L’Antitrust è tornata a occuparsi di questioni concorrenziali nei porti italiani
L’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato interviene per eliminare le limitazioni numeriche all’esercizio dell’attività di consulente chimico
L’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato è intervenuta per risolvere problemi concorrenziali nell’accesso all’attività di consulente chimico di porto in alcuni porti italiani. Lo ha fatto sapere la stessa authority nel suo bollettino settimanale specificando che “ha inteso formulare alcune osservazioni in merito ai problemi concorrenziali riscontrati nella disciplina dell’attività di consulente chimico di porto in alcuni porti siciliani, nei quali l’esercizio dell’attività viene indebitamente riservato a un solo professionista o comunque a un numero chiuso di operatori”.
Più precisamente i casi esaminati riguardano la Capitaneria di Porto di Gela (che “con Decreto n. 55/2018 ha ripristinato il numero chiuso di una unità degli iscritti nei registri ex art. 68 del Cod. nav., in considerazione delle esigenze locali e del ridotto traffico portuale, mantenendo comunque nel registro i due ulteriori chimici di porto precedentemente iscritti, che non possono essere cancellati dal registro in base alla disciplina vigente”) e anche la Capitaneria di Porto di Pozzallo (che con Decreto n. 38/2005 ha introdotto il numero chiuso di un solo iscritto nell’apposito registro, riconoscendo tuttavia nel corso del presente anno la necessità di rivedere tale decreto, ed orientandosi verso un numero massimo di tre professionisti iscritti al registro dei consulenti chimici di porto”).
L’Agcm ricorda che “l’attività del consulente chimico di porto consiste nel verificare e certificare l’assenza di rischi per la salute e la sicurezza delle persone che svolgono attività commerciale, industriale o artigianale nel sedime portuale e sulle navi, con riguardo ad esempio all’assenza di vapori/gas pericolosi (infiammabili, tossici, corrosivi ecc.), di pericoli nell’accedere a cisterne, serbatoi, doppi fondi, depositi di combustibile di qualsiasi tipo di nave o galleggiante, nonché di rischi in occasione di lavori meccanici o di immissione delle navi in bacini di carenaggio, etc”. La norma che regola la materia rientra nell’art. 68 del Codice della Navigazione del 1942 (“Vigilanza sull’esercizio di attività nei porti”), secondo cui “Coloro che esercitano un’attività nell’interno dei porti ed in genere nell’ambito del demanio marittimo sono soggetti, nell’esplicazione di tale attività, alla vigilanza del comandante del porto. Il capo del compartimento, (…), può sottoporre all’iscrizione in appositi registri, eventualmente a numero chiuso, e ad altre speciali limitazioni coloro che esercitano le attività predette”.
L’Antitrust ricorda però che “il Ministero dei trasporti e della navigazione ha emanato la Circolare relativa alla ‘disciplina dell’attività dei consulenti chimici di porto’ n. 1160 del 10 dicembre 1999, da ultimo modificata dal Decreto Direttoriale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 234/2017”. La Circolare del 1999 qualifica l’attività in esame come funzionale alla sicurezza della nave, delle operazioni portuali e del porto e contempla espressamente la possibilità che l’autorità portuale che tiene il registro di cui all’art. 68 cod. nav. limiti il numero di operatori “in considerazione delle esigenze locali”.
Nella nota dell’Agcm si legge che “la giurisprudenza in materia è oramai pressoché unanime nel riconoscere che il rapporto professionale in questione ha natura puramente fiduciaria, in quanto intercorre unicamente tra professionista e utente (armatore o agenzia marittima), beneficiario esclusivo della prestazione. Pertanto, non si tratta di un “pubblico servizio in senso soggettivo (esercitato cioè da un pubblico potere o per suo conto)”, bensì di un servizio di pubblica necessità, in cui l’asseverazione o certificazione resa dal consulente, pur realizzando l’interesse pubblico della sicurezza di operazioni in ambito portuale, si inserisce pur sempre in un rapporto professionale privato, che non trasforma di per sé il professionista in un consulente dell’Autorità, nonostante il potere di controllo che questa esercita ai sensi dell’art. 68 cod. nav.
Trattandosi di una prestazione professionale, “l’Autorità non può dunque impedire all’utente di valersi del professionista di fiducia tra quelli iscritti nello specifico registro, anche se questi non è inserito nel turno di reperibilità”.
In una sentenza del Consiglio di Stato (la n. 256/2022) il giudice ha affermato che in base alla normativa primaria e per come risulta allo stato orientato il sistema positivo, ai consulenti chimici di porto l’utenza è libera di rivolgersi sulla base di una scelta sostanzialmente fiduciaria (tanto da doversi escludere che l’Autorità portuale “possa invece autonomamente imporre all’utente stesso di valersi di uno specifico soggetto tra quelli abilitati a erogare quel servizio in regime di reciproca concorrenza) e che le prestazioni professionistiche in esame si svolgono in regime di ‘concorrenzialità’”. Pertanto, è stato anche escluso che l’Autorità potesse legittimamente imporre all’utente di avvalersi del professionista di turno, in quanto essa “non può attribuire al chimico in servizio obbligatorio alcuna esclusiva ma, più semplicemente, garantisce all’utenza nell’intero arco della giornata la presenza di un professionista comunque disponibile”.
Di recente, il Tar di Catania (sentenza n. 2388/2022) ha avallato la scelta di una Capitaneria di disapplicare la Circolare del 1999 per accogliere la domanda di iscrizione di un consulente chimico già iscritto nel registro di un altro porto. Analogamente, la nota ministeriale DGVPTM/DIV.6/RV del 16 novembre 2022 al Comando Generale delle Capitanerie di Porto ha precisato che, in caso di momentanea indisponibilità dell’unico consulente chimico di porto iscritto (o di tutti quelli iscritti), la scelta del professionista cui rivolgersi debba sempre provenire dall’utente, che può rivolgersi a qualsiasi “altro consulente regolarmente iscritto in altro porto nazionale”.
Second l’Antitrust le informazioni acquisite sulle caratteristiche in concreto dell’attività in esame confermano che il rapporto professionale ha natura squisitamente privatistica, sia con riguardo alla natura privata della domanda, rappresentata da armatori o agenzie marittime, sia rispetto alla definizione del corrispettivo, che avviene a partire da tariffe proposte dal professionista e liberamente negoziate con il cliente, sia in relazione alla scelta del professionista cui rivolgersi, in funzione delle tariffe chieste e della disponibilità a svolgere il servizio.
Nel momento in cui la normativa primaria positiva riconosce tale libertà di scelta all’utente e correlativamente il regime di concorrenzialità delle prestazioni professionistiche, non può ipotizzarsi che l’Autorità portuale possa invece autonomamente imporre all’utente stesso di valersi di uno specifico soggetto tra quelli abilitati a erogare quel servizio in regime, come si è detto, di reciproca concorrenza”. Le Capitanerie di Porto interpellate, senza numero chiuso, non hanno ritenuto necessario ricorrere all’istituto della turnazione o della reperibilità, proprio perché il rapporto si instaura sulla base della mera disponibilità del professionista.
Per l’Agcm “risultano pertanto inconferenti le ragioni evidenziate dalla Capitaneria di Gela, che ha ripristinato il numero chiuso di una sola unità dopo alcuni anni in cui erano iscritti più consulenti, pur sulla base di elementi apparentemente oggettivi (assenza dei bacini di carenaggio e ridotto traffico navale): riservare l’attività a un solo iscritto risulta di per sé idoneo a escludere integralmente qualsiasi possibilità di scelta dell’utente e costituisce una restrizione non necessaria né proporzionata. D’altra parte, la presenza di “almeno un” professionista già chiesta dalla Circolare del 1999 serve a qualificare detta figura come obbligatoria e rappresenta pertanto un numero minimo e non certo massimo di operatori.
Quanto alla disciplina della Capitaneria di Pozzallo, si rileva che, benché essa si stia orientando per portare a tre il numero massimo di operatori iscritti, resta comunque il fatto che si tratta della previsione di un limite numerico all’esercizio di una libera attività economica, non consentito dal contesto normativo e giurisprudenziale sopra ricostruito.
In conclusione “l’Autorità auspica che le Amministrazioni tengano in adeguata considerazione le suesposte osservazioni, al fine di eliminare limitazioni numeriche all’esercizio dell’attività in esame e invita a comunicare, entro un termine di 45 giorni dalla ricezione del presente parere, le determinazioni che saranno assunte al riguardo”.
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER QUOTIDIANA GRATUITA DI SHIPPING ITALY