terminal portuale quale automatica conseguenza della realizzazione ed esercizio dell’impianto Gnl” secondo il Tar “non appare sostenibile alla luce degli specifici elementi allegati in giudizio dal controinteressato, che sembrano viceversa deporre in senso favorevole alla compatibilità delle rispettive attività”. Fra essi decisiva la clausola contenuta nella concessione di Grendi in cui “nell’ambito degli obblighi posti in capo al concessionario, destinata ad operare nel caso di esito favorevole della procedura autorizzativa dell’impianto de quo, volta appunto alla definizione di un accordo condiviso (…) sulle modalità di esercizio delle rispettive attività in presenza della nave gasiera”.
Siccome Grendi, dice in sostanza il Tar, già nella concessione riconosceva e accettava la possibilità di condividere la banchina con il gestore del rigassificatore e deposito Gnl, il rischio di un pregiudizio significativo dell’attività non sussiste. Ragion per cui, smontati infine anche i rilievi sulla presunta carenza istruttoria “rispetto alla sicurezza navale e alla manovrabilità nell’area portuale in ragione dello stato dei traffici marittimi”, il ricorso di Grendi è stato respinto.
A.M.
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