Nel mirino di Ngo Shipbreaking Platform una nave ‘italiana’ demolita in India nel 2022
La ex Sapphire (Finbeta) ha concluso i suoi giorni ad Alang (India), mentre due unità già di Saipem e Micoperi sono state smantellate in Turchia
Nel 2022, anche per effetto del livello elevato dei noli, è drasticamente calato il numero delle navi demolite globalmente. Dalle 763 unità dell’anno prima, si è scesi infatti a 443, delle quali la maggioranza (292) ha finito la propria esistenza sulle spiagge di India, Pakistan e Bangladesh. Sono invece 49 quelle smantellate ad Aliaga, in Turchia, area dove hanno sede anche alcuni stabilimenti autorizzati (certiticati) dall’Unione Europea per la demolizione di unità battenti bandiere comunitarie.
Lo si apprende dall’ultimo report di Ngo Shipbreaking Platform, organizzazione non governativa che da anni invoca migliori condizioni per questa attività in tutto il mondo, stigmatizzando gli stabilimenti che operano in condizioni di sicurezza e ambientali sub standard.
Tre in particolare sono le unità ‘italiane’ che hanno concluso la loro esistenza lo scorso anno menzionate nel rapporto della Ong. Una di queste è la ex Sapphire, chimichiera del 1997 che fino al 2021 è stata parte della flotta della società armatoriale savonese Finbeta, battendo bandiera italiana. Ribattezzata Sapper e passata al vessillo panamense dopo la cessione alla società emiratina Neptune Seaway Ltd, la nave risulta aver concluso la sua esistenza nel marzo di quest’anno ad Alang, in India.
L’iter che dalla cessione l’ha portata allo smantellamento sarebbe però stato nel suo caso piuttosto articolato. Questa la ricostruzione fornita proprio da Finbeta a SHIPPING ITALY per fugare i dubbi sull’ipotesi di un aggiramento della normativa Ue in materia di demolizioni navali da parte della società: “Abbiamo venduto la nave nell’estate del 2021, inserendo nel contratto di compravendita, su suggerimento dello studio legale Siccardi Bregante, la clausola ‘for further trading’ per avere garanzia che la la nave in questione avrebbe continuato a operare. Successivamente Banchero Costa, che ci ha affiancati come broker nell’operazione di cessione, l’ha tenuta monitorata per sei mesi e ha rilevato come effettivamente fosse rimasta attiva sul mercato. Da quel momento in poi non abbiamo più avuto notizie della nave”.
Una spiegazione che non sembra però soddisfare completamente la Ong che descrive in questi termini l’operazione: “Questo é l’ennesimo caso di raggiro della normativa europea in tema di riciclaggio navale. Armatori come Finbeta che decidono di vendere le proprie imbarcazioni giunte a fine ciclo di vita devono prestare maggiore attenzione, evitando di fare affari con noti intermediari senza scrupoli che antepongono il profitto alla sicurezza dei lavoratori e alla protezione dell’ambiente. Invitiamo l’azienda italiana a svolgere le necessarie indagini interne e a intraprendere azioni legali qualora il compratore abbia violato clausole contrattuali”. Da rilevare a margine che, secondo la Ong, Leela, ovvero il cantiere indiano a cui questa è poi arrivata, avrebbe pagato ai suoi venditori per l’acquisto circa 6,526 milioni di dollari, con un valore a tonnellata (Ltd) di circa 1.180 dollari, cifra considerata piuttosto elevata e superiore ai livelli medi del mercato, anche indiano, del momento.
Passando alle altre due unità ‘italiane’ demolite nel 2022, il terzetto include innanzitutto la datata (era stata realizzata nel 1978) posatubi “Toro” di Saipem (la ex Castoro Sei, stando al suo numero Imo). Più precisamente la nave, battente bandiera delle Bahamas e operata commercialmente dalla controllata portoghese Saipem Portugal Comercio, risulta avere concluso la sua esistenza ad Aliaga, in Turchia, nel maggio di quest’anno, nel cantiere Isiksan, che all’epoca era ancora incluso nell’elenco di strutture autorizzate dalla Commissione Europea (da cui è stato poi rimosso nel dicembre dello scorso anno). Al riguardo va rilevato che spesso, negli anni scorsi, la società di San Donato era finita nel mirino di Ngo Shipbreaking Platform per avere fatto demolire le sue unità in India, dove è prassi si proceda per ‘spiaggiamento’, e che la scelta adottata nel caso della Toro potrebbe indicare l’avvio di un cambiamento di rotta da parte di Saipem.
Chiude il trio l’Ahts Master di Micoperi. Operato commercialmente dalla stessa azienda ravennate, ma avente come registered owner la messicana Micoperi SP SA de CV, il mezzo offshore, realizzato nel 1975, risulta aver concluso i suoi giorni a fine 2021 in un non precisato cantiere di Aliaga, in Turchia.
Tornando a dare uno sguardo globale alle demolizioni navali concluse nel 2022, il report di Ngo Shipbreaking Platform rileva come lo scorso anno siano stati almeno 10 i lavoratori del settore ad aver perso la vita negli stabilimenti di Chattogram, in Bangladesh, mentre almeno 33 sono quelli che hanno riportato delle ferite. Almeno tre morti si sono verificate inoltre ad Alang, in India, mentre a Gadani, in Pakistan sono stati registrati tre ferimenti.
Anche le condizioni lavorative della Turchia – dove sono presenti strutture con standard anche molto diversi tra loro, ma accomunate dal metodo del landing, in cui cioè la nave da demolire viene adagiata con la prua a riva mentre la poppa rimane a galla – secondo la Ong richiedono però di essere monitorate con attenzione. Recentemente due cantieri di Aliaga (Isiksan e Simsleker) come visto sono stati rimossi dall’elenco Ue perché i loro standard si sono rivelati non in linea con i requisiti europei (Simsleker in particolare nel febbraio 2021 e nel giugno 2022 era stato teatro di due incidenti mortali), e alcune organizzazioni non governative locali segnalano nell’area numerose violazioni delle normative nazionali turche in materia di autorizzazioni ambientali, inquinamento, sicurezza dei lavoratori e gestione dei rifiuti.
Da rilevare infine che l’elenco delle 443 navi smantellate globalmente nel 2022 comprende anche alcune unità demolite in paesi Ue (tra cui quattro in Francia). Dalla lista risulta assente però l’Italia, con la sua unica struttura autorizzata dalla Commissione Europea, ovvero il cantiere genovese San Giorgio Del Porto, che lo scorso anno era invece tornato a effettuare attività di shiprecycling (dopo il caso eccezionale della Costa Concordia) occupandosi del fine vita delle navi Theodors e Mar Grande.
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