Gli ex lavoratori di Moby e Cin reclamano il Tfr mentre la ‘balena blu’ fa il pieno di contributi pubblici
Mentre le compagnie del gruppo Moby fanno incetta di contributi pubblici dal ‘Rinnovo flotte’, secondo il segretario di Orsa Marittimi Montano sono 200 i lavoratori in attesa da oltre due anni del Tfr
I contributi pubblici concessi a Moby e Compagnia Italiana di Navigazione a valle del decreto di riparto dei fondi pubblici per il rinnovo delle flotte marittime legati al fondo complementare al Pnrr ha suscitato l’indignazione di un gruppo di ex lavoratori di quella che fu la compagnia di bandiera.
Lo segnalano Francesco Montano, segretario nazionale della sezione marittimi del sindacato Orsa, e Massimo Capraro, in rappresentanza quest’ultimo di un gruppo di amministrativi, evidenziando come “da giugno 2020 circa 200 lavoratori di Cin siano in attesa della liquidazione del trattamento di fine rapporto in carico al fondo di tesoreria dell’Inps. Altri che sono ancora in servizio, invece, attendono anch’essi da due anni e mezzo il rimborso delle spese di viaggio anticipate di tasca propria oltre a spettanze contrattuali maturate e alle spese per i corsi di aggiornamento. L’azienda non fornisce ai Lavoratori né indicazioni né tempi circa la restituzione del dovuto”.
Venuti a conoscenza del riconoscimento da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di contributi di circa 9 milioni di euro fra Moby e Cin (oltre ai 22,5 per Toremar, facente capo sempre alla famiglia Onorato) per l’ammodernamento delle rispettive flotte, questi lavoratori sono saltati sulla seggiola: “Mentre aspettiamo da anni quanto ci è dovuto e assistiamo agli abbuoni milionari a beneficio di Cin – in primis lo sconto di quasi 100 milioni di euro sul credito di 180 nei confronti dello Stato – ci tocca pure la nostra ex azienda usufruire di ristori milionari, cassa integrazione e ora, ciliegina sulla torta, pure 75 milioni del Pnrr (in questa somma sono inclusi i contributi previsti per Grandi Navi Veloci – Gruppo Msc, ndr). Questa è una contabilità che prevede solo l’avere, mentre il dare è sparito dai libri contabili? Come è possibile assistere a tutto ciò, chi deve o dovrebbe intervenire? Chi foraggia – domandano – questi ‘prenditori’ che perdono il pelo ma non il vizio di pompare risorse pubbliche e di negare diritti?”.
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